L’ultima morte sul lavoro a Roma è avvenuta sul Grande Raccordo Anulare dove Konde Bana, un operaio addetto alla manutenzione stradale di 38 anni, originario della Guinea, ha perso la vita, investito da un’auto, mentre si trovava insieme ad altri due colleghi. Difficile ricostruire la dinamica dell’incidente, ancor più difficile capire se la vittima fosse regolarmente assunta. La registrazione alla cassa edile non è ancora stata presentata. Ci chiediamo se scopriremo anche questa volta, come in passato, che il lavoratore era stato assunto poche ore prima di morire. Ma se queste fossero le tempistiche, sarà complicato dimostrare che la vittima abbia avuto il tempo di ricevere la formazione specifica prevista per legge, grazie alla battaglia dei sindacati, e rivolta a tutti coloro che lavorano nei cantieri stradali, come stabilito dal Decreto interministeriale del 22 gennaio 2019.

“Se, dati alla mano, le vittime nei cantieri del territorio metropolitano hanno subito una considerevole flessione nel confronto tra lo scorso anno e l’anno in corso, passando da 11 a 4 – ci spiega Ermira Behri, segreteria regionale Fillea Roma e Lazio – la federazione che difende i lavoratori delle costruzioni – con delega alla salute e sicurezza – è pur vero che questo decesso apre un orizzonte di forte preoccupazione per lo scenario della sicurezza nella Capitale nella quale i cantieri aperti sono attualmente 6mila, un numero enorme persino per Roma, gonfiato dall’imminenza del Giubileo del 2025 e da altri grandi eventi in agenda”. Cosa potrebbe succedere nel prossimo futuro di fronte alla fragilità nell’attuazione delle regole che dovrebbero garantire la salute e la sicurezza dei lavoratori, in particolare degli edili che, a tutti i livelli, sono sempre in cima alle statistiche delle vittime di infortuni? Di fronte ai ritardi, alle denunce inevase, alle richieste di incontri che spesso vengono disattese o, dove si concretizzano, non danno le risposte urgenti che servirebbero?

Nel Lazio 45 morti sul lavoro nei primi 9 mesi del 2023

“I numeri del Lazio sono comunque terribili e preoccupano – dichiara Ermira Behri –. Nei primi 9 mesi del 2023 sono state 45 le vittime sul lavoro, 29 a Roma. Ci sono fasce e categorie di persone, giovani e stranieri, ben al di sopra alle medie dei decessi, mentre i lavoratori in età più avanzata, i 55/64enni, rappresentato il 44% di tutte le vittime”.

Il 70% delle vittime di infortuni gravi o mortali nei cantieri è in subappalto

Se riprendiamo il caso dal quale siamo partiti, scopriamo che alla base di quel che è accaduto si riscontrano molti degli elementi dai quali dipendono gli infortuni del settore. Perché l’impresa per la quale lavoravano le tre vittime era in subappalto, innanzitutto. “Abbiamo sempre criticato duramente l’intervento del governo Meloni sul nuovo codice degli appalti e l’apertura ai subappalti a cascata – ci dice Ermira Behri –. L’incidenza degli infortuni aumenta in questi casi. Le piccole imprese hanno meno soldi da investire nel rispetto delle norme della sicurezza. E la competizione al ribasso per accaparrarsi un subappalto spinge a tagliare all’osso le spese per essere appetibili ma mantenere un margine di guadagno accettabile. Basta un dato: nelle gare pubbliche, mediamente, le ditte che vincono un appalto viaggiano su un ribasso medio del 20/25% rispetto alla base d’asta. Quelle in subappalto ci aggiungono, statisticamente, un altro 15%, 20%. Dove si tagliano tutti quei soldi? Da sempre, nel settore delle costruzioni, si risparmia su tre voci: materiali impiegati, sicurezza e costo del lavoro. Ma tagliare sul costo del lavoro significa, ancora una volta, tagliare sulla sicurezza. Perché un lavoratore precario o addirittura in nero non dirà mai di no e non denuncerà mai. Perché lavoratori in quelle situazioni sono meno formati, nonostante ne avrebbero più bisogno, e devono arrotondare a suon di straordinari".

“Sapete quali sono le ore in cui, secondo le statistiche, ci si infortuna di più? Sono proprio le ore di straordinario, in cui sale la stanchezza e cala l’attenzione. Se a questo aggiungiamo che la vittima dell’infortunio mortale era uno straniero, altra categoria in cima alla lista di quelli che rischiano di più, scopriamo che questo infortunio mortale a Roma non è altro che la fotografia attuale dello stato della sicurezza nei cantieri”. Secondo le elaborazioni dati della Fillea, tanto per capirci, il 70% delle vittime di infortuni gravi o mortali nei cantieri è rappresentato da lavoratori in subappalto.

Perché e come si muore di lavoro nei cantieri

“Subappalti e massimo ribasso, lavoro precario e poca formazione, orari non rispettati, scarso controllo da parte dei committenti, pressione per lavorare più in fretta, mancati investimenti per lavorare in sicurezza, pochi ispettori del lavoro e quindi pochi controlli. Sono queste – dichiara con amarezza Ermira Behri – le cause per cui gli edili continuano a morire. Per caduta dall’alto, perché vengono sepolti da materiali, investiti da mezzi”. Cosa servirebbe? “È urgente una riforma dell’organizzazione del lavoro, dei processi, delle norme sugli appalti. Serve rafforzare i controlli e le sanzioni, qualificare le imprese anche con la patente a punti, che la Cgil e la Fillea chiedono da anni. Serve la costituzione di una procura nazionale sulla sicurezza e l’introduzione dell’aggravante di omicidio sul lavoro”.

Eppure il governo pensa a ridurre la formazione

Un punto essenziale della questione resta quello della formazione. E qui l’attuale governo, stando alla bozza che è stata fatta circolare a settembre scorso dopo l’accordo Stato-Regioni, rischia di fare molti danni. A partire dalla decisione di eliminare la suddivisione tra settori a rischio alto, medio e basso. “Tutti i lavoratori scendono a 10 ore di formazione – denuncia Ermira Behri –: 4 ore più le sei specifiche”. E tanti saluti alle 16 ore previste fin qui, ben 12 di formazione specifica per i lavoratori di settori ad alto rischio. Altro che rivoluzione culturale e obiettivo zero infortuni. Più si va avanti e più sembra, ogni volta, di dover ripartire dal via.