Basta ripetere che si tratta di fenomeni estremi ed eccezionali. La pioggia che sta cadendo in Emilia Romagna e nelle Marche in queste ore, provocando vittime, allagamenti, dispersi e danni, appartiene alla categoria dei fenomeni sempre più frequenti, causati dai cambiamenti climatici. Gli scienziati ce lo ripetono da anni, oggi con una postilla: fermo restando la fluttuazioni di variabilità delle stagioni un anno con l’altro, negli ultimi tempi si stanno verificando eventi atmosferici che si attendevano fra trent’anni.

“Eravamo abituati alle previsioni del Colonnello Bernacca, con l'anticiclone delle Azzorre e le deboli perturbazioni di origine atlantica che portavano la classica variabilità primaverile in Italia e nel Mediterraneo, un giorno bello, uno brutto - ci spiega Antonello Pasini, fisico del clima del Cnr -. Oggi il riscaldamento globale di origine antropica ha cambiato non solo le temperature medie, ma anche la circolazione nel nostro Mediterraneo”.

Che cosa sta succedendo?
Le correnti si stanno espandendo, circolano lungo le direttrici Sud-Nord e Nord-Sud, si muovono più lentamente e diventano più stazionarie, cioè rimangono per tanti giorni su uno stesso territorio. Quando le correnti vanno da Nord a Sud, l’incontro con un mare più caldo rispetto al passato crea contrasto termico e quindi precipitazioni più intense e violente che permangono a lungo nello stesso posto. Nel caso di piogge, queste hanno il tempo di scaricarsi maggiormente su una medesima zona, creando condizioni alluvionali. Ecco cosa sta accadendo in Emilia Romagna.  

Però questo non accade tutti gli anni, nello stesso periodo e nello stesso territorio. Perché?
Si tratta di episodi che sono sempre più frequenti e che lo saranno sempre di più nel prossimo futuro, una tendenza climatica che è abbastanza evidente nel Mediterraneo. La variabilità resta: una volta a marzo, un’altra a maggio. L’alluvione di questi giorni fa scalpore perché stanno cadendo centinaia di millimetri di pioggia su un territorio vastissimo, e perché si stanno verificando tanti danni, mentre siamo abituati a temporali localizzati magari in una vallata appenninica.

Che cosa possiamo e dobbiamo fare?
Dobbiamo adattarci a situazioni di questo tipo perché con le temperature non torneremo indietro, anzi. Speriamo di rimanere su 1,5-2 gradi centigradi di riscaldamento del Pianeta ed evitare scenari di 2, 3 o 4 gradi, in cui sarebbe difficilissimo per noi difenderci. Bisogna adottare soluzioni nell’ottica del lungo periodo e basate sulla natura. Se un fiume esonda, alziamo gli argini, ma se il livello dell’acqua aumenta ancora, saremo costretti ad aumentare ulteriormente gli argini. Ma così non risolviamo il problema.

E quindi?
Quindi se un fiume deve esondare, lasciamogli spazio, troviamo un modo per cui quando succede non crei danni né morte, non costruiamo in prossimità del suo alveo magari in maniera abusiva, anche se questo non è il caso dell’Emilia Romagna. La cura del cemento blocca, impedisce all’acqua di essere assorbita dal terreno in profondità. Così la crisi energetica: per affrontare l’emergenza non si può pensare di riaprire le centrali a carbone aumentando la produzione di gas climalteranti ma bisogna puntare sulle rinnovabili. Dobbiamo trovare soluzioni che armonizzino le dinamiche umane con quelle naturali.

Lei ha lanciato la proposta di costituire un consiglio di esperti sul clima. Con quali funzioni?
Penso a un organismo composto da scienziati indipendenti, che abbia l’obiettivo di offrire consulenza a governo e parlamento su azioni e strategie che vadano nella giusta direzione e sia in grado di affrontare le emergenze in un orizzonte di medio-lungo periodo. Questioni come il cambiamento climatico richiedono obiettivi politici pianificati per anni o decenni. Su questi temi c’è bisogno di continuità e non di interventi spot.