C’è chi ha pensato che la pandemia ci avrebbe reso migliori, ma la realtà smentisce questo auspicio perché il numero dei discorsi d’odio sull’web - e non solamente – è in ulteriore crescita rispetto ai mesi e agli anni passati e i destinatari della violenza verbale sono principalmente coloro che vengono percepiti come diversi, gli immigrati, le persone che hanno un orientamento sessuale diverso diverso da quella che viene ritenuta la normalità e, molto frequentemente, le donne. Come si legge nel Libro bianco dell'associazione Lunaria, dal 2008 al 2020 si sono registrate 5.340 violenze verbali, delle quali prevalgono i 3.725 di propaganda discriminatori e 901 aggressioni fisiche. Una tendenza che è necessario contrastare, anche perché in alcuni casi non si limita alle manifestazioni verbali, ma vede mettere in pratica l’astio professato. Per questo motivo è nata la Rete nazionale per il contrasto ai discorsi e ai fenomeni d’odio ad opera di una task force che vede insieme tre organizzazioni non governative, otto associazioni, un movimento transnazionale, otto università italiane, due centri di ricerca, due osservatori e il Consiglio nazionale forense. 

La finalità è costruire una contro-narrazione che favorisca percorsi e linguaggi di inclusione attraverso l’azione collettiva di advocacy e lobby, al sostegno alla ricerca, alla condivisione di buone pratiche attraverso progetti ad hoc, alla messa in campo di progetti educativi e di materiale didattico, nonché alla sensibilizzazione e alla mobilitazione della società civile. Francesca Chiavacci, presidente dell’Arci (associazione che aderisce alla suddetta compagine operativa), conferma che il lavoro sarà oneroso, ma che è reso necessario dal fatto che “la novità degli ultimi decenni sta nella possibilità di usare strumenti web che sono “liberi”, ma anonimi e quindi attraverso la scrittura è possibile esprimere concetti anche sotto un falso nome, talvolta attraverso reti organizzate, e quanto viene scritto è spesso più violento di quanto non esprimerebbe a voce”.  

Ci si pone quindi il quesito se tutto questo odio sarebbe espresso anche offline, ma “è ovvio che se non ristabiliamo in generale una comportamento e una cultura dell’inclusione non lo possiamo fare nemmeno nell’web”. Chiavacci conferma che “dopo il lockdown, si è visto come la paura porti a individuare dei nemici e chi parla sul web pensa  di enunciare verità universali senza avere la necessità di un confronto”.  Anche per questo motivo la Rete vuole creare una contro-narrazione che sia da argine alle numerose falsità lanciate sull’web e il compito è oneroso, visti anche gli interessi economici e politici che forniscono strumenti di comunicazione molto potenti.

“C’è uno studio annuale di Amnesty International – spiega la presidente dell’Arci – che analizza come quello che accade sul web influenzi i dati elettorali”. Di come si cavalchi il clima di odio anche in funzione elettorale potrebbe essere esempio la vicenda della legge contro l’omofobia che alla Camera ha visto una levata di scudi da parte della destra che ha parlato di “bavaglio alla libertà d’espressione”. “Lo dovrebbero capire anche le forze politiche di sinistra che c’è un problema culturale alla radice”, dice Chiavacci puntando l’attenzione anche sui cosiddetti ‘insospettabili’, coloro che professano di essere antirazzisti e anti omofobici, ma che all’atto pratico si comportano in modo antitetico. 

La mossa più appropriata sarebbe quindi quella di capovolgere l’uso del web, affinché diventi strumento per veicolari valori positivi e non negativi. In questa operazione risulta fondamentale l’azione sulle nuove generazioni: “Il web ha una potenza di fuoco enorme e il suo uso è diffuso anche tra chi ha pochi strumenti culturali, grazie anche ad una elevata accessibilità – prosegue Chiavacci –. Non è un caso che i gruppi neofascisti e neonazisti, a livello mondiale, siano tra i più organizzati sul web. Bisogna mettere da parte un certo snobismo nei confronti della rete, recuperare il ritardo accumulato, specializzarsi nel suo uso e costruire una nuova narrazione” e questo è proprio in questo senso che dovrà lavorare la neonata Rete nazionale per il contrasto ai discorsi e ai fenomeni d’odio.