Oggi alle 5, ora di Dubai, è uscito il nuovo testo sul Global Stoketake, le pagine si sono ridotte a 21 e i contenuti, almeno sul punto cruciale dell’uscita dalle fonti fossili, non potrebbero essere peggiori. Sono state inserite tutte le opzioni più negazioniste che erano sul tavolo. Non c’è nessun riferimento all’uscita o alla riduzione delle fonti fossili, le parole petrolio e gas non sono nemmeno mai citate, si parla solo di riduzione nell’utilizzo del carbone, si fa esplicito riferimento a tutte le false soluzioni tecnologiche (CCS, idrogeno da fonti fossili, nucleare, ecc.), non c’è nessun rafforzamento delle azioni prima del 2030, si parla di eliminazione graduale dei sussidi alle fonti fossili inefficienti, come se ne esistessero alcuni utili ed efficaci (a meno che non si faccia riferimento ai profitti delle compagnie petrolifere e del gas).

C’è l’impegno a triplicare la produzione delle rinnovabili e raddoppiare l’efficienza energetica ma non sono finalizzate, come prevedeva una delle opzioni del precedente testo, a sostituire le fonti fossili. Il nuovo testo sul Global Stoketake suggerisce inoltre che le parti, quando agiscono per affrontare il cambiamento climatico, dovrebbero rispettare i diritti umani, il diritto a un ambiente pulito, sano e sostenibile, il diritto alla salute, i diritti delle popolazioni indigene, delle comunità locali, dei migranti, dei bambini, delle persone con disabilità e delle persone in situazioni vulnerabili e il diritto allo sviluppo, l'uguaglianza di genere, l'emancipazione delle donne e l'equità intergenerazionale.

È poco più di un consiglio e non fa nessun riferimento ai diritti del lavoro. Il punto 39 del testo, pur riconoscendo “la necessità di riduzioni profonde, rapide e durature delle emissioni di gas serra”, si limita solo a invitare le parti a intraprendere alcune azioni: triplicare la capacità di energia rinnovabile globale e raddoppiare il tasso medio di efficienza energetica entro il 2030; rapida eliminazione graduale del carbone e limitazioni nel consentire nuova produzione di energia elettrica da carbone; accelerare gli sforzi verso sistemi energetici a zero emissioni nette, utilizzando combustibili a zero e a basso contenuto di carbonio ben prima o intorno alla metà del secolo”.

E ancora: “Accelerazione delle tecnologie a zero e basse emissioni, comprese, tra l'altro, le rinnovabili, il nucleare, le tecnologie di abbattimento e rimozione, comprese la cattura, l'utilizzo e lo stoccaggio del carbonio e la produzione di idrogeno a basse emissioni di carbonio, in modo da potenziare gli sforzi verso la sostituzione dei fossili, senza abbattimento delle emissioni, nei sistemi energetici; ridurre sia il consumo che la produzione di combustibili fossili, in modo giusto, ordinato ed equo in modo da raggiungere lo zero netto entro, prima o intorno al 2050, in linea con la scienza; accelerare e ridurre sostanzialmente le emissioni diverse dalla CO2, comprese, in particolare, le emissioni di metano a livello globale entro il 2030; accelerare la riduzione delle emissioni derivanti dal trasporto su strada attraverso una serie di percorsi, compreso lo sviluppo delle infrastrutture e la rapida diffusione di veicoli a zero e a basse emissioni; eliminazione graduale degli inefficienti sussidi ai combustibili fossili che incoraggiano lo spreco e non affrontano la povertà energetica o le semplici transizioni, il prima possibile”.

I negoziati proseguono a porte chiuse, forse domani mattina dovrebbe uscire un nuovo testo per arrivare alla plenaria di chiusura domani mattina alle 11. Se i contenuti dovessero restare questi segnerebbero definitivamente il fallimento del processo negoziale delle Cop, ormai soggiogate al volere dei “petrostati” e delle multinazionali fossili e che ignorano invece la scienza e la voce unanime dei popoli di tutto il Pianeta.

L’uscita dalle fonti fossili non è negoziabile, la scienza lo dice con chiarezza e dobbiamo agire fin da subito, accelerando le azioni prima del 2030 per arrivare alle emissioni nette globali nel 2050, ma molto prima nei Paesi con un’industrializzazione più datata che hanno maggiori responsabilità storiche e pro-capite. Serve anche una finanza riparativa per sostenere i Paesi più poveri nello sviluppo sostenibile, garantendo giustizia ed equità.

Queste risorse devono essere aggiuntive e non creare nuovo debito. Anche i negoziati sul programma di lavoro per la giusta transizione vanno molto male. L’Arabia Saudita ha bloccato la discussione perché non accetta il riferimento al rispetto dei diritti umani nel testo. Questa presa di posizione ha impedito di proseguire il confronto sugli altri punti sui quali ancora non c’era accordo, per cui il negoziato potrebbe concludersi senza consenso ed essere rinviato a giugno a Bonn, nei negoziati preparatori per la prossima Cop.

È uscito anche il nuovo testo sull’obiettivo di adattamento che andrà attentamente valutato. Mancano poche ore alla conclusione dei negoziati. Stamani in plenaria si sono riunite le varie anime del movimento per la giustizia climatica: sindacati, giovani, donne, popoli indigeni, contadini. Siamo noi l’unica speranza per cambiare questo sistema capitalista malato, fermare le guerre, lo sfruttamento delle persone e della natura. Il processo negoziale deve essere riformato per consentire un processo democratico e dare voce a lavoratori e alle comunità.