Il volume di Anna Frisone, Femminismo al lavoro. Come le donne hanno cambiato il sindacato in Italia e in Francia (1968-1983), Viella 2020, indaga l’impegno femminista degli anni Settanta, declinato nel contesto della lotta sindacale e dei diritti del lavoro, attraverso una nuova prospettiva di ricerca costruita a partire da numerose interviste inedite alle protagoniste di una stagione capace di modificare profondamente la società dell’epoca.

L’autrice sviluppa una ricerca comparata tra Italia e Francia, mettendo al centro l’esperienza finora trascurata del femminismo sindacale, stretto tra forze diverse (quali i collettivi femministi radicali e le centrali sindacali) ma motivato a trovare una sintesi importante per l’affermazione dei diritti delle lavoratrici. Attraverso queste pagine si snoda un’analisi capace di restituire profondità a movimenti politici cruciali e a una fase storica di grande complessità.

Alle interviste si accompagna l’indagine su fonti scritte, specialmente archivistiche, concentrata sulle maggiori confederazioni sindacali dei due paesi: in Italia Cgil e Cisl, in Francia Cgt e Cfdt. L’analisi comparativa e transnazionale ha un carattere “trans-locale”, evita quindi, come spiega la stessa autrice, la “riproposizione di una comparazione tra Stati nazionali”, e privilegia, invece, “un’ottica di microstoria attenta alla declinazione del fenomeno sul piano locale”. Le realtà prese in esame sono, in Italia, il cosiddetto “triangolo industriale” (Torino, Genova e Milano), e in Francia le aree di Parigi e Lione.

“Che cosa è accaduto quando alcune donne hanno testardamente scelto di introdurre la nuova prospettiva femminista all’interno di un’organizzazione maschile come il sindacato, mettendo in evidenza la dimensione di genere della contrattazione e delle stesse dinamiche della militanza sindacale?”. Questa la domanda alla base della ricerca di  Frisone, che si è concentrata su Italia e Francia per le evidenti analogie, sia sul piano della nascita di un movimento femminista in entrambi i paesi, sia sul piano del movimento operaio, caratterizzato, in Italia e in Francia, “da un forte sindacato comunista-socialista, insieme a un sindacato progressista d’ispirazione cristiana”.

“In entrambi i paesi – spiega la studiosa – si è assistito nel corso del decennio Settanta alla realizzazione di esperienze di parziale separatismo all’interno del sindacato: nacquero allora i coordinamenti donne in Italia e le commissions-femmes in Francia, strutture interprofessionali costituite dalle donne all’interno delle confederazioni sindacali”. Un ulteriore elemento comune “era rappresentato dalla scelta delle sindacaliste di combinare direttamente la lotta di classe con le rivendicazioni femministe, includendo un dialogo più o meno esplicito con i gruppi radicali femministi presenti all’epoca nei diversi territori”.

Anna Frisone ha conseguito il dottorato in Storia Contemporanea dell’Istituto Universitario Europeo e proseguito le sue ricerche presso le università di Bologna, Berkeley e Parigi (Sciences Po). Si occupa, all’incrocio tra fonti orali e archivistiche, di storia del lavoro e storia di genere, con particolare attenzione all’impegno politico delle donne negli anni Settanta.