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Il 13 giugno del 1981 moriva dopo quasi tre giorni di inutili tentativi di salvataggio Alfredino Rampi, caduto in un pozzo artesiano in località Selvotta, una frazione di Frascati situata lungo la via di Vermicino.
Una tragedia trasformatasi in uno dei casi mediatici più rilevanti della storia italiana. Conclusasi nel più tragico dei modi. Attorno al pozzo finirà quindi per raccogliersi una folla di circa 10 000 persone. Tra di esse anche il presidente della Repubblica Sandro Pertini che, costernato dalla disorganizzazione dei soccorsi, esprimerà la volontà di far nascere un servizio di protezione civile ancora solo sulla carta (già prima di Vermicino il presidente aveva denunciato l’inefficienza e l’impotenza dello Stato: era successo dopo il terremoto in Irpinia, di pochi mesi prima).
“Il presidente della Repubblica Sandro Pertini era arrivato sul luogo senza avvertire le autorità presenti - racconterà anni dopo mamma Franca - e mi dissero che era ancora lì vicino, in un viottolo di campagna, nascosto perché non voleva farsi vedere dai mass media, e soprattutto non voleva essere d’intralcio con la sua presenza, sperando di ricevere buone notizie. Decisi di andare a parlare con lui, per- ché avevo visto troppe cose assurde in quei giorni. Volevo raccontargli tutto: da quando mio figlio si era perso, fino al momento della sua morte. E così feci: raccontai della polizia, della tavoletta, della trivella ecc. Lui mi rispose: “Signora sono sconcertato, non so che dirle, non ho parole, sono costernato e dispiaciuto. Possibile che ci sia stata tutta questa confusione? Possibile che niente abbia funzionato?” Veramente non sapeva che dire, rimase senza parole. Dopo alcuni mesi ricevetti una sua telefonata e mi disse che per me aveva creato un Ministero, quello della Protezione Civile, istituito poco dopo con Decreto Legge n. 57 del 27/02/1982, convertito in legge 187 nello stesso anno”.
Il teatro del dramma si trasformerà da subito in un circo mediatico. Un drammatico reality show andato in onda in tutte le case degli italiani, con una diretta della Rai durata tre giorni. Il direttore del Tg Emilio Fede, appena nominato e alla sua prima riunione per l’edizione delle 13 del tg, decide di mantenere la linea aperta e mandare una telecamera mobile sul posto inaugurando così così la tv del dolore (la vicenda avrà una risonanza mediatica senza precedenti. Sarà il primo evento in Italia oggetto di una diretta televisiva ininterrotta, organizzata dalla Rai di fatto a reti unificate, durata ben 18 ore che catturerà l’attenzione di circa 21 milioni di persone, rimaste per giorni davanti al televisore per seguirne lo svolgimento. Nel maggio del 1995 la Rai pubblicherà parte della registrazione della diretta televisiva dei tentativi di salvataggio, integralmente custodita negli archivi della radiotelevisione di Stato, all’interno della collana di videocassette Grandi emozioni TV distribuite nelle edicole. A seguito di un ricorso d’urgenza della famiglia Rampi e a un’interrogazione in Commissione di Vigilanza Rai, il nastro sarà ritirato dal commercio nel giro di una settimana).
“Volevamo vedere un fatto di vita - sgomento dirà Giancarlo Santalmassi durante l’edizione straordinaria del Tg2 del 13 giugno 1981 - abbiamo visto un fatto di morte. Ci siamo arresi, abbiamo continuato fino all’ultimo. Ci domanderemo a lungo prossimamente a cosa è servito tutto questo, che cosa abbiamo voluto dimenticare, che cosa ci dovremmo ricordare, che cosa dovremo amare, che cosa dobbiamo odiare. È stata la registrazione di una sconfitta, purtroppo: 60 ore di lotta invano per Alfredo Rampi”.
Nel maggio dello scorso anno la tomba di Alfredino è stata imbrattata con una serie di svastiche. Pochi giorni prima, alla presenza di Rita Di Iorio - presidente del Centro Alfredo Rampi - era stato inaugurato il murales di 70 metri quadrati dedicato ad Alfredino nel quartiere Garbatella di Roma. “La città di Roma per te, Alfredo, affinché la tua storia continui ad insegnare e a trasmettere i valori della legalità, della solidarietà e l’importanza delle competenze” vi è scritto. “Grazie a te - si legge sempre nella targa - è nata la protezione civile, oggi al fianco di tutte e tutti noi con incessante impegno”.