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Secondo la Svimez, l'associazione per lo sviluppo industriale del Mezzogiorno, dal 2000 al 2016 in Sardegna si registrano perlopiù dati negativi. Meno popolazione residente, meno occupati in tutti i settori, meno Pil pro capite, meno ore di cassa integrazione, perché gli ammortizzatori sociali stanno finendo. Ad aumentare è invece il tasso di disoccupazione: quello generale è al 17,3%, quello giovanile al 56,3%. “I dati positivi, qualche decimale di punto, riguardano gli occupati e una sostanziale tenuta del tasso complessivo di attività, ma solo sul rilevamento del secondo trimestre. La giunta regionale sembra volersi beare di questi numeri, ma la verità è che abbiamo fruito di una stagione turistica molto lunga, e questo ha determinato gli incrementi. Già nel terzo trimestre, però, i dati ci faranno tornare a una realtà diversa da quello che il turismo estivo racconta”. A dirlo ai microfoni di RadioArticolo1 è il segretario generale della Cgil Sardegna, Michele Carrus.
“Per questo – ha continuato Carrus - siamo molto critici di fronte alla legge finanziaria del governo regionale, nella quale questo movimento del mercato del lavoro appare completamente slegato dalle misure di politica attiva. Gli strumenti di flexicurity adottati dalla giunta sono infatti sostanzialmente identici, e in qualche caso persino peggiorativi, rispetto alla performance occupazionale dei lavoratori che di quelle politiche non sono stati interessati. Noi invece chiediamo un profondo cambiamento di strategia nelle politiche per il lavoro”.
“Nel percorso della Legge finanziaria regionale - ha detto poi il segretario generale sardo - c'è stata anche un'interlocuzione con le parti sociali, durante la quale abbiamo chiesto un cambiamento di impostazione, denunciando il fatto che ci trovavamo di fronte a una manovra che si poneva in perfetta linea di continuità rispetto alle precedenti. Crediamo che invece occorra una terapia d'urto, attraverso lo stanziamento di risorse consistenti del bilancio regionale da destinare a una politica per il lavoro fondata sulla ripresa degli investimenti nelle piccole opere. Oppure per finanziare attività di servizio, nelle quali trovino lavoro i disoccupati, e per sostenere gli ammortizzatori che il governo nazionale ha falcidiato. Per far questo, però, servirebbe un apposito fondo rotativo, cogestito dalla regione e dagli enti locali, che permetta di riutilizzare tutte le somme che il sistema delle autonomie locali non può spendere a causa del patto di stabilità”.
Il settore produttivo che in Sardegna negli ultimi sei anni ha perso il maggior numero di occupati è l'edilizia, con un -40% degli addetti. Segue a ruota l'industria. “Qui siamo nel pieno di una desertificazione industriale - ha concluso Carrus -. I poli di Cagliari, Assemini, Sarroch e Porto Torres hanno visto la sostanziale cessazione delle principali attività. Oggi abbiamo bisogno di un patto tra regione e Stato finalizzato al rilancio. Perché senza non ci sarebbe un vero sviluppo. Il futuro della Sardegna non può essere affidato esclusivamente al turismo, magari concepito come consumo del territorio. Per questo il comitato direttivo della Cgil regionale ha deciso di procedere con l'indizione di un'assemblea generale dei quadri e dei delegati per formalizzare i contenuti della nostra proposta, e per chiedere un tavolo. Potrebbe anche esserci un'eventuale mobilitazione, ma mi auguro che non sia necessaria.”