Spettacolo, arte e letteratura restano ancora marginali nel nostro paese e le ragioni sono più di una. Lo rivelano i dati dell’indagine su “Gli italiani e la cultura” condotta dall’Osservatorio Futura. Il motivo principale sembra essere la poca propensione dei cittadini a spenderci dei soldi, per motivazioni diametralmente opposte, eppure speculari.

PARTECIPAZIONE SPORADICA AGLI EVENTI 

Da un lato, l’interesse limitato a impiegare il proprio tempo libero in eventi culturali. Dall’altro, i costi elevati per accedervi, che per molti diventano proibitivi. Secondo i dati emersi, nonostante l’85% del campione sia interessato a partecipare a eventi culturali durante l’anno, solo il 25% vi partecipa assiduamente. Per il 60% la partecipazione è più sporadica. Questo dato deve essere letto insieme a quello che ci descrive quali siano le principali fonti di accesso alla cultura.

FONTI DI ACCESSO ALLA CULTURA 

Se al primo posto ci sono i libri, citati da 6 intervistati su 10, al secondo si piazzano tv e Internet. In tutti e tre i casi, si tratta dunque di una fruizione domestica, sul divano di casa. Il 39% partecipa “dal vivo” a eventi come mostre, spettacoli musicali, teatrali e cinematografici. La tradizione, la musica e il teatro sono infatti molto meno associati al concetto di cultura, mentre moda e design ne sembrano ancora più lontani. I tre ambiti più citati dagli intervistati sono la storia, la letteratura e l’arte. L’offerta culturale regionale genera una soddisfazione media, sebbene oltre un terzo del campione si dichiari pienamente soddisfatto. Il dato è particolarmente positivo al Nord-Est.

QUANTO SI SPENDE

La spesa media mensile per la partecipazione ad eventi culturali si aggira intorno ai 60 euro. Solo il 10% degli intervistati ne spende più di 100. Nonostante la spesa sia abbastanza contenuta, in generale circa il 70% del campione è favorevole alla fruizione dell’arte a pagamento, pur rappresentando per molti un limite allo sviluppo culturale. Tale contributo va però modulato nelle modalità (volontario vs imposto) e nella quantità (in base al reddito o al contesto socio-economico). Si potrebbe, dunque, fare una distinzione tra quella che deve essere l’offerta culturale garantita dallo Stato e quella che invece viene dai privati.

BENE PUBBLICO VS PRIVATI

La prima non può prescindere da scopi divulgativi ed educativi e dall’obiettivo di democratizzazione dei saperi, presupposto dell’inclusione. La seconda, invece, non può essere avulsa dai meccanismi propri del mercato. Nonostante ciò, i cittadini sembrano auspicare come positivo, se non addirittura fondamentale, un supporto da parte dei privati: sul piano economico, nella sponsorizzazione e organizzazione di eventi culturali. Ma anche attraverso il finanziamento di progetti di conservazione e restauro del patrimonio culturale.

IL SALARIO DEGLI ARTISTI

Le logiche di mercato nel settore culturale rappresentano un grosso nodo da sciogliere, rispetto alle problematiche ancora irrisolte di garantire agli operatori culturali condizioni di lavoro dignitoso e salari adeguati. A questo proposito, il sentimento più diffuso è quello secondo il quale le retribuzioni di chi opera nella cultura facciano fronte al caro vita, ma non siano comunque adeguate al lavoro effettivamente svolto. Per il 17% gli stipendi non sono invece né adeguati al lavoro svolto né adatti a far fronte all’inflazione. Tuttavia, un intervistato su tre non si esprime in merito alle retribuzioni degli operatori culturali, dato che rivela la poca conoscenza del settore da parte dei cittadini, che fruiscono degli eventi e dei prodotti culturali, ma ne ignorano pressoché totalmente i meccanismi produttivi.

IL RUOLO DEL SINDACATO

Su questo aspetto, soprattutto a partire dalla pandemia, le lavoratrici e i lavoratori sembrano aver assunto una nuova consapevolezza della necessità di porsi come soggetto sociale compatto, che avanza rivendicazioni comuni. I sindacati di categoria, tra cui la Slc Cgil, hanno ottenuto grandi conquiste nel campo della contrattazione (si pensi al rinnovo del contratto delle fondazioni lirico-sinfoniche, a quello dei doppiatori, al primo Ccnl degli interpreti). Il campione, sollecitato sui possibili interventi, auspica diverse azioni: sostenere i lavoratori; battersi per garantire un accesso equo all’istruzione e alle opportunità culturali; tutelare e conservare il patrimonio culturale; collaborare con gli enti locali per sviluppare politiche culturali ad hoc.

CARO GOVERNO, SI PUÒ DARE DI PIÙ

A proposito delle politiche, si rivela critico l’atteggiamento nei confronti del governo: il suo operato a sostegno della cultura è reputato piuttosto deludente. Solo il 20% è soddisfatto. Oltre il 40% del campione è invece fortemente scontento. Molti sono gli aspetti a cui il governo dovrebbe volgere la propria attenzione. I tre che emergono con maggiore forza riguardano le strategie per il coinvolgimento dei giovani nel mondo della cultura, le agevolazioni per gli utenti, i finanziamenti al settore teatrale, cinematografico, editoriale e dei beni culturali. Per oltre il 40% del campione i finanziamenti a favore della cultura sono insufficienti.