Domenica 25 novembre si celebra la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne. In migliaia di località, in Italia e nel mondo, ci saranno iniziative e manifestazioni promosse principalmente da associazioni, movimenti e sindacati. Lo slogan scelto da Cgil, Cisl e Uil è chiaro: “Donne libere dalla violenza nel lavoro”. Secondo gli ultimi dati dell'Istat le donne che nel corso della loro vita hanno subito molestie sessuali, da quelle verbali e quelli fisiche fino a quelle sul web, sono quasi 9 milioni. Sono un milione e 173 mila quelle che hanno subito molestie o ricatti sul posto di lavoro, vale a dire l’8,5 per cento delle lavoratrici. Soltanto lo 0,7 per cento però lo denuncia per il timore di perdere il lavoro o per la vergogna di essere giudicata.

“Purtroppo questo 25 novembre 2018 si colloca in un contesto assolutamente simile a quelli degli anni precedenti, le cose continuano a non cambiare: continua la mattanza, visto che sono addirittura 90 le donne uccise da gennaio a oggi”: così Loredana Taddei, responsabile delle politiche di genere della Cgil intervistata da RadioArticolo1.

 

Questo dato dimostra che “non c'è un impegno vero da parte della politica e delle istituzioni nel contrasto alla violenza maschile. Ne è una prova anche la riduzione dei finanziamenti ai centri violenza e alle case rifugio”. Lo stesso mutamento di sensibilità prodotto dal movimento Me Too “ha riguardato soprattutto gli Stati uniti e parte dell'Europa, in particolare l’Inghilterra, molto meno l'Italia che rimane uno dei paesi più refrattari a quella che è stata una vera rivoluzione, perché le donne sono finalmente uscite dal silenzio e hanno denunciato una forma di violenza che è ancora un tabù e di cui non si parla, cioè la violenza nei luoghi di lavoro”.

Se è vero che la violenza contro le donne riguarda gli uomini direttamente e li chiama in causa nelle loro responsabilità anche culturali, un sicuro passo in avanti è stato l’appello dei dirigenti maschi di Cgil, Cisl e Uil: “È un fatto importante e che aspettavamo – riprende la sindacalista –, tuttavia il prossimo passo veramente interessante sarebbe se questo appello venisse esteso a tutti i delegati: non basta la presa di posizione del solo gruppo dirigente”.

Un fatto importante, perché mentre la violenza domestica è stata in qualche modo sdoganata, di quella sui luoghi di lavoro si tende ancora a non parlare: “È la violenza in assoluto meno denunciata – sottolinea Taddei –. Le lavoratrici hanno paura di perdere il posto oppure di essere giudicate da una società ancora ferma agli anni ’50. Spesso non hanno fiducia nelle forze dell'ordine e pensano che sia meglio trovare soluzioni individuali, in tante lasciano il lavoro o rinunciano alla carriera”.

Lo scorso 6 ottobre le donne della Cgil riunite in assemblea hanno approvato una piattaforma di genere da offrire a chi si occupa di contrattazione. “Il sindacato – rimarca la dirigente della Cgil – ha a disposizione due strumenti: la formazione e la contrattazione. Nella piattaforma si dice proprio che occorre lavorare sugli strumenti contrattuali per estendere le buone pratiche territoriali e di categoria, come quelle che nascono dall'accordo quadro di Cgil, Cisl, Uil e Confindustria, che risale ormai a 10 anni fa, ma che comincia ad essere applicato in molti territori”. Nella piattaforma si indicano anche “delle figure specifiche all'interno delle Rsu che facciano da punto di riferimento, anche contrattuale, per combattere e contrastare qualsiasi forma di discriminazione, molestia e violenza. Che, intendiamoci, riguarda anche gli uomini, ma in prevalenza è ancora una ‘questione’ prettamente femminile”.