L’incontro di Guglielmo con la Cgil avviene nel 1974 attraverso l’Esi, la casa editrice del sindacato di Corso d’Italia che nel 1982 evolverà poi nell’Ediesse. Giovanissimo e fresco di laurea ne assume la direzione e ne implementa, fra le altre, l’area della ricerca storica e politica curandone numerosi volumi fra cui, di grande importanza, quello dedicato alla figura e all’opera di Bruno Buozzi che Guglielmo arricchisce con un denso saggio introduttivo.

Dopo l’Esi, come è noto, Epifani assumerà poi altri incarichi di rilievo nell’organizzazione fino a diventarne segretario generale. Ed è nel corso degli anni 70 e 80 che fra noi matura un rapporto e una conoscenza che continueranno successivamente anche per una parte grande del periodo del mio impegno in Ediesse.

Il sindacalista Epifani era un intellettuale, un uomo di cultura che amava la ricerca ed i libri che ne sono strumento, convinto com’era che una prospettiva di cambiamento democratico e di progresso può esistere solo a condizione che corrette analisi di scenario consentano di assumere i giusti obiettivi e di esprimere le politiche economiche e sociali necessarie.

Così, prima e dopo il suo incarico di segretario generale della Cgil, Guglielmo è stato sempre attento ai programmi e all’attività di Ediesse, perché attraverso attraverso i libri e le riviste della casa editrice venissero messi a fuoco, in modo scientificamente solido e nello stesso tempo accessibile, i cambiamenti sociali ed economici e i loro riflessi sul mondo del lavoro, in modo da poter  concorrere alla rivalutazione sociale del lavoro stesso offrendo testi di approfondimento, di ricerca e di riflessione, a tutti quelli interessati ai suoi destini e a quelli delle organizzazioni che aspirano a rappresentarlo.

Questa attenzione è continuata anche durante il suo impegno di direzione dell’Associazione Bruno Trentin, in particolare in occasione della pubblicazione da parte di Ediesse, per i 150 anni dell’Unità d’Italia, dei tre volumi dell’antologia di poesie “Oh mia Patria. Versi e canti dell’Italia unita (1796-2011)”, opera di Vanni Pierini attraverso cui sono stati riletti oltre due secoli di storia patria, ordinando i brani selezionati in tre sezioni tematiche: Il racconto della storia; La questione sociale e il mondo del lavoro; Lo spirito del tempo.

Guglielmo ne colse subito la caratteristica fondamentale, il fatto cioè che l’antologia non volesse essere un’opera accademica, né di storia né di critica letteraria. La scelta era sta infatti di “usare” poesie, inni e canti popolari, canti folcloristici e di tradizione, canzoni d’autore e canzoni leggere per spiegare la storia e la cultura del nostro paese, componendo un’opera narrativa in versi che impiegava il rigore del lavoro scientifico non allo scopo di ‘selezionare’ i lettori, ma con l’obiettivo opposto: dimostrare che la cultura vera può (deve) evitare sia l’accademia sia la bassa demagogia, riuscendo ad abbattere le barriere tra ‘alto’ e ‘basso’, tra ‘addetti ai lavori’ e pubblico.

E così Guglielmo ebbe l’intuizione, e ne fu poi l’artefice, di realizzare sulla base dell’antologia di Vanni Pierini l’evento spettacolo sull’Italia unita, conclusivo dei tanti realizzati nel Paese dalla Cgil per quella ricorrenza, e che con lo stesso titolo di Oh mia Patria si tenne a Roma, all’Auditorium Parco della Musica, il 15 marzo del 2012, con la partecipazione di Giuliano Amato, di Susanna Camusso e dello stesso Guglielmo. Con la sua direzione fu organizzato un gruppo di lavoro che costruì l’evento, mettendo assieme soggetti diversi: Giovanni Minoli, che lo condusse e fornì i documenti filmati del suo programma “La storia siamo noi”; l’Accademia nazionale d’Arte drammatica “Silvio d’Amico” e il Conservatorio di Musica “Licinio Refice”, con i loro allievi per la lettura dei brani e l’esecuzione delle musiche.

Ecco, direi che con quel suo decisivo contributo all’invenzione e alla realizzazione dell’evento per i 150 anni dell’Unità d’Italia, è venuta anche a compimento l’attenzione verso Ediesse da parte di Guglielmo, sempre impegnato per consentire alla nostra confederazione di dire cosa intendiamo difendere dell’Italia e della sua ancor giovane storia; di spiegare come il mondo del lavoro abbia lasciato la sua impronta partecipativa egualitaria e democratica nella storia tormentata e tante volte opaca delle classi dirigenti del paese; di avanzare le sue proposte per il rinnovamento della società italiana.