“Franco Sartori – La città possibile” è il titolo del docufilm che racconta attraverso la figura del sindacalista la Genova degli anni ’80 e ’90: una città segnata dalle crisi delle grandi fabbriche e del porto, dall’inquinamento, dall’assenza di politiche industriali e dove, contemporaneamente, emergono nuovi soggetti politici come il comitato salute e ambiente delle donne di Cornigliano, e un uomo come Sartori che vede nel Ponente genovese il laboratorio da cui ripartire per costruire una nuova stagione di sviluppo.

Viene presentato mercoledì 19 aprile alle 17,30 a Roma allo spazio Scena (in via degli Orti D’Alibert 1) dove insieme agli autori, interviene tra gli altri Francesca Re David, segretaria nazionale Cgil e porta i saluti Natale Di Cola, segretario Cgil Roma e Lazio. Autoprodotto dagli autori Ugo Roffi e Ludovica Schiaroli con il contributo della Camera del lavoro di Genova e dello Spi, è nato dall’idea di Luca Borzani, storico e intellettuale genovese, e di Antonio Caminito, sindacalista di lungo corso, entrambi amici e compagni di lotte di Sartori.

“Abbiamo voluto rendere omaggio alla sua figura – spiega Igor Magni, segretario generale della Camera del lavoro metropolitana di Genova - perché ci siamo resi conto che pur essendo passati pochi anni dalla scomparsa, il tempo rischiava di cancellare una pagina di storia sindacale importante per Genova di cui il sindacalista fu uno dei protagonisti. Il documentario racconta il suo modo di fare sindacato, in parte tratto dall’insegnamento di Bruno Trentin con il quale molto ha lavorato, che oggi ritrova vigore con il nostro segretario generale Maurizio Landini, e poi l’idea del sindacato di strada, presente tra le persone e non solo nei luoghi di lavoro. Molte cose sono cambiate da allora ma tante restano di una stravolgente attualità, a partire dal faticoso quanto inevitabile rapporto tra tutela del lavoro e ambiente”.

Scomparso nel 1996, ha rappresentato una novità per il panorama sindacale di quegli anni, un uomo e soprattutto un sindacalista fuori dagli schemi. La Genova degli anni Ottanta era la città industriale che non si interrogava tanto sull’ambiente ma sul futuro produttivo, dove la vecchia Italsider di Guido Rossa continuava a produrre inesorabile lavoro e inquinamento. “Io ero piccolo – ricorda ancora Magni – ma rivedo ancora la frustrazione di mia madre, casalinga, costretta a ritirare i panni stesi affinché la cokeria non li contaminasse con le sue polveri e ricordo bene anche l’orgoglio di mio padre che con il lavoro da operaio dell’Italsider ha mantenuto la famiglia”.

Sartori ebbe il coraggio e l’intuizione di cercare una terza via che facesse dialogare due mondi, quello operaio e quello dei neonati comitati, in prevalenza formati da donne, che lottavano per il diritto alla salute. Il film si snoda attraverso le testimonianze di alcuni protagonisti di quegli anni, come l’ex segretario generale Cgil Liguria Andrea Ranieri, Leila Maiocco, la portavoce dei comitati, Uliano Lucas che documentava quegli anni per immagini.

Il lavoro certosino degli autori ha permesso di ricostruire fedelmente una storia che non è quella di Sartori ma quella della città: insieme alle immagini dell’oggi, il docufilm ha utilizzato materiale proveniente da molte fonti, l’archivio storico della Camera del lavoro di Genova e della Cgil nazionale, le Teche Rai e gli archivi privati di Pietro Perotti, Pier Milanese e Uliano Lucas.