L'inquinamento atmosferico toglie due anni di aspettativa di vita ad ogni abitante della Terra. Al Nord l’estate è diventata bollente: alle Svalbard si toccano record di caldo mai registrati prima, la Siberia brucia e l'intero Artico è sempre più a rischio. E se guardiamo al nostro territorio, scopriamo che quasi il 50 per cento delle coste sabbiose è soggetto a erosione, che negli ultimi 50 anni si è mangiata 40 milioni di metri quadrati di spiagge. Report e news sull’ambiente ci restituiscono un quadro fatto di crisi ed emergenze, di allarmi e catastrofi, e talvolta qualche buona notizia. Mentre l’Istat ci dice che il lockdown ha avuto effetti positivi sull’inquinamento con una riduzione del 2,6 per cento delle emissioni climalteranti, a fronte di un impatto negativo sulle attività economiche nel periodo 25 marzo-3 maggio, da tante parti si guarda alla ripartenza come a un’occasione irripetibile per imboccare la strada del green.

“Deve esserlo per forza, perché l’obiettivo del rilancio green ce lo impone l’Europa con buon parte delle risorse del Next Generation Eu e della programmazione comunitaria – afferma la vicesegretaria generale della Cgil Gianna Fracassi -. La crisi climatica e ambientale sta trasformando l’opinione pubblica, anche grazie alla mobilitazione dei ragazzi e delle ragazze, una maggiore consapevolezza sulla necessità di cambiare il modello produttivo, strada sulla quale si sono già incamminati alcuni grandi Paesi, la prospettiva europea, con la presidente della Commissione Ursula von der Leyen che ha avviato il suo incarico ponendo l’accento su questi temi, sono tre fattori che ci fanno dire che il Green Deal è prossimo alla realizzazione. Il nostro Paese dovrà quindi rafforzare il percorso di riconversione ecologica, pena non avere le risorse”.

E a ben vedere, gli italiani sono diventati più coscienti dell’emergenza ecologica che stiamo vivendo. Secondo la recente indagine Istat Multiscopo sulle famiglie: aspetti della vita quotidiana l’apprensione per i cambiamenti climatici che nel 1998 riguardava il 36 per cento degli intervistati nel 2019 ha raggiunto il 55,6% degli intervistati. Anche l’inquinamento dell’aria, seguito da quello del suolo, delle acque e delle foreste è in cima alle preoccupazioni ambientali dei connazionali, anche se questo non li rende  necessariamente virtuosi.

“Alla domanda: il nostro Paese è pronto? dobbiamo rispondere che abbiamo ancora tanta strada da fare – prosegue Fracassi -, soprattutto sul versante della progettazione e programmazione perché non abbiamo affrontato i temi del cambiamento climatico né sul fronte delle politiche economiche né su quello delle politiche industriali, a parte alcune lodevoli eccezioni. La pandemia da Covid-19 ha poi messo in evidenza che c’è un legame tra gli effetti del cambiamento climatico e l’emersione di nuove malattie: studi scientifici dimostrano la correlazione tra l’invasione e la cancellazione di pezzi di ambiente naturale e il fatto che ci ritroviamo inermi di fronte alla natura stessa”.

Risorse ed ecosistemi sono continuamente e sempre più minacciati dalle attività e dall’intervento dell’uomo, che ha alterato in maniera significativa i tre quarti delle terre emerse e i due terzi degli oceani, modificando a tal punto il Pianeta da determinare la nascita di una nuova epoca denominata Antropocene. Il rapporto pubblicato dal Wwf Pandemie, l’effetto boomerang della distruzione degli ecosistemi ha portato all’attenzione pubblica il collegamento tra intervento antropico e diffusione pandemica, interpretando le catastrofi a cui assistiamo non come calamità casuali ma la conseguenza del nostro impatto sugli ecosistemi naturali. E tra le azioni che hanno condotto all’esplosione dell’emergenza sanitaria su larga scala, il Wwf ha annoverato la deforestazione: le foreste, coprendo il 31 per cento delle terre emerse e rappresentando un rifugio per l’80 per cento della biodiversità planetaria, sono il nostro antivirus naturale, e la perdita di questo habitat è “responsabile dell’insorgenza di almeno la metà delle malattie infettive emergenti trasmesse dall'animale all'uomo”.

“Adesso è chiaro che il nostro modello di sviluppo deve cambiare e che dobbiamo superare la logica dei bonus temporanei, tenendo fermi quelli che aiutano ad efficientare le abitazioni private – aggiunge la vicesegretaria generale Cgil Fracassi -. Ma è sbagliato affidare a incentivi o sussidi di varia natura la responsabilità delle scelte strategiche sul versante dello sviluppo. la trasformazione della mobilità, del modello energetico, dei sistemi e delle modalità di produzione non può essere lasciata alla casualità o al mercato: questa è una grande occasione per riaffermare il ruolo dello Stato, di governo e di gestione delle politiche industriali, per attivare le filiere strategiche, e cioè il green, la digitalizzazione e il sociale”.

Il tempo stringe: affinché gli effetti del cambiamento climatico non diventino irreversibili, dobbiamo accelerare il processo di decarbonizzazione e mettere mano alla manutenzione del territorio per una gestione sostenibile delle risorse naturali e per creare occupazione.