Dopo cinque anni di scioperi, manifestazioni e proposte per fermare il cambiamento climatico, nonostante l’inazione dei governi e delle organizzazioni internazionali, i giovani dei Fridays for future tornano a scioperare per il clima in tutto il mondo. Appuntamento il 19 aprile in tante piazze ecologiste e il 20 a Milano per protestare in un contesto ben diverso da quello del 2019, quanto tutto è iniziato con i primi global strike di Greta Thunberg.

Per il clima e contro le guerre

“Riprendiamoci il futuro” sono le parole d’ordine della mobilitazione che quest’anno scende in piazza insieme ai movimenti palestinesi per chiedere anche un cessate il fuoco immediato e permanente in Palestina. “Gli interessi delle lobby fossili continuano a finanziare gli Stati responsabili di guerre, colonialismo e genocidi, come nel caso del Piano Mattei di Eni voluto dal governo Meloni” denuncia Martina Comparelli, attivista di Milano.

Il movimento climatico chiama a raccolta tutte le realtà che lottano per la giustizia climatica e sociale, per la costruzione di un futuro condiviso e più equo per tutti. “Abbiamo bisogno di riprenderci il futuro – aggiunge Comparelli -. Di agire per il benessere collettivo, fermando i progetti fossili e realizzando qui come altrove una transizione a pianificazione democratica”.

Ora e sempre resistenza

In Italia il Global climate strike lancerà due tematiche. Prima, la resistenza climatica: all’inazione del governo, ai fenomeni naturali estremi che aumentano di frequenza e intensità, all’economia della guerra che imperversa. “È un’idea di nuova resistenza, con un legame temporale con il 25 aprile – spiega Emanuele Genovese, ufficio stampa e attivista di Fridays for future -. L’attuale situazione ci mostra come ci sia una saldatura tra economia di guerra ed economia delle fossili. E a livello europeo una parte degli investimenti destinati alla transizione e al Green Deal sono stati dirottati per progetti di riarmo e per la spesa bellica”.

Soluzioni a portata di mano

L’altro filone è quello positivo: immaginare soluzioni alla crisi climatica e proporle come alternative alle scelte attuali. In cima a tutte lo sviluppo delle comunità energetiche, per cui se ne chiede una in ogni comune.

“Il nostro focus sono i green jobs, i lavori climatici – prosegue Genovese -. Pubblicheremo uno studio realizzato da un gruppo di ricercatori che partono dall’analisi del settore del trasporto pubblico per calcolare le capacità occupazionali offerte dalla riconversione, in risposta alle crisi industriali contemporanee, dalla Mirafiori di Torino alla Marelli di Crevalcore, un altro dei pezzi di filiera dell’auto italiana in crisi. Non basta sostituire le auto (da motore endotermico a elettrico, ndr), bisogna puntare sulla mobilità pubblica. Non riusciremo mai a garantire l’occupazione puntando tutto sull’automotive”.

Territorio per territorio

Anche se lo sciopero è globale, in Italia in ogni territorio le iniziative sono legate alle specificità locali. A Napoli in vista degli appuntamenti del G7 Esteri, la mobilitazione è connessa alle rivendicazioni per la pace a Gaza e in Ucraina. A Pisa è allacciata alla proposta di legge regionale che vuole favorire la creazione di consorzi che supportino processi industriali alternativi.

E ancora. A Firenze insieme agli studenti sfileranno gli operai dell'ex Gkn, la fabbrica di semiassi per automobili occupata da due anni. A Pavia, dove la mobilitazione è incentrata sul trasporto pubblico locale, lo sciopero prende la forma della critical mass. A Venezia si protesta contro l’inceneritore. A Bologna alla manifestazione si uniranno i dipendenti della Marelli di Crevalcore.

Mentre gli studiosi ci dicono che lo scorso marzo è stato il decimo mese di fila più caldo di sempre e in Europa la direttiva sulle case green è stata approvata con il voto contrario del nostro Paese e dell’Ungheria, per lo sciopero del clima le istanze del lavoro e dell’ambiente sfilano a braccetto.