Ferdinando Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti. Un calzolaio e un pescivendolo. Due anarchici. Due italiani condannati a morte negli Stati Uniti dopo sette anni di udienze. Il 5 aprile 1927 anche la Corte Suprema del Massachusetts nega la revisione della loro sentenza. È la condanna definitiva.

“Con il rigetto da parte della Corte Suprema della domanda di un nuovo processo - scriveva il console italiano a Boston a Benito Mussolini il giorno successivo - il ricorso giudiziario in questo Stato trovasi esaurito. Rimane ancora possibile un appello alla Corte Federale di Washington con esito, a mio modo di vedere, quasi certamente contrario agli imputati. L’unica speranza salvezza dalla sedia elettrica risiede nella domanda di grazia fatta al Governatore Massachusetts. Ma per i motivi più volte da me specificati ritengo improbabile l’accoglimento tale domanda. L’unica persona che potrebbe esercitare un’influenza sul governatore Fuller sarebbe forse Presidente Stati Uniti ma ciò in via assolutamente riservata e personale giacché qualsiasi intromissione delle autorità federali in questioni prettamente statali produce l’effetto contrario. Dal canto mio ogni cosa sarà tentata all’intento salvare vita nostri due connazionali”.

“Io non augurerei a un cane o a un serpente - affermava Vanzetti rivolgendosi per l’ultima volta al giudice - alla più bassa e disgraziata creatura della Terra. Non augurerei a nessuna di queste creature ciò che ho dovuto soffrire per cose di cui non sono colpevole. Ma la mia convinzione è che ho sofferto per cose di cui sono colpevole. Sto soffrendo perché sono un anarchico, e davvero io sono un anarchico; ho sofferto perché ero un Italiano, e davvero io sono un Italiano (…) se voi poteste giustiziarmi due volte, e se potessi rinascere altre due volte, vivrei di nuovo per fare quello che ho fatto già”.

Molti intellettuali, tra i quali anche Albert Einstein, prenderanno pubblicamente posizione in favore dei die anarchici italiani, ed anche l’Unità, organo del Partito comunista d’Italia, si interesserà della vicenda. “Trovo molto giusto che tu, cara Unità, ti interessi così vivamente della sorte dei due lavoratori innocenti Sacco e Vanzetti - scriveva al giornale Fiore, “corrisp. operaio”, l’8 giugno 1926 - E’ un dovere di noi comunisti, e dei lavoratori del mondo intero, di fare un’intensa campagna affinché si possa strappare dalle maglie dei carnefici due fieri combattenti della classe proletaria”.

“Nella democratica, nella libera, civile America - gli faceva eco il 6 luglio F. Ferrucci, anche lui “corrisp. operaio” - la sedia elettrica sta per entrare in azione. Due uomini, rei soltanto di essere rivoluzionari, stanno per essere giustiziati (…) Sacco e Vanzetti hanno lottato per la causa operaia, sono operai, appartengono alla classe degli oppressi, degli sfruttati. E gli operai tutti devono essere uniti in loro difesa”. Sarà, però, tutto inutile.

Il 23 agosto 1927 alle ore 00:19, dopo sette anni di udienze, Ferdinando Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti vengono uccisi sulla sedia elettrica a distanza di sette minuti l’uno dall’altro.

“Ricordati sempre, Dante - scriveva poco prima di morire Nicola Sacco al figlio - della felicità dei giochi non usarla tutta per te, ma conservane solo una parte (...) aiuta i deboli che gridano per avere un aiuto, aiuta i perseguitati e le vittime, perché questi sono i tuoi migliori amici; son tutti i compagni che combattono e cadono come tuo padre e Bartolo, che ieri combatté e cadde per la conquista della gioia e della libertà per tutti e per i poveri lavoratori (…) Sì, Dante mio, essi potranno ben crocifiggere i nostri corpi come già fanno da sette anni: ma essi non potranno mai distruggere le nostre idee, che rimarranno ancora più belle per le future generazioni a venire”. Le loro idee non saranno distrutte e la storia darà loro ragione.

Il 23 agosto del 1977, esattamente 50 anni dopo l’esecuzione, il governatore del Massachusetts, Michael Dukakis, renderà loro finalmente giustizia ammettendo gli errori commessi nel processo ed avviando la riabilitazione della memoria dei due emigrati italiani: “Io dichiaro - dirà - che ogni stigma e ogni onta vengano per sempre cancellati dai nomi di Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti (…) Il processo e l’esecuzione di Sacco e Vanzetti devono ricordarci sempre che tutti i cittadini dovrebbero stare in guardia contro i propri pregiudizi e l’intolleranza verso le idee non ortodosse, con l’impegno di difendere sempre i diritti delle persone che consideriamo straniere per il rispetto dell’uomo e della verità”.