Pronuncia storica della Corte internazionale di giustizia emessa il 23 luglio: gli Stati devono affrontare la “minaccia urgente ed esistenziale” del cambiamento climatico, collaborando per limitare le emissioni di gas serra. “I trattati sul cambiamento climatico stabiliscono obblighi rigorosi” e non rispettarli può costituire una violazione del diritto internazionale. In pratica i giudici dell’Aja, nei Paesi Bassi, hanno stabilito che chi inquina deve pagare per i danni climatici.

Non era affatto scontato. Il parere è arrivato dopo sei anni di quella che è stata definita la causa climatica del secolo. Il principio fissato non è vincolante ma è destinato a fare giurisprudenza: se uno Stato viola gli obblighi climatici assunti, compie un atto illecito internazionale e se deve assumere la responsabilità.

Giustizia climatica

“Due sentenze fondamentali per ottenere giustizia climatica e protezione dei diritti umani – afferma Simona Fabiani, responsabile politiche per il clima, il territorio, l’ambiente e la giusta transizione della Cgil -. Prima la sentenza di due giorni fa della Corte di Cassazione sul ricorso di Greenpeace e Re Common contro Eni, Cdp e Mef che ammette la possibilità di sottoporre a processo, anche nel nostro Paese, chi inquina e contribuisce alla crisi climatica”.

“L’altra è la sentenza di ieri della Corte internazionale di giustizia – aggiunge Fabiani - che sancisce la responsabilità degli Stati per le violazioni illecite di obblighi internazionali in materia di clima, vincolandoli legalmente a ridurre le proprie emissioni di gas serra e a risarcire coloro che già ne subiscono le conseguenze. Due pronunce che puntano a rendere vincolanti gli impegni climatici e a colpire le responsabilità di chi non li rispetta anche con il risarcimento di chi ne subisce i danni. Per la Cgil è un passaggio fondamentale per ripristinare la giustizia climatica e il rispetto del principio chi inquina paghi”.

Conseguenze dirompenti

Le conseguenze giuridiche della pronuncia della Corte dell’Aja potranno essere dirompenti. Prima fra tutte, la riparazione integrale agli Stati lesi sotto forma di restituzione, indennizzo e soddisfazione, a condizione che possa essere dimostrato un nesso causale sufficientemente diretto e certo tra l’atto illecito e il danno.

Quindi la compensazione economica potrà essere riconosciuta se si riesce a dimostrare il collegamento tra le emissioni di gas serra da parte di uno Stato e l’evento meteorologico estremo che ha colpito un altro.

Il parere unanime, 130 pagine lette dal presidente della Corte internazionale, il giapponese Yuji Iwasawa, apre quindi la strada alle cause climatiche che peraltro da tempo si moltiplicano nel mondo e che hanno già prodotto diverse pronunce.

Dall’arcipelago Vanuatu all’Aja

Tutto merito di un gruppo di giovani attivisti del Pacific Island Students Fighting Climate Change, che ha avuto un ruolo determinante nella campagna per arrivare a questa risoluzione, fin dal 2019: hanno spinto Vanuatu, un arcipelago del Pacifico che conta appena 300mila abitanti, a intentare la causa che ha chiesto alla Corte quali responsabilità hanno gli Stati nell’affrontare il cambiamento climatico. Un percorso lungo e tortuoso che ha visto unire le forze dei giovani provenienti da Asia, Africa, America Latina ed Europa, organizzandosi come World’s Youth for Climate Justice e fare pressioni sui rappresentanti statali.

Non è un caso che l’iniziativa sia partita proprio da lì: le isole del Pacifico sono in prima linea nel cambiamento climatico, nonostante siano responsabili di meno dell’1 per cento delle emissioni globali di gas serra. Nel suo rapporto del 2018, L’Ipcc, il gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico dell’Onu, ha aveva confermato che, se non verranno adottate misure drastiche a livello globale per ridurre le emissioni di gas serra, le isole del Pacifico cesseranno di esistere, minacciate dall’innalzamento del livello del mare, dal riscaldamento degli oceani e dall’acidificazione delle acque marine.

Una vittoria per il Pianeta

Dopo un lungo iter, si è arrivati alla pronuncia di ieri, accolta con favore dal segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres, che ha dichiarato che l'obiettivo dell'Accordo di Parigi sul clima deve essere la base di tutte le politiche climatiche. “Questa è una vittoria per il nostro Pianeta, per la giustizia climatica e per il potere dei giovani di fare la differenza – ha detto -. Il mondo deve rispondere”.