Contribuire alla ricostruzione di un profilo identitaria non musealizzato che, riflettendo sul passato, porti al recupero di una pratica politica come strumento di azione quotidiana. È questo l’obiettivo ambizioso del seminario permanente messo in campo dalla Fondazione Di Vittorio, istituto di ricerca della Cgil, dal titolo emblematico: “Culture Politiche, culture del lavoro”.

Il video integrale del seminario

Prima tappa di questo percorso il convegno di oggi (29 gennaio) presso l’aula 15 del Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Roma Tre, in via Ostiense 234: “Un’altra idea di autonomia: alle origini de La libertà viene prima. Autonomia, autogoverno, democrazia radicale, tra azionismo e marxismi eterodossi”.

All’appuntamento – promosso insieme a Fondazione Lelio e Lisli Basso, Cgil Roma e Lazio e Iress Lazio – partecipano anche le delegate e dei delegati dell'assemblea generale della Cgil di Roma e del Lazio. Dopo i numerosi interventi previsti, le conclusioni sono affidate a Maurizio Landini.

Di questo appuntamento – e in generale del percorso che con esso parte – abbiamo ragionato con il presidente della Fondazione Di Vittorio, Francesco Sinopoli, che lo ha fortemente voluto. “Il nostro obiettivo è quello di contribuire alla ricostruzione di una pensiero politico radicato nel lavoro – ci dice –. Quello che è accaduto negli ultimi 30 anni è evidente: una crescente separazione tra la politica e il lavoro, a partire da quella parte  che più se ne sarebbe dovuta fare carico. Servono pensieri lunghi, non schiacciati sull’attualità”.

Ancora Sinopoli: lo scollamento tra lavoro e dimensione politica e la venuta meno della soggettività politica del lavoro organizzato “ha determinato un crisi di partecipazione democratica perché le persone se non si sentono ascoltate, smettono di credere alla politica”.

Interessante anche il tema da cui si è scelto di partire per questo percorso di ricucitura di senso. Dalla parola “autonomia”, termine diventato ormai avvelenato, tanto è stato distorto nell’uso spesso strumentale. A cominciare da quell’autonomia differenziata che mira a spaccare il paese, acuendo le diseguaglianze e tenendo sempre più ai margini chi è già ai margini, e che non a caso è legata a doppio filo alla proposta verticistica e autoritaria del presidenzialismo.

Quello dell’autonomia “è il tema al centro di una raccolta fondamentale di saggi di Bruno Trentin, La libertà viene prima. L’autonomia come partecipazione diretta, autogoverno dal basso, l'autonomia e la libertà nel lavoro: che è la vera posta in gioco del conflitto sociale. Temi che richiamano nodi centrali nella storia della Cgil come la rivendicazione della capacità di intervento sull’organizzazione del lavoro e di orientare i processi produttivi”, chiosa il presidente della Fondazione Di Vittorio.

Sono nodi che affondano le radici nella storia della sinistra italiana nelle sue diverse declinazioni. Come ci ricorda Sinopoli, nel settembre del 1944 Vittorio Foa, all’epoca partigiano di Giustizia e Libertà scrisse una lettera del Partito D’Azione in cui chiedeva al Cln di farsi governo legittimo del territorio nelle regioni occupate dal nemico nazifascista. “Non in contrapposizione al governo di Roma ma integrandolo. Quella proposta com’è noto fu respinta. Ma quella loro ostinata idea di controgoverno dal basso e della periferia, come strumento di democrazia diretta che non doveva sostituire ma integrare quella rappresentativa era valida e attraverserà tutta la storia del movimento delle lavoratrici e dei lavoratori, diventando una cultura politica”.

Un’idea era radicata nel Biennio Rosso “dove la grande questione del controllo operaio e il ruolo dei consigli erano stati centrali ma divenne una idea generale di democrazia fondata sull’autogoverno, sulla riduzione del potere centrale, sulla partecipazione diretta, sulla riduzione dei livelli di delega, una grande intuizione che ci porterà al sindacato dei consigli fino oggi alle Rsu”.

Nel convegno questo filone incrocerà l’ordinovismo, la lezione di Vittorio Foa e Bruno Trentin, la stagione dei consigli di fabbrica con il conflitto sociale che ha cambiato la storia d’Italia, fino a ragionare delle fasi più attuali, con figure come quella di Claudio Sabattini.

L’appuntamento che, come si diceva, è il primo di una serie che la Fdv organizzerà nel 2024. Si affronteranno nei prossimi mesi il rapporto tra sindacato e partiti politici; il rapporto tra sindacato e movimenti sociali e poi ci sarà un approfondimento sulla figura di Giuseppe Di Vittorio: “Ragioneremo sulle sue idee politiche, un lascito importante, se si pensa che Foa e Trentin, che pure avevano avuto una storia molto diversa dalla sua, lo consideravano un maestro”, aggiunge Sinopoli.

Già, Bruno Trentin: nel 2026 ci sarà il centenario della nascita e il convengo di oggi vuole anche essere la prima tappa di avvicinamento a una data importante per la storia non solo del sindacalismo ma dell’intero paese.

Il 2024 della Fdv sarà anche caratterizzato di altre iniziative di riflessioni tra filosofia, storia e politica: dagli scioperi del ‘44 al Patto di Roma. Ma con un’avvertenza importante: “Vogliamo lavorare a un profilo identitario non musealizzato, ma finalizzato al recupero di una pratica politica come strumento quotidiano che parli non solo all’esterno ma che rappresenti un contributo importante per le nostre delegati e i nostri delegati”.

Non c’è infatti modo “migliore” per uccidere la storia che lasciarla impolverare pur parlandone: proprio il contrario di quello che l’istituto di ricerca della Cgil vuole mettere in campo con il suo seminario permanente.