Le elezioni politiche del 1976 per il rinnovo dei due rami del Parlamento italiano - le prime elezioni politiche con il voto ai diciottenni - si tengono domenica 20 e lunedì 21 giugno.

A conclusione di una giornata impegnativa, nella notte del 21 un emozionato Enrico Berlinguer si affaccia al balcone delle Botteghe oscure affermando: “Compagne e compagni penso che voi conosciate già le indicazioni che sono venute dai primi risultati. In termini strettamente numerici, noi passiamo dal rappresentare, nel 1972, poco più di un quarto dell’elettorato a rappresentare stabilmente, con radici profonde, un terzo dell’elettorato. Un italiano su tre vota comunista!”.

Effettivamente il Pci ha raggiunto il 34,4% delle preferenze (+5 punti rispetto a quattro anni prima), ottenendo 228 seggi alla Camera a conclusione di una campagna elettorale tesa e difficile, caratterizzata da toni di grande preoccupazione. Oltre che nelle tradizionali regioni rosse (Toscana, Emilia-Romagna, Umbria, Marche), i comunisti riportano vittorie nel Lazio, in Campania, Liguria e in Valle d’Aosta.

“Il Partito comunista - scriverà l’Unità il giorno successivo - è il solo che progredisca sia sul 1972 (con un balzo aranti del 5.5 al Senato, dove nelle precedenti elezioni si presentò insieme al Psiup, e addirittura dell'8 per cento alla Camera) sia sul 15 giugno 1975. L’ulteriore progresso di circa il 3 per cento sulle votazioni regionali e amministrative dell’anno scorso costituisce un risultato sensazionale, che i conferma il continuo sviluppo della dinamica elettorale comunista. Le cifre dimostrano che un consistente numero di suffragi dev’essersi spostato direttamente dalla Dc al Pci. Tra la Dc e il Pci vi è ora un distacco di poco più di un milione di voti. Ai progressi del Pci hanno contribuito tutte le grandi zone del Paese, con particolare riguardo al Mezzogiorno (dove spicca l’eccezionale risultato di Napoli), alle regioni «rosse», ai grandi centri industriali, alla città di Roma”.

“In sostanza - dirà Enrico Berlinguer - si chiude l’epoca in cui si cercò di governare sulla base della pregiudiziale anticomunista. Dal canto nostro ricaviamo dal pronunciamento dell’elettorato la conferma di una politica che colloca la spinta a sinistra e di rinnovamento che si esprime in tante forme e in tutti i campi della vita nazionale nella prospettiva delle più ampie convergenze di tutte le forze che hanno radici e tradizioni popolari. Esprimiamo il nostro più schietto ringraziamento a tutti gli italiani che ci hanno confermato o dato per la prima volta la loro fiducia, e ai tanti nostri compagni e compagne, amici e simpatizzanti, anziani e giovani che hanno lavorato con passione per questo grande successo del nostro Partito”.

Il 5 luglio s’insedia la VII legislatura: per la prima volta nella storia della Repubblica un comunista - Pietro Ingrao - è eletto alla Presidenza della Camera dei deputati.

“Per la prima volta da quando Umberto Terracini fu chiamato 30 anni fa alla presidenza della Costituente, la Camera ha un presidente comunista. È il compagno Pietro Ingrao, eletto ieri pomeriggio a primo scrutinio con 488 voti, sessantotto in più della prescritta maggioranza dei due terzi del plenum parlamentare. Un numero di voti assai alto, dunque, che anzitutto riflette la caduta di una lunga e assurda preclusione anticomunista (caduta sancita sabato scorso dalla intesa politica raggiunta tra i sei partiti costituzionali per l'assetto delle presidenze del Parlamento); ma che è anche una logica conseguenza politica del grande successo comunista del 20 giugno, e un'importante attestazione di stima nei confronti del compagno Ingrao” (L'Unità, 6 luglio 1976).

“Sono consapevole - dirà quel giorno il neo eletto presidente - (…) di quanto sia impegnativo succedere in questo incarico a un uomo della statura morale e politica di Sandro Pertini, al quale rivolgo un saluto molto affettuoso e rinnovo il ringraziamento di tutti per ciò che egli ha dato al prestigio e al funzionamento del Par1amento italiano, alla lotta contro il fascismo, per la democrazia e la libertà del nostro popolo. Questa legislatura si apre in un momento grave. Tutte le cose intorno a noi sottolineano l’urgenza di procedere a un profondo rinnovamento della vita economica e dell’apparato produttivo, indispensabile per ridurre il flagello dell’inflazione, per aprire una possibilità di lavoro qualificato per milioni di giovani e di donne, oggi senza prospettiva, per restituire forza, prestigio e stabilità all’Italia nell’economia mondiale e nel tormentato orizzonte internazionale. Ciò domanderà grande rigore e giustizia nelle scelte che compirete, severità nel costume politico, intelligenza innovativa e respiro democratico nella mobilitazione delle energie creative di grandi masse chiamate a portare il paese fuori dalla pesante crisi che lo percuote. … Permettetemi al di là di ogni valutazione di parte di cogliere nella larghezza e nella varietà dei consensi che hanno portato alla mia elezione un segnale: il segno che sta avanzando fra le forze politiche l’esigenza di un rapporto nuovo, che - mantenendo a ciascuna di esse la sua fisionomia - porti a un rinvigorimento e a un arricchimento delle istituzioni democratiche”.