“Il governo ha varato la manovra di bilancio 2019 confermando le anticipazioni uscite gli scorsi giorni, e cioè che su scuola e università non c’è la minima traccia di investimenti, al di là dei proclami di alcuni membri del governo, anzi, come messo nero su bianco il 23 ottobre in occasione dell’approvazione del decreto fiscale, ci sono solo tagli”. Lo affermano in una nota Unione degli universitari e Rete degli studenti medi, confermando le manifestazioni del prossimo 16 novembre.

“Il testo della legge di bilancio – osserva il coordinatore nazionale dell’Udu Enrico Gulluni – conferma quelle che erano le anticipazioni: non c’è alcun tipo di investimento su istruzione e formazione universitaria. Gli annunci su ampliamento della no-tax area, sulla volontà di superare il numero chiuso e sull’ampliamento dei fondi per il diritto allo studio si sono rivelati, come avevamo preannunciato, solo vuoti slogan elettorali senza alcun tipo di progetto alle spalle. Vengono invece abolite le cosiddette cattedre Natta, inserite nella legge di bilancio 2016, operazione contro la quale ci eravamo opposti fin dall’inizio, ma a quanto pare i fondi recuperati non sono stati reinvestiti per finanziare il fondo per il diritto allo studio o il fondo per il finanziamento ordinario delle università”. Inoltre, “l’articolo 32 parla dell’assunzione di 1.000 nuovi ricercatori, misura assolutamente insufficiente visto che non riesce a coprire nemmeno il turnover annuale della categoria. Il governo dimostra ancora una volta di non avere assolutamente la percezione delle cose all’interno degli atenei”.

Sulla stessa linea Giammarco Manfreda, coordinatore nazionale della Rete degli studenti medi: “Ancora una volta non viene nominato il diritto allo studio, in un Paese che non riesce a stare al passo dei maggiori partner europei sul rapporto Pil/spesa pro capite per studente. Questo governo si inserisce a pieno titolo all’interno di una tradizione politica che non guarda agli studenti e ai giovani come motore sociale del Paese, limitando per altro quei pochi investimenti fatti in campo di accesso alla cultura con il bonus cultura. Proprio su questo ci sarebbe piaciuto confrontarci con il governo non solo sui fondi da destinare al bonus, ma sul modello di questo contributo, che non condividiamo, e sulla destinazione del disavanzo degli anni precedenti.”

Concludono Gulluni e Manfreda: “Il taglio di 29 milioni alle spese del Miur e il bonus di 50 milioni per le aziende che assumono pescando da un ristretto bacino di giovani qualificati sono provvedimenti che seguono la stessa linea di pensiero: una misura per nulla trasversale che rischia di di trasformarsi nell’ennesima mancia alle aziende in cambio di qualche assunzione. Questa manovra di bilancio è assolutamente insufficiente, e non possiamo accettare che questo governo continui incoerentemente, in alcune sue figure, a sbandierare aperture nei confronti degli studenti”.