Da qualche mese sulla scrivania naviga qui e là una copia de “La strage di Stato”, con la sua inconfondibile copertina a sfondo rosso firmata Sergio Barletta, la bandella gialla impressa in testa che recita  “quarta edizione-60.000 copie”, dopo che le prime tre, tra il giugno e il settembre del 1970, andarono letteralmente a ruba.

Un libro rispolverato dagli scaffali in occasione dei 50 anni dalla strage di Piazza Fontana, il 12 dicembre scorso, trattandosi di una “controinchiesta”, come indica il sottotitolo, pubblicata come fosse una sorta di instant-book ante litteram da “Samona’ e Savelli”, i cognomi rispettivamente di Giuseppe e Giulio, morto in queste ore all’età di 78 anni a Roma, dove la casa editrice nacque nel 1963, al civico 2 della sede in Lungotevere degli Altoviti, da dove Giulio Savelli, rimasto il solo responsabile dalla fine degli anni Sessanta, iniziò a proporre una serie di titoli (oltre un migliaio) rimasti nella storia della “nuova sinistra” italiana.

Un lavoro intenso e unico nel suo settore, da editore vero, editore puro, che ebbe il suo improvviso riconoscimento qualche anno dopo, nel 1976, con il lancio della collana “Il pane e le rose”, la cui prima uscita venne battezzata da “Porci con le ali”, uno squarcio generazionale che aprì la strada, seppur con altre declinazioni, alla stagione fervida e tragica del Movimento del ’77. Il libro di Rocco e Antonia, pseudonimi di Marco Lombardo-Radice e Lidia Ravera, si rivelò un clamoroso successo editoriale, che nel tempo ha venduto circa tre milioni di copie, tradotto in numerose lingue, e divenuto oggetto di culto anche grazie alla trasposizione cinematogafica, nell’anno successivo, da parte del regista Paolo Pietrangeli.

Ma la linea editoriale di Savelli seguiva orizzonti che spaziavano con creativa disinvoltura da un genere all’altro, basti ricordare titoli quali “Proletari senza rivoluzione” (1975), una ricerca di Enzo Del Carria suddivisa in cinque volumi sulla storia delle classi subalterne italiane, o la sceneggiatura del film “La ragazza di via Millelire” di Gianni Serra, ambientato a Mirafiori Sud, nell’estema periferia di Torino, la cui proiezione al Festival del Cinema di Venezia nel 1980 suscitò molto scalpore e altrettante polemiche.

Fondamentale anche la sua attenzione per il mondo delle riviste, a partire dalle esperienze della “Agenda Rossa” (1972) e della storica “Ombre rosse”, in cui Goffredo Fofi e altri si esercitavano già dal 1967 alla divulgazione di un cinema sconosciuto ai più, arrivando a “Il Leviatiano” (1976) e alla sperimentazione di “Calibano”, il semestrale dedicato alle ricerche di lingua e letteratura inglese e americana, diretta da Alessandro Portelli sino al 1983.

In questo breve viaggio tra i titoli di Savelli vanno ancora ricordate almeno altre due collane, di letteratura e musica: “Labirinto”, che raccolse autori come Charles Bukowski, Boris Vian, Doris Lessing, Paul Nizan e “Il trattato della vita elegante” di Honoré de Balzac;  e “La chitarra, il pianoforte, il potere”, costruita alternando scritti inediti e preziosi di Jimi Hendrix e Lucio Dalla, Lou Reed e Luigi Tenco, Bob Dylan e Bob Marley.

Per molti, dell’opera editoriale di Giulio Savelli la ciliegia sulla torta rimane la prima pubblicazione in lingua italiana di uno scritto di Ernesto Che Guevara. Per tutti, restano i libri di un editore indipendente davvero, e dunque libero, che ha costretto questo Paese a guardarsi negli occhi attraverso la forza della parola scritta, stampata su un foglio bianco.