Come afferma lo stesso autore Daniele Biacchessi, che attraverso varie forme d’espressione, dal teatro alla musica passando per la scrittura, racconta e denuncia i lati più oscuri della storia italiana da decenni, questo suo ultimo titolo “Un attimo quarant’anni. Vite e storie della strage alla stazione di Bologna” (Jaca Book, pp.200, € 20) è forse il più compiuto. Di certo si tratta di un lavoro completo, per la ricchezza e l’importanza delle informazioni contenute, congiunte alla fluidità della narrazione.

Il libro riprende il filo ininterrotto di una ricerca portata avanti da subito, dai primi giorni successivi alla tragica giornata del 2 agosto del 1980, quando l’orologio della stazione di Bologna fermò le sue lancette alle ore 10,25, il momento dell’esplosione che causò la morte di 85 persone, ferendone oltre 200. Biacchessi ne diede già conto in un volume pubblicato nel 2001 per l’editore Pendragon, “Un attimo ...vent’anni”, che in particolare si soffermava sull’attività svolta dall’Associazione familiari vittime della strage. Non a caso, vent’anni dopo, la postfazione a questa nuova proposta editoriale è un’intervista a Paolo Bolognesi, presidente dell’Associazione, che risponde così a una domanda dell’autore:

In questi quarant’anni abbiamo fatto una strada lunga, e proprio perché abbiamo camminato uniti, tante vittorie sono state ottenute. Alcuni esempi. “Depistaggio” era solo un termine giornalistico, adesso è un reato penale. “Strage fascista” era solo una scritta su una lapide che qualcuno per altro voleva cancellare, ora è una verità storica e giudiziaria incontestabile, resa possibile dall’impegno di magistrati onesti e rigorosi e dalla vigilanza democratica della cittadinanza”.

Non solo. Agli esecutori materiali individuati nel corso di tre diversi processi, vale a dire Giusva Fioravanti e Francesca Mambro (condannati nel 1995), Luigi Ciavardini (condannato nel 2007) e Gilberto Cavallini (condannato dalla corte d’Assise lo scorso 9 gennaio), tutti e quattro ex appartenenti ai Nar, oggi si aggiunge “la primula nera” di Avanguardia Nazionale Paolo Bellini, nell’ambito delle indagini della Procura di Bologna, che si sono concentrate in particolare sui flussi di denaro circolati nei mesi precedenti l’attentato.

Questo filone di indagini viene ben ricostruito in uno dei capitoli conclusivi, “L’inchiesta sui mandanti”, dove si parte dal lavoro svolto dai magistrati di Milano Giuliano Turone e Gherardo Colombo sin dal 1981, che conduce ai rapporti occulti tra Michele Sindona e Licio Gelli, per arrivare all’appunto “G19” ritrovato recentemente tra le carte dello stesso Gelli, che ricompone l’intera tracciabilità del Conto corrente  “Bologna - 525759 - X.S.”. Un passaggio che Biacchessi sintetizza perfettamente:

I finanzieri documentano flussi di denaro che attraverso complicate operazioni bancarie partirebbero da conti riconducibili a Licio Gelli e Umberto Ortolani, destinati, indirettamente, al gruppo dei NAR, a Federico Umberto D’Amato, (Direttore dell’Ufficio Affari Riservati del Ministero dell’Interno, tessera P2 n.554), ), e Mario Tedeschi (direttore della rivista di destra “Il Borghese”, tessera P2 n.853)”.

Questo per rendere giustizia, mentre il cuore del libro è dedicato alle 85 vittime della strage, alle loro esistenze, le loro quotidiane esistenze, vite semplici come quelle di ognuno, fatte di sogni e speranze di una calda mattina d’agosto, mentre ci si prepara a qualche giorno di riposo, o a spostarsi per motivi di lavoro, o per ricongiungersi con qualche affetto. Ed è in questa descrizione, in questo raccontare la biografia di coloro che alla Stazione di Bologna trovarono l’appuntamento con la morte, che il lettore viene posto di fronte alla tragedia che si è consumata, a tutta la sua atrocità. Alla sua indelebile violenza.

Scorrendo i nomi, e le storie che ci sono dietro quei nomi, ci si rende conto che l’unica strada da percorrere continua ad essere quella indicata da Paolo Bolognesi, vale a dire far emergere in maniera assoluta l’inoppugnabile verità, riconosciuta da tutti, per restituire un po’ di pace a chi è ancora in vita. e una memoria su cui costruire un altro futuro.