L’utilizzo dell’intelligenza artificiale non è una novità nei processi produttivi e distributivi dell’industria culturale: da anni gli algoritmi influenzano e indirizzano scelte editoriali, stilistiche e promozionali e orientano direttamente o indirettamente comportamenti di consumo, con conseguenze sulle nostre culture e società – come parliamo, come pensiamo, come ci rappresentiamo.

La componente inedita degli ultimi anni riguarda l’intelligenza artificiale generativa: l’incredibile accelerazione dello sviluppo tecnologico di questi sistemi dimostra che nell’industria culturale – editoria libraria e periodica, cartacea e online, teatro, cinema, radio, tv, videogiochi – si stanno realizzando le condizioni per una trasformazione radicale anche di quella componente del processo produttivo che finora mal si è prestata all’automazione: il lavoro autoriale e creativo.

Un interesse economico

L’enorme interesse economico ad andare in questa direzione si basa sul presupposto – tipico dei sistemi capitalistici – che anche in questo caso lo sviluppo tecnologico renda possibile aumentare la produzione contenendo il costo del lavoro: l’ipotesi di chi scrive è che questo non solo non sia auspicabile a livello di sistema, ma sia anche contraddittorio e incompatibile con l’emancipazione del lavoro.

Innanzitutto, l’industria culturale degli ultimi anni non è certo caratterizzata da una carenza produttiva. Basti pensare all’esplosione di “contenuti” su social media e piattaforme, nonché – per portare ad esempio un settore più tradizionale – alla crisi decennale di sovrapproduzione dell’editoria libraria italiana (fino al picco delle 85 mila novità stampate nel 2021, più di 230 nuovi titoli al giorno[1]): una crisi dovuta a diversi fattori (calo dell’indice di lettura, disinvestimento pubblico in scuole e biblioteche, trasformazioni tecnologiche, esternalizzazione delle redazioni e precarizzazione delle mansioni redazionali, oligopolio distributivo ecc.) e mascherata dagli innumerevoli sussidi all’impresa (incentivi al consumo, tax credit, scontistica) e dal contenimento del costo del lavoro (redazionale, creativo, logistico).

Proteggere il lavoro

Proprio a partire dall’enorme potenzialità di profitto derivante dall’espansione del mercato promessa dall’IA generativa, è opportuno interrogarsi sulla sua sostenibilità – sulla capacità del mercato di assorbire un aumento esponenziale della produzione – e di conseguenza sul ruolo del pubblico nell’attivare politiche culturali correttive, proteggendo il lavoro e sostenendo una produzione capace di animare la vitalità culturale delle società e di arricchire il patrimonio culturale a disposizione delle generazioni future: in questo senso andrebbe, tra l’altro, la proposta di introdurre il divieto del sostegno pubblico alla realizzazione di prodotti culturali generati del tutto o in parte tramite sistemi di IA generativa[2].

L’automazione non sarà mai totale

In secondo luogo, c’è da dubitare che all’aumento della produzione possa accompagnarsi un significativo abbassamento del costo del lavoro, perlomeno a valle del processo produttivo che impiega sistemi di IA generativa. Infatti, perché l’output della macchina diventi merce, cioè abbia valore commerciale sufficiente a generare profitto, sarà sempre necessario il lavoro: in altre parole, l’automazione del processo produttivo non potrà mai essere totale, neppure nelle sue fasi creative, perché tanto più sarà raffinato e funzionale l’algoritmo, quanto più sarà alto il rischio di “allucinazioni” ed errori, rendendo essenziale la rielaborazione o la revisione sistematica del prodotto generato dall’IA.

Tale assunto è condiviso anche da editori[3] e produttori, molto preoccupati di poter attestare la natura creativa della revisione dei prodotti generati dalle macchine, per poter produrre “opere” dei cui diritti vogliono essere titolari. Il punto è che questo lavoro di revisione non è necessariamente più rapido di quello creativo “tradizionale”: anzi è spesso più logorante, perché l’intermediazione della macchina lo aliena rispetto al prodotto finale, rendendo necessario un maggiore sforzo di concentrazione e sottraendo energia allo sforzo creativo.

Se il post-editing è più faticoso della traduzione “tradizionale”

Ciò vale presumibilmente in ogni filiera dell’industria culturale; è stato ampiamente documentato, ad esempio, nel caso del post-editing[4], la revisione di testi pre-tradotti con sistemi di NMT (neural machine translation): in alcuni casi, il post-editing risulta più faticoso della traduzione “tradizionale” perché richiede di lavorare, invece che su due testi (quello da tradurre e il proprio), su tre (quello da tradurre, quello pre-tradotto e il proprio). Inoltre, spesso il post-editing è più faticoso anche della revisione “tradizionale”, in cui è possibile interloquire con chi ha tradotto e ricostruire il suo processo mentale, garantendo organicità al processo produttivo e mantenendo una relazione di senso tra forma e contenuto dell’opera: a un sistema di NMT non si possono fare domande; a differenza che con una calcolatrice, è strutturalmente impossibile rifare i calcoli a mano.

Circoscrivere l’applicazione della nuova tecnologia

È prevedibile quindi che le nuove mansioni richiedano alta formazione e sforzo creativo tanto quanto il proprio corrispettivo “tradizionale”, e al tempo stesso maggiore specializzazione per quanto riguarda l’interazione con la macchina. Tale constatazione difficilmente basterà a contenere la spinta a ridurre il costo del lavoro, soprattutto per alcune categorie marginali di prodotti dove l’uso di IA potrebbe effettivamente velocizzare la produzione: per restare alla traduzione editoriale, basti pensare alla varia – ad esempio le guide turistiche – e a certa saggistica e narrativa commerciale dove il linguaggio è molto standardizzato. Ecco una ragione in più per contrattualizzare le nuove mansioni e circoscrivere l’applicazione della nuova tecnologia, rendendola costosa per le imprese, eventualmente anche tramite una tassazione specifica, che troverebbe giustificazione nell’elevato impatto ambientale dell’IA generativa nell’ambito dell’economia dei dati[5], e con l’imposizione di garanzie di trasparenza sul prodotto finito[6].

Le mansioni accessorie a rischio

Altre tendenze disumanizzanti che si possono intravedere nella nuova organizzazione del processo produttivo sono l’appiattimento e l’omogeneizzazione dei prodotti culturali, sempre più piegati alle tendenze di un mercato sempre più disintermediato (per la traduzione questo è evidente nell’inglese come lingua ponte dei maggiori sistemi di NMT da e verso le lingue cosiddette “minori” o non veicolari[7]), e la riduzione della domanda di lavoro per tutte quelle mansioni accessorie che costituiscono un’importante fonte di reddito per i lavoratori creativi (basti pensare allo scouting e alla schedatura per l’editoria, rese superflue dall’accessibilità diretta degli editori ai cataloghi in lingua straniera, che così saranno sempre più dipendenti dalle dinamiche di mercato nella scelta dei prodotti culturali da importare[8]).

L’addestramento IA e il copyright

Fin qui si è parlato delle nuove potenzialità di sfruttamento del lavoro a valle del processo produttivo; c’è poi la nota questione, a monte del processo produttivo, della costruzione dei modelli di fondazione, ossia dell’addestramento dei sistemi di IA generativa tramite dati la cui proprietà – secondo il diritto d’autore, alla privacy e all’immagine – è in capo al lavoratore che li ha creati e il cui potenziale estrattivo è tendenzialmente infinito.

Da un video di pochi minuti i nuovi sistemi hanno dati biometrici (volto, voce, mimica) sufficienti a generare ore di contenuti; lo stesso con le opere di altrettanti autori. Per compensare il valore che questo tipo di lavoro può oggi generare, sarà fondamentale contrattualizzare qualsiasi procedura di lavorazione, tramite IA generativa, dei dati relativi a persone e opere, con particolare attenzione al momento della prima cessione.

Infatti, i primi cessionari (editori e produttori) hanno avuto tutto l’interesse a rivendicare, insieme ai lavoratori, principi di trasparenza sull’utilizzo dei diritti di cui sono titolari, ma questi principi non sono che il presupposto per la tutela del lavoro autoriale e creativo: una volta codificati nell’ordinamento comunitario e nazionale, oltre a garantirne l’effettività – prevedendo l’investimento di risorse adeguate e continuative in enti, istituti, agenzie e autorità incaricati della vigilanza e tutelando la libertà contrattuale dei lavoratori, anche con l’istituzione di commissioni in cui siedano rappresentanti delle categorie coinvolte dalla trasformazione dei processi produttivi – sarà essenziale aprire trattative tra le parti sociali, sia per contrattualizzare le nuove mansioni, come si diceva, sia per far sì che la cessione dei diritti di sfruttamento dell’opera tramite IA generativa formi oggetto di accordi espressi con i lavoratori, che dettaglino le condizioni di utilizzo e prevedano remunerazione adeguata e proporzionata al valore dei diritti ceduti. 

Lia Bruna, Componente del coordinamento nazionale di Strade Slc

Note

[1] Cfr. Rapporto AIE 2022. L’AIE è l’Associazione Italiana Editori.

[2] Punto 1.3 della Dichiarazione del CEATL (Conseil Européen des Associations des Traducteurs Littéraires), del novembre 2023; punto 4 del Comunicato congiunto di AI (Autori di Immagini), ICWA (Italian Children’s Writers Association) e Strade (Sezione traduttori editoriali di SLC-CGIL), del dicembre 2023.

[3]Position paper della FEP (Federation of European Publishers), del giugno 2023, p. 2; intervento di Piero Attanasio (AIE) durante l’evento Editoria e intelligenza artificiale: il binomio possibile?, tenutosi a Più Libri Più Liberi il 7 dicembre 2023.

[4] Cfr. gli “esprimenti” dei traduttori tedeschi pubblicati su Kollektive Intelligenz. Esperimenti simili si sono tenuti in Francia, Spagna e Svizzera, confermando gli stessi problemi.

[5] Si veda il webinar organizzato il 25 gennaio 2023 da FIT Europe (sezione europea dell’International Federation of Translators), The Ecological Costs of Neural Machine Translation, relatore Matt Riemland.

[6] Si vedano la Dichiarazione del CEATL (punto 1.2) e il Comunicato di AI, ICWA e Strade (punto 2), già citati.

[7] Cfr. Miquel Cabal Garro, AI and Minoritised Languages, in «Counterpoints», n. 10, 2023, numero monografico su IA generativa e traduzione editoriale. «Counterpoints» è la rivista semestrale del CEATL.

[8] Cfr. la Dichiarazione del CEATL (punto 2.3).