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“In questi ultimi giorni il ministero delle Imprese e del made in Italy e il ministero della Cultura hanno collaborato ai festeggiamenti per i 150 anni dalla nascita di Guglielmo Marconi, allestendo nei locali del Mimit una cerimonia alla presenza della stampa e di numerosi invitati. Evento annunciato, tra l’altro, con l’emanazione di un francobollo commemorativo. Quel che però nessuno ha raccontato è che i macchinari utilizzati da Marconi, per esempio la famosa ‘cabina radiotelegrafica’ del panfilo Elettra, da cui effettuò numerosi dei suoi esperimenti di radiofonia, sono conservati nel museo storico della Comunicazione, collocato nei sotterranei della sede del Mimit di viale America a Roma, chiuso da un anno e mezzo circa”. Lo scrivono in una nota Luca Giovinazzo (coordinatore nazionale Fp Cgil Mimit) e Valeria Giunta (Fp MiC).
All’interno del museo, ricordano “sono conservati oltre 3.000 cimeli di vario genere e valore inestimabile: telefoni, telegrafi, radio e televisioni; una ricostruzione di un antico Ufficio postale del Ducato di Parma; raccolta delle buche e cassette per la posta anche militare e delle due guerre; comunicazioni di ogni tipo, manoscritti, quotidiani, carte geografiche e corrispondenza persino degli Antichi Stati italiani. E ancora opere di Meucci, la macchina Enigma, la Sala dell’Elaboratore Olivetti ‘Elea 9003’, una grandissima collezione filatelica iniziata nel secolo scorso da Emilio Diena che comprende circa un milione di pezzi tra francobolli, 90.000 pezzi marcofilia, bozzetti, prove di colore e bollettini illustrativi”.
Il museo è insomma dichiarato di ‘interesse culturale’ e sotto tutela della soprintendenza, “alla quale come Fp Cgil abbiamo chiesto di intervenire perché da quasi due anni permane un problema serio di tutela e di conseguente valorizzazione. Così come la biblioteca adiacente o quella nello stabile di viale Boston, autentiche miniere culturali per ricercatori e studenti di tutto il mondo, inutilizzate per l’imbarazzante motivazione della chiusura”.
Al Museo risultano esserci problemi di infiltrazioni (oltretutto deleterie per la conservazione del materiale), ma il paradosso più grande sono le problematiche all’impianto elettrico che ne impediscono l’apertura al pubblico. "Il personale che ci lavora da tempo, con dedizione e professionalità – prosegue il sindacato -, è costretto a concentrare lo sforzo sulla esclusiva fruizione dello stesso in rete”.
“Ciò che ci preoccupa, inoltre – concludono Giovinazzo e Giunta - è il continuo silenzio dei due ministeri. Dopo più di nove mesi dal sopralluogo della soprintendenza, non comprendiamo come sia possibile che ancora non siano state pubblicate le prescrizioni, mentre davanti alla stampa si finge che tutto funzioni perfettamente”.