Chi ha conosciuto Piero Manni e il suo lavoro editoriale sa bene che la sua perdita riguarda tutti noi. Se non si sconfinasse nella retorica più banale, si dovrebbe scrivere che viene a mancare un servitore del Paese, una persona che nel corso della sua esistenza ha deciso di dedicare anima e corpo al rapporto con gli altri.

Nato nel 1944 nel cuore del Salento, l’esperienza di insegnante prima nelle scuole medie, poi per vent’anni nelle carceri, lo porta nel 1984 a fondare l’omonima casa editrice insieme ad Anna Grazia Doria, dando così vita a un’avventura editoriale unica nel suo genere, dove troveranno spazio anche libri di suo pugno, con lo sguardo rivolto alla terra d’origine, alle sue bellezze e le sue contraddizioni, e non solo.

Basti pensare a “Salento Salento”, una raccolta di racconti nella quale giusto vent’anni fa viene descritto con leggerezza e profondità un territorio sconvolto dal modello di sviluppo capitalistico come emblema dell’intero Mezzogiorno, con i suoi squilibri sociali, la presenza asfissiante della criminalità organizzata, mescolando così alla narrativa della memoria la riflessione politica, frutto anche del suo impegno come consigliere regionale, e ancora oggi come presidente emerito dell’Anpi Salento.

La Manni Editori è stata in questi decenni un riferimento irrinunciabile per chi avesse desiderio o esigenza di confrontarsi con il mondo dei libri, offrendo uno spazio attento e libero a tanti autori e numerosi generi, a cominciare dalla poesia, che di spazi editoriali, soprattutto negli ultimi anni, ne ha sempre guadagnati ben pochi.

I nomi sono quelli presenti sin dal primo titolo, “Segni di poesia/lingua di pace”, che mette insieme tra gli altri i versi di Mario Lunetta, Francesco Leonetti, Giorgio Caproni, Mario Luzi, Alfredo Giuliani, Antonio Porta, Paolo Volponi, Andrea Zanzotto, Edoardo Sanguineti: una scelta, quella della proposta poetica, che da subito evidenza le aderenze culturali e il coraggio editoriale, attraverso firme che da quel momento in poi entreranno a far parte del catalogo Manni (composto da oltre 1700 titoli), senza dimenticare l’attenzione riservata alla sofferta creatività di Alda Merini, ulteriormente testimoniata pochi mesi or sono dall’uscita di una corposa biografia curata dalla penna della figlia più grande della poetessa tra le più amate del secolo scorso.

Sul terreno della prosa, saggistica compresa, la scelta è altrettanto vasta, e varia dalla narrativa alla critica letteraria, ospitando la storia irripetibile di una donna italiana come Lidia Menapace, o la nuova edizione del “Diario tedesco” di Franco Fortini, o ancora Edoardo Sanguineti, in un’elegante confezione in copertina nera per un fascinoso viaggio nella cultura letteraria attraverso un originale “Atlante del Novecento italiano”, per arrivare alle più recenti pubblicazioni tra cui “Tina Anselmi. La Gabriella in bicicletta”, in omaggio alla gioventù partigiana di un’altra grande figura femminile, e “Alla voce cultura”,  il diario “sospeso” dell’ex ministro Massimo Bray, ancora una volta a certificare lo sguardo ampio e allo stesso tempo concreto di un editore insieme passionale e discreto, estremamente competente e determinato.

Per questo la sua perdita ci riguarda tutti, pur consapevoli che la famiglia e il resto della redazione, a cominciare dalla figlia Agnese, continueranno a portare avanti un lavoro divenuto nel tempo indispensabile.