Raccolti a rischio, centrali idro e termoelettriche che producono a scartamento ridotto o che si fermano, salute dei lavoratori a repentaglio in tutti i settori, dall’agricoltura all’edilizia, per affaticamento e colpi di calore. Le temperature record di queste settimane, più 1,1 grado centigrado da inizio anno rispetto alla media climatica del trentennio 1981-2010 secondo l’Ispra, e il calo drastico delle precipitazioni, meno 43 per cento, stanno suscitando allarmi anche sul fronte dell’occupazione. Specie in quella impiegata nei campi, dove le coltivazioni più esposte, pomodori, frutta, mais e riso, che necessitano di un approvvigionamento idrico significativo, sarebbero in pericolo.

Produzioni confermate
“Dagli incontri e dai monitoraggi che stiamo realizzando, quest’anno non si riscontrano problemi nelle produzione di ortofrutta – afferma Tina Balì, segretaria Flai Cgil nazionale -. L’unica sofferenza al momento è stata registrata con il mais, che richiede un quantitativo d’acqua superiore. Certo, molte campagne a causa del grande caldo sono state anticipate, dal pomodoro alla frutta, dai legumi ai piselli, che sono maturati prima. Ricadute occupazionali non ce ne sono, non nell’immediato almeno, però dobbiamo preparaci a gestirle, perché nei prossimi anni senza dubbio ci saranno”.  

Il valore annuo medio di risorsa idrica disponibile nell’ultimo trentennio 1991–2020 è ridotto del 19 per cento rispetto a quello relativo al trentennio 1921–1950, stimato dalla Conferenza nazionale delle acque tenutasi nel 1971 e che rappresenta il riferimento storico. La crisi idrica che stiamo vivendo non è la prima e non sarà l’ultima, è figlia di quel degrado del territorio di cui parlano anche i recenti dati del Global Land Outlook, il rapporto pubblicato dalla Convenzione delle Nazioni Unite sulla desertificazione: il 28 per cento del suolo italiano e il 40 per cento di quello terrestre sono colpiti da desertificazione e siccità.

Sorvegliate speciali
Le regioni osservate speciali in Italia sono Puglia, Sicilia, Sardegna ed Emilia Romagna, in particolare il bacino del Po, dove si produce il 40 per cento del Pil nazionale in agricoltura e il 55 per cento di quello per l’idroelettrico: senza l’acqua questi valori calano o scompaiono, oltre alla perdita della straordinaria biodiversità di questo corridoio. “Che in luglio e agosto ci sia caldo non è una novità – spiega Cristiano Pistone, segretario generale Flai Emilia Romagna -. La situazione straordinaria è quella che registriamo nel periodo invernale, con temperature di 3-4 gradi superiori alla media, poca pioggia e pochissima neve. Di conseguenza gli invasi sono scarsi, mentre alcuni territori come quello ferrarese, una provincia che si trova al di sotto del livello del mare, hanno chiesto in anticipo l’irrigazione ai consorzi di bonifica, che hanno dovuto derogare alle tempistiche previste dalla Regione”.

Alla ricerca di un equilibrio
I lavoratori dei consorzi sono in prima linea, impegnati sette giorni su sette per tenere in equilibrio i territori, nel caso di Ferrara per dare la possibilità a 4.600 chilometri di canali di portare l’acqua ai campi coltivati. Senza sosta e facendo davvero i salti mortali per non fare mancare l’acqua dove serve. “Quasi tutti gli invasi in regione lavorano per garantire la produzione di energia elettrica – conferma Francesco Di Salvo, segretario generale Filctem Lombardia - e allo stesso tempo un certo quantitativo di acqua nei laghi, affinché non vadano al di sotto di una determinata soglia, e nei canali che alimentano l’agricoltura, nel tentativo continuo di conciliare le tante indispensabili esigenze”.

C’è poi il problema del cuneo salino del delta del Po che a causa della mancata pioggia è risalito di oltre 30 chilometri dalla costa: anche qui intervengono pompe e impianti dei consorzi di bonifica. “Si sta cercando di salvare il raccolto, non solo pere e mele, ma anche soia, girasoli, le pompe spostano l’acqua da un invaso all’altro, da est a ovest, per garantirla nel limite del possibile a tutti – dice Dario Alba della Flai Cgil Ferrara -. Se ci saranno impatti occupazionali? Sulla raccolta delle mele lo vedremo presto, ad agosto e settembre”.

Invasi a metà in Sicilia
Il discorso è diverso in Sicilia, dove gli invasi e le dighe ci sono ma non sono regolamentari, spesso non sono collaudati, e quindi non possono essere riempiti a pieno carico. “È un grande paradosso, perché qui l’acqua manca ma la buttiamo perché non possiamo fare andare gli impianti a regime – spiega Tonino Russo, segretario generale Flai Cgil Sicilia -. Così finisce presto e i raccolti rischiano di morire. Vigneti, uliveti, anche agrumeti, nel siracusano, ragusano, trapanese. Senza contare che il 40 per cento del territorio regionale non è servito da reti idriche per l’irrigazione e che dove ci sono, più della metà di quello che viene immesso si perde per strada. Il Pnrr? Nessuno dei 31 progetti per il rifacimento e l’ammodernamento delle reti è stato ammesso perché non avevano i requisiti del bando nazionale: abbiamo perso 450 milioni di euro e un’occasione unica”. Per quanto riguarda il calo dell’occupazione oggi non è possibile averne contezza, perché gli elenchi anagrafici dei lavoratori agricoli vengono forniti dall’Inps l’anno successivo.

Dall’affaticamento al collasso
Nel frattempo, cronache e sindacati segnalano casi di lavoratori di diversi settori che si sentono male per il troppo caldo, svenimenti, collassi. “La salute viene prima di tutto e se non è possibile organizzare turni nelle ore meno calde, bisogna garantire pause, protezione dal sole, corretta idratazione e ventilazione - dichiara Alessandro Genovesi, segretario generale Fillea Cgil -. Comunque sempre quando si registrano o si percepiscono temperature sopra i 35 gradi, le aziende devono sospendere i lavori, potendo usufruire della cassa integrazione ordinaria. Invitiamo quindi tutte le imprese, i consulenti oltre che ovviamente i lavoratori a mettere la sicurezza sempre al primo posto”.

Cassa integrazione per gli edili
Nei giorni scorsi sono state diffuse le linee guida dell'Inail, e il sindacato degli edili ora chiede anche all'Inps di attivarsi a livello nazionale e locale per informare il maggior numero di aziende e consulenti della disponibilità di questo strumento, la Cigo per temperature elevate, che può essere richiesto attraverso una procedura molto semplice. Senza contare che la sospensione può essere disposta anche dal responsabile della sicurezza in cantiere o dell'azienda, nel caso ritenesse a rischio la salute dei lavoratori, con l'automatico riconoscimento della cassa Integrazione. “Con i picchi di calore nei cantieri, così come nelle cave o nelle fabbriche, i malori sono sempre più frequenti, come purtroppo gli incidenti gravi, gravissimi e mortali - aggiunge Genovesi -, causati direttamente o indirettamente dalle condizioni climatiche estreme'.

Le stesse che patiscono quanti lavorano all’aria aperta nel settore dell’agricoltura, tant’è vero che ultimamente si anticipano gli orari, si va in campagna anche di notte, quando l’afa ancora non si fa sentire. “Alcune regioni hanno emanato ordinanze in proposito – conclude Balì -, ma è necessario che le pause nelle ore più calde della giornata, condizioni più vantaggiose, dispositivi come scarponi, abbigliamento giusto, cappello e acqua vengano inseriti nei contratti nazionali e in quelli provinciali. Ci stiamo lavorando, qualcosa l’abbiamo già ottenuto”.