Mercoledì 24 gennaio è stato pubblicato il decreto che definisce gli incentivi per gli impianti a fonti rinnovabili per autoconsumo collettivo. Il provvedimento arriva dopo una lunghissima attesa, che ha di fatto bloccato lo sviluppo delle Comunità energetiche rinnovabili (Cer).

Entro 30 giorni dall’entrata in vigore del decreto, il ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica dovrebbe approvare anche le regole operative per l’accesso ai benefici ed entro 45 giorni il Gestore dei servizi energetici (Gse) dovrebbe avviare la piattaforma per l’invio delle richieste di incentivazione, chiudendo così l’iter normativo.

Per promuovere lo sviluppo delle Comunità energetiche rinnovabili, e dell’autoconsumo collettivo, il provvedimento individua due strumenti: la tariffa incentivante e il contributo a fondo perduto fino al 40%. I due benefici sono cumulabili.

La tariffa incentivante sarà riconosciuta dal Gse per un periodo di 20 anni. È compresa tra 60 euro/MWh e 120 euro/MWh, in base alla taglia dell’impianto e al valore di mercato dell’energia. Per gli impianti fotovoltaici è prevista un’ulteriore maggiorazione fino a 10 euro/MWh secondo la localizzazione geografica.

Gli incentivi, pari a 3,5 miliardi di euro, saranno erogati solo fino al raggiungimento di un contingente di potenza incentivata pari a 5 GW, e fino al 31 dicembre 2027. La Cgil, in consultazione, aveva già contestato l’ipotesi del ministero di porre il limite di 5GW. Troppo poco, considerato che il Piano nazionale integrato per l’energia e il clima (Pniec) prevede, per il 2030, una potenza installata di energia solare di 52 GW e che la superficie idonea sui tetti a ospitare potenza fotovoltaica è fra i 70 e i 92 GW, senza nessun consumo di suolo (dati Ispra).

Le comunità energetiche e i sistemi di autoconsumo sono strumenti eccezionali per produrre energia da fonti rinnovabili. Il loro sviluppo dovrebbe essere un interesse strategico nazionale, perché contribuiscono alla mitigazione del cambiamento climatico, al miglioramento delle condizioni di salute, alla sicurezza energetica, al contenimento delle tariffe energetiche, alla competitività delle imprese, al contrasto alla povertà energetica.

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Altro punto critico del decreto è quello che riguarda i contributi fino al 40% per lo sviluppo di comunità energetiche e autoconsumo collettivo nei Comuni con popolazione inferiore ai 5 mila abitanti, attingendo alle risorse del Pnrr (2,2 miliardi di euro), con un tetto di 2GW e del 30 giugno 2026. Sbagliato intervenire solo nei piccoli Comuni: la Cgil aveva proposto di allargare il sostegno anche alla realizzazione in Comuni con popolazione superiore ai 5 mila abitanti e nelle città metropolitane, finalizzandoli al contrasto della povertà energetica nei quartieri a maggior disagio economico e nelle case di edilizia popolare pubblica.

In ogni caso, pur con i limiti evidenziati, la pubblicazione del decreto e dei successivi provvedimenti richiamati in apertura dovrebbe definire il quadro di riferimento per poter finalmente riaprire la partita delle Cer e dell’autoconsumo collettivo da fonti rinnovabili, di fatto bloccato dall’incertezza normativa sugli incentivi. In più, alcune Regioni stanno prendendo iniziative per sostenere lo sviluppo delle comunità energetiche attraverso finanziamenti con fondi europei e regionali.

Alcuni esempi? Il Veneto ha emesso un bando da 1 milione di euro per sostenere le comunità energetiche, la Sardegna ha stanziato dieci milioni di euro per sostenere l’avvio di nuove comunità energetiche da fonti rinnovabili nei Comuni della regione, la Campania utilizza le risorse europee per sostenere le aziende per progetti di efficientamento energetico, e così via.

La Cgil crede molto nelle potenzialità delle Comunità energetiche rinnovabili e dell’autoconsumo. In particolare, le Cer sono un modello di produzione di energia pulita, decentrato e democratico, garantito dal coinvolgimento attivo dei membri della comunità, che può contribuire a creare un senso di appartenenza e favorire lo sviluppo di relazioni sociali positive e solidali.

Per queste ragioni abbiamo creduto, e crediamo, che le Comunità fossero di straordinario interesse per un sindacato come il nostro che ha deciso di sviluppare una contrattazione per lo sviluppo sostenibile a livello territoriale e aziendale, costruendo vertenze e piattaforme per rispondere alle sfide climatiche, ambientali e sociali.

Già più di un anno abbiamo organizzato una serie d’incontri di approfondimento rivolti alle nostre strutture e pubblicato una guida pratica con le indicazioni operative, per promuovere un ruolo attivo della Cgil per far crescere le Cer, con l’auspicio di sviluppare entro quattro anni almeno una Comunità in ogni Camera del lavoro territoriale o sotto la promozione della nostra organizzazione attraverso la contrattazione con gli enti Locali e nei posti di lavoro. Aspettiamo dunque gli ultimi provvedimenti regolatori, che verranno analizzati in un incontro specifico dedicato.

Simona Fabiani è responsabile Cgil nazionale delle Politiche per il clima, il territorio, l'ambiente e la giusta transizione