Non disperdere la memoria. Continua ad essere questo il messaggio principale dell’attività dell’Anpi, l’Associazione nazionale dei Partigiani, come ricorda Gianfranco Pagliarulo, il presidente eletto circa due mesi fa, in una conferenza stampa online organizzata per presentare il nuovo progetto dedicato alla memoria dell’entrata dell’Italia nella seconda guerra mondiale, il 10 giugno del 1940. L’idea sarebbe stata quella di celebrare questo ottantesimo anniversario con un grande convegno a Roma nel giorno della ricorrenza. Poi il covid ha stravolto i programmi. Ma dalla cancellazione di quell’evento è nata l’idea di confezionare un video di poco più di due ore rivolto alle giovani generazioni. Rivolto agli studenti che spesso sono “privati della conoscenza della storia”. In concreto, l’idea è che i giovani possano fruire di questo video grazie agli accordi stretti con il ministero dell’Istruzione e con lo stato maggiore dell’esercito. Perché venga mostrato nelle scuole e nelle accademie militari.

“L’abbiamo fatto – ha detto Pagliarulo – perché viviamo in un tempo imbarazzante, nel quale, con vari mezzi, dichiarazioni, comportamenti, post sui social, pubblicazioni e libri si tenta una riabilitazione postuma del fascismo e di Mussolini e una delegittimazione della Resistenza. Questo è il punto essenziale. La rimozione di vent’anni di aggressioni imperialistiche, e dell’enorme responsabilità della guerra di aggressione. La nostra vuole essere una sorta di grande operazione verità, come quella che abbiamo promosso con l’archivio digitale partigiano, grazie al lavoro di Gad Lerner e Laura Gnocchi. Sollecitare la memoria attiva, perché non basta ricordare, ma occorre interpretare le lezioni del passato nel presente e sul presente. Ci rivolgiamo alle istituzioni, a partire dal Presidente della Repubblica, alle associazioni di volontariato, all’Italia migliore.

“La ricorrenza è una di quelle che merita una riflessione pubblica, assente in un paese travolto dalla pandemia e distratto da altre questioni, come tutta l’Europa”, ha detto il professor Paolo Pezzino, presidente dell’istituto nazionale Ferruccio Parri. “Ci troviamo da anni a fare i conti con un ridimensionamento della tragedia del fascismo che dimostra come questo paese abbia una memoria storica molto corta. Ricordare l’entrata in guerra vuol dire ricordare quella che è stata la tragedia definitiva per il paese, ma che comincia molto prima, da quando il fascismo salì al potere con la complicità delle vecchie classi dirigenti liberali, imponendosi con la forza e l’abolizione di tute le libertà politiche, sindacali e di pensiero, realizzando così per la prima volta un regime totalitario di destra. La tragedia del ‘40 inizia nel ’22, perché nel fascismo erano già presenti tutti i germi del nazionalismo e del militarismo che la genera. E le guerre del fascismo cominciano in Etiopia, continuano in Spagna a favore di Franco e sboccano con l’entrata in guerra del 1940 che fu la ripresa di vecchie idee espansionistiche di Mussolini”.

“Una realtà – ha detto Pezzino – che spazza via queste concezioni astoriche del fascismo come un regime da barzelletta, un blando autoritarismo che ha realizzato anche cose buone, se non fosse stato per la guerra e la persecuzione razziale. Una tesi sbagliata dal punto di vista storiografico.

Questo passaggio, l’entrata in guerra, avrebbe meritato molta più attenzione da mass media e opinione pubblica, anche e soprattutto perché permangono, tuttora, sacche di nazionalismo che ritengono la guerra non una tragedia da evitare fino in fondo, come dice la nostra Costituzione, ma come un qualcosa che dimostra eroismo e virilità dei popoli e degli stati”.

Alla conferenza stampa assente per impegni sopraggiunti il ministro delle Attività Culturali, Dario Franceschini, che ha inviato un messaggio di buon lavoro. “Con l’ANPI – ha scritto il ministro – siamo impegnati a realizzare il Museo Nazionale della Resistenza di Milano, su cui stiamo lavorando, e che diventerà un altro luogo di conservazione e di trasmissione della memoria ai giovani. È importante che ci sia un museo nazionale per ricordare alle future generazioni ciò che hanno fatto le nostre madri e i nostri padri per ridare all’Italia la libertà”.

(Il video è visibile QUI)