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Altro che black friday. Nel venerdì degli acquisti a prezzi scontati, di nero ci sono solo le sostanze chimiche pericolose per la salute contenute negli abiti di Shein. Il recente report di Greenpeace Germania “Shame on you Shein!” ha analizzato alcuni dei capi più venduti dal colosso cinese e ha scoperto che un terzo degli indumenti, cioè 18 su 56, contenevano 11 sostanze considerate tossiche, e che la loro concentrazione superava i limiti stabiliti dalla legge. Si tratta quindi di vestiti illegali secondo la normativa europea, ovvero il Reach, il regolamento comunitario per le sostanze chimiche.
Plastificanti, ftalati, Pfas
L’organizzazione ambientalista ha rilevato la presenza di “plastificanti, ftalati e Pfas, i cosiddetti inquinanti eterni dalle proprietà idrorepellenti e antimacchia, noti per la loro correlazione con cancro, disturbi riproduttivi e della crescita, indebolimento del sistema immunitario”, si legge nel report.
Scarpe, abiti, giubbotti e pigiami per adulti e bambini. Concentrazioni eccessive di ftalati sono stati trovati in 14 prodotti, i Pfas hanno superato i limiti in sette prodotti, tutte giacche idrorepellenti. Presenti anche piombo e cadmio. Sostanze che secondo la normativa Ue presentano non solo rischi per la salute umana, ma anche per l’ambiente in quanto tossiche e difficilmente degradabili. E se disperse in mare e nell'aria possono distruggere ecosistemi e mettere in pericolo la biodiversità.
A rischio lavoratori, ambiente, consumatori
A essere a rischio quindi sono i lavoratori e l’ambiente nei Paesi di produzione, ma anche i consumatori finali attraverso il contatto con la pelle, il sudore o l’inalazione delle fibre degli indumenti che, una volta lavati o gettati via, possono inoltre contaminare il suolo e i fiumi ed entrare nella catena alimentare.
“Shein rappresenta un sistema guasto di sovrapproduzione, avidità e inquinamento – dichiara Moritz Jäger-Roschko, di Greenpeace –. Il gigante del fast fashion inonda il Pianeta di abiti di bassa qualità che, nonostante le promesse, continuano a risultare contaminati da sostanze chimiche pericolose. L’imminente black friday porterà ancora una volta questa follia della moda veloce all’estremo”.
Shein recidiva
Già nel 2022 la Ong aveva rintracciato sostanze chimiche pericolose oltre i limiti legali, l’azienda aveva ritirato gli articoli e si era impegnata a migliorare la gestione delle sostanze chimiche. “I prodotti segnalati nei test precedenti riappaiono in forma quasi identica, con le stesse sostanze pericolose – prosegue Jäger-Roschko –. Questi risultati dimostrano chiaramente che l’autoregolamentazione volontaria è inutile: per responsabilizzare davvero i produttori abbiamo bisogno di leggi anti-fast fashion vincolanti”.
363 milioni di visite
Shein.com è un vero colosso, è il sito di moda più visitato al mondo, con 363 milioni di visite mensili, più di Nike, Myntra e H&M messi insieme, e oltre mezzo milione di modelli. Continua a crescere: il suo fatturato è passato da 23 miliardi di dollari del 2022 a 38 miliardi nel 2024. Anche le sue emissioni sono quadruplicate negli ultimi tre anni. Basti pensare che il poliestere, un tessuto derivato dai combustibili fossili, rappresenta l’82 per cento delle fibre utilizzate da Shein.
Nonostante ripetute multe da milioni di euro, l’azienda continua a sfruttare scappatoie doganali e a violare le norme per la tutela dei consumatori e dell’ambiente, eludendo i controlli sulle sostanze chimiche e contribuendo a generare enormi quantità di rifiuti tessili.
Quali divieti?
Ma esistono soluzioni? Greenpeace propone una legge ispirata alla normativa approvata in Francia che ha introdotto una tassa sul fast fashion, promosso l’economia tessile circolare e vietato la pubblicità della moda ultraveloce anche sui social.
La Ong chiede inoltre di applicare la legislazione europea sulle sostanze chimiche a tutti i prodotti venduti nell’Ue, compresi quelli online, di rendere le piattaforme legalmente responsabili di eventuali violazioni e di consentire alle autorità la loro sospensione in caso di ripetute inosservanze: soltanto una regolamentazione vincolante può proteggere la salute dei consumatori e gli ecosistemi di tutto il mondo.






















