1. L’origine della Giornata internazionale della donna si perde tra molte leggende. La più ricorrente è senza dubbio quella che fa risalire la festa dell’8 marzo alla commemorazione di oltre cento operaie morte nel rogo di un edificio newyorchese l’8 marzo del 1908. Non esiste, però, nessuna traccia di questo avvenimento (un incendio simile avviene realmente a New York, tre anni dopo la sua collocazione leggendaria).

2. La prima - e ufficiale - giornata della donna viene celebrata nel febbraio del 1909. È il partito socialista americano a proporre, tra il 1908 e il 1909, di istituire una giornata specifica per le lotte delle donne (fino allo scoppio della Prima guerra mondiale, la giornata della donna -  dedicata ai diritti delle donne e al suffragio femminile - viene celebrata in date diverse).

3. La data della giornata della donna viene unificata all’8 marzo nel giugno del 1921 durante i lavori della Seconda conferenza delle donne comuniste a Mosca in onore delle donne russe (dall’8 all’11 marzo 1917 - 23-26 febbraio secondo il calendario giuliano - la Russia è attraversata da una serie di tumulti e manifestazioni che avrebbero finito per abbattere il secolare dominio dei Romanov. Le prime a scendere in piazza per le strade di Pietrogrado l’8 marzo 1917 sono le donne).

4. Per iniziativa del neonato Pci, la prima giornata della donna in Italia è celebrata nel marzo del 1922 (scrive Camilla Ravera nel suo Diario di trent’anni, 1913-1943: “Cercammo di dare molto rilievo alla nostra prima celebrazione della Giornata internazionale della donna”). La ricorrenza si eclisserà nella clandestinità durante gli anni bui del fascismo, per affermarsi definitivamente dopo la Liberazione.

5. Con l’avvento del fascismo le manifestazioni dell’8 marzo rimangono sommerse, clandestine e legate alle donne della Resistenza fuoriuscite. Tra queste non Teresa Noce che, con altre detenute politiche internate a Ravensbruck, decide di tenere una conferenza in occasione dell’8 marzo. Racconta nel volume autobiografico Rivoluzionaria professionale:

Per l’8 marzo non potevamo organizzare una festa perché eravamo ormai troppo deboli e affamate, quindi decidemmo di tenere una conferenza. Al campo, le politiche che conoscevano un po’ di storia del movimento operaio internazionale erano una minoranza. Molte erano però coloro che avevano fatto parte della Resistenza, lavorando e sacrificandosi per la libertà. La conferenza doveva spiegare alle une e ricordare alle altre che donne di tutti i Paesi e in tutti i secoli avevano lottato per la libertà. Ma anche una semplice conferenza non era tanto facile da preparare. Anzitutto, chi doveva parlare? E che cosa avrebbe detto? Anche se la riunione veniva organizzata nel nostro blocco, bisognava cercare di farvi partecipare almeno qualche deportata degli altri blocchi. Inoltre bisognava dire cose che non interessassero solo una minoranza, ma gran parte delle donne di tutto il campo (…) Tenemmo la conferenza la sera dell’8 marzo 1945, appena suonato il silenzio. Salii sul giaciglio più alto di un castello posto in mezzo al blocco, mentre le deportate si affollavano sugli altri pagliericci, e incominciai lì il mio discorso. Ogni tanto, mentre parlavo, si apriva silenziosamente la porta e facevano capolino deportate degli altri blocchi. Con la scusa di andare al gabinetto, erano riuscite a sgusciare fuori e venivano anch’esse a sentire la conferenza sull’8 marzo. Parlai a lungo delle donne di tutto il mondo come mi ero proposta. Parlai dell’esempio, tramandatoci nei secoli, di chi aveva lottato per la difesa del proprio Paese e per la libertà dei popoli, di coloro che si erano sacrificate per la pace e per la rivoluzione, che avevano dato la vita o avevano perso la libertà per difendere le compagne contro lo sfruttamento, la miseria, la schiavitù. Parlai delle sante e delle schiave, delle operaie e delle contadine, delle intellettuali e delle scienziate, delle analfabete e delle artiste. Continuai a parlare finché caddi stremata sul giaciglio che mi aveva ospitata.

6. L’8 marzo del 1947 le 21 Donne dell’Assemblea costituente celebrano la Giornata nell’aula di Montecitorio. Così Nadia Gallico Spano descrive quella giornata: “Mentre parlavo, pensavo alle antifasciste che durante il ventennio erano ogni 8 marzo presenti con un volantino clandestino che conteneva rivendicazioni femminili (…) alle donne della resistenza che sfidavano l’occupante tedesco (…) e a quelle che in tutte le piazze d’Italia, in quel momento esigevano una nuova collocazione della donna per la ricostruzione materiale e morale del Paese; e a quelle che sarebbero venute dopo, alle giovani, alle quali dovevamo spianare la strada”.

7. Si torna a celebrare la giornata della donna, ma non sempre, purtroppo, in maniera pacifica. Negli anni di Scelba la mimosa1 - considerata un simbolo sovversivo - veniva addirittura sequestrata. Venivano sequestrati i mazzetti, le donne che li regalavano venivano fermate e portate in questura, multate per questua non autorizzata o occupazione non autorizzata di suolo pubblico.

8. L’8 marzo del 1972 è ricordato per la manifestazione che si tenne a Roma in piazza Campo de’ Fiori (da molti considerata la prima manifestazione femminista italiana). In piazza c’è anche l’attrice americana Jane Fonda. Si parla si aborto, divorzio, omosessualità. La polizia manganella e disperde le manifestanti. Molte vengono ferite, alcune finiscono all’ospedale. Tra loro la cinquantenne Alma Sabatini (in un filmato si vede e si sente distintamente un commissario rivolgersi alle partecipanti con un: “Non vi vergognate?”).

9. Il 16 dicembre 1977 l’Assemblea generale delle Nazioni Unite, con una propria Risoluzione - la 32/142 - invita gli Stati membri a dichiarare un giorno all’anno “Giornata delle Nazioni Unite per i diritti delle Donne e per la pace internazionale”2. Due anni più tardi, l’8 marzo 1979 le donne iraniane scendono in piazza per riconquistare la libertà sul proprio corpo e sulla propria vita che il nascente regime cerca di togliere loro. Centomila donne inondano le strade di Teheran in opposizione alla legge sul hijab che il governo khomeinista ha appena approvato. L’8 marzo 1980 un imponente corteo di donne accompagna in Italia la consegna al Parlamento di 300.000 firme trasportate su carriole, a sostegno di una proposta di legge di una iniziativa popolare contro la violenza sessuale, ancora contemplata come reato contro la morale e non contro la persona.

10. L’8 marzo si celebra in tutto il mondo - in forme e con tradizioni diverse - la giornata internazionale, non festa!, della donna. Una giornata di riflessione - ci auguriamo - sulle conquiste politiche, sociali, economiche del genere femminile, sulla tanta strada percorsa ma anche su quella che rimane da fare.

Perché le donne per i loro diritti lottano tutto l’anno, non solo l’otto marzo. Perché la Resistenza continua.

 

 



1 Raccontava Lina Fibbi: “L’8 marzo 1945 i tedeschi erano inferociti perché erano già in ritirata. (…) era la Giornata internazionale della donna. Allora chiedemmo a Longo se avesse qualche idea e lui disse: “mandiamo le donne sulle tombe dei partigiani caduti e facciamo in modo che si possano riconoscere”. Inventammo così il simbolo dell’8 marzo: la mimosa. E fu Longo a inventare la mimosa! La scelse perché è un fiore che si trova facilmente (…). E quel giorno, quell’8 marzo 1945, al Cimitero monumentale di Milano c’erano moltissime donne, tutte con la mimosa, e i tedeschi erano impazziti perché non potevano dire niente (…) fu un episodio formidabile”. Un’altra versione dei fatti sostiene in realtà che siano state Teresa Mattei, Teresa Noce e Rita Montagnana a convincere Longo dell’uso della mimosa, mentre il leader comunista avrebbe preferito le violette, già in uso nella Francia del Fronte popolare. “Mi ricordava - dirà Teresa Mattei - la lotta sulle montagne e poteva essere raccolto a mazzi e gratuitamente. Ancora oggi a tanti anni di distanza, mi commuovo quando vedo nel giorno della festa della donna tutte le ragazze con un mazzolino di mimosa e penso che tutto il nostro impegno non è stato vano”. “Può darsi che la mimosa abbia una dop­pia maternità (o paternità…) - scriverà anni dopo Marisa Rodano - o addirittura una maternità molteplice. Ricordo che in una riunione del Comitato direttivo nazionale dell’Udi nelle sale di palazzo Giustiniani, prima provvisoria sede dell’Associazione, forse nella primavera del ’45 (oppure, più probabilmente, in occasione dell’8 marzo 1946, il primo che si celebrava nell’Italia ormai libera) venne discussa l’opportunità di scegliere un fiore per l’8 marzo: rammento che fu la onorevole Giuliana Nenni, che era stata a lungo in esilio in Francia, a proporre che in quella giornata venisse distribuito un fiore. 'Come - disse - a Parigi il primo maggio si distribuiscono i mughetti' (…) Scartammo ovviamente il garofano, già legato al 1° maggio, escludemmo gli anemoni perché troppo costosi. Poi qualcuna di noi, che abitava a Roma e aveva negli occhi in quei giorni i grandi alberi coperti di fiori gialli che crescevano nei giardini e nell’agro romano propose la mimosa. Sembrò una scelta convin­cente, perché, almeno nei dintorni di Roma, fioriva abbondante e poteva esser raccolta sulle piante che crescevano selvatiche. Come si vede sulla mimosa si è molto almanaccato e invece le ragioni della scelta furono essenzialmente pratiche!”.

2 Nel 1959 le parlamentari Pina Palumbo, Luisa Balboni e Giuliana Nenni avevano presentato in Italia una proposta di legge per rendere la giornata della donna una celebrazione nazionale, ma l’iniziativa era caduta nel vuoto.