La contrarietà della Cgil, insieme a quella di tanti altri soggetti del mondo della scuola, dell’associazionismo e del sindacato, al DDL di riforma del sistema nazionale di istruzione, denominato Buona Scuola, è nota. Ma in occasione dell’audizione nelle commissioni congiunte Istruzione di Senato e Camera, il sindacato di Corso d’Italia è potuto entrare appieno nel merito delle criticità che il disegno di riforma presenta e che il passaggio parlamentare alla Camera non ha contribuito a modificare, nonostante le mobilitazioni e le proteste del personale della scuola ma anche degli studenti e delle famiglie.

Il sindacato ha consegnato un documento a deputati e senatori nel quale sono indicati i punti sui quali chiede cambiamenti significativi, evidenziando al contempo i silenzi su alcuni temi importanti e sottolineando “una impostazione generale del DDL che non affronta compiutamente le disuguaglianze presenti nel Paese, definendo poi sul versante organizzativo una impostazione gerarchica, aliena alla collegialità che caratterizza la comunità scolastica nel nostro Paese”. La Cgil denuncia anche “l'invasione su una pluralità di materie contrattuali e la mancanza di un piano pluriennale di immissioni in ruolo per il personale precario”, che determinano “ulteriori elementi di contrarietà rispetto ai contenuti del disegno di legge”.

Ma vediamo nel dettaglio le criticità elencate nel documento che la Cgil ha presentanto al Parlamento.

Diritto allo studio
“L'inclusività del nostro sistema di istruzione e l’innalzamento delle competenze dei giovani e degli adulti sono i cardini di ogni prospettiva di sviluppo”, scrive il sindacato. Ma il DDL Buona Scuola “affronta nell'art.23 (comma 2, lett.f) il diritto allo studio, limitandosi a prevedere una delega al governo finalizzata a garantire l'effettività dello stesso, attraverso i LEP. Peraltro tale delega non risulta finanziata ed appare alquanto fumosa negli obiettivi e nelle finalità”.
La Cgil chiede invece di “affrontare il tema del diritto allo studio attraverso una legge quadro nazionale e finanziamenti certi e continuativi”.

Dispersione scolastica
Nel DDL sono pressoché ignorati “temi fondamentali” come “il contrasto alla dispersione scolastica e innalzamento delle competenze dei giovani e degli adulti”, si legge nel testo della Cgil. “Ma è proprio su questi terreni – afferma il sindacato - che si misurerà l’efficacia de La Buona Scuola e la sua capacità di essere fattore propulsivo di sviluppo. Le risorse economiche e professionali dovrebbero essere finalizzate prioritariamente a questi obiettivi”.

Potenziamento dell’offerta formativa
“L'organico dell'autonomia deve essere finalizzato realmente al potenziamento dell'offerta formativa e alla riduzione del numero degli alunni per classe e alla generalizzazione della scuola dell'infanzia, quali concreti strumenti di contrasto alla dispersione e all’analfabetismo di ritorno e pratiche di un autentico orientamento e qualità stessa del progetto di vita”. Questo obiettivo, specifica la Cgil, va perseguito “garantendo per le scuole collocate nelle cosiddette aree a rischio o a forte processo migratorio l'estensione dell'orario di funzionamento, continuità didattica, progetti di supporto e potenziamento dell'offerta formativa, flessibilità oraria”. Sono interventi che “richiedono risorse – precisa la Cgil - e ad essi vanno dedicati anche i 200 milioni previsti per il merito”.

Orientamento allo studio e al lavoro
Per la Cgil si tratta di “un processo che si sviluppa in tutto il percorso di studi, non esclusivamente negli ultimi tre anni della scuola secondaria, come previsto dal DDL” e “deve essere rafforzato dalla costituzione di un primo biennio unitario nella scuola secondaria di secondo grado che riduca le cesure tra i gradi di scuola e la precocizzazione delle scelte”.

Apprendimento permanente
Non se ne parla nel DDL Buona scuola, “ma questa – dice la Cgil - è la scommessa della scuola e del Paese”. Per il sindacato “la costruzione del sistema integrato dell’apprendimento permanente previsto dalla Legge 92/2012 e l’attivazione di un piano straordinario per contrastare l’emergenza alfabetica e il deterioramento delle competenze di base, culturali e lavorative sono priorità che non possono essere ignorate”.

Innalzamento dell'obbligo scolastico a 18 anni
“Il testo del DDL non solo non affronta il tema dell'innalzamento dell'obbligo – accusa la Cgil - ma lascia sostanzialmente invariato il quadro ordinamentale definito negli ultimi anni, che ha depotenziato persino l'innalzamento dell'obbligo a 16 anni introdotto nel 2007”. Per il sindacato, al contrario, “un intervento di riforma del sistema di istruzione non può limitarsi ad interventi di facciata sul versante ordinamentale, ma procedere verso la scelta dell'innalzamento dell'obbligo per migliorare competenze e conoscenze dei giovani, per affrontare le sfide del mondo del lavoro e per ridurre le disuguaglianze”.

Precariato
Come noto, questo è uno dei passaggi più criticati del DDL. “Il disegno di legge crea una inaccettabile disparità tra il personale – è l’accusa della Cgil - stabilendo che una fetta consistente di precariato, già in possesso di abilitazione e/o che presta servizio da anni nelle nostre istituzioni scolastiche sia escluso dal percorso assunzionale”. La Cgil chiede invece di “prevedere un piano pluriennale di assunzioni nel testo del disegno di legge che consenta di stabilizzare il personale docente e ATA”.

Governance
Altro nodo fondamentale: il dirigente scolastico, che con il DDL, secondo la Cgil, si trasforma “in quanto di più lontano dal leader educativo, pur evocato da più parti per giustificare le scelte del legislatore”. La Cgil ritiene fondamentali “contrappesi e collegialità nelle scelte” e “una responsabilità condivisa della comunità educante rispetto agli obiettivi che la stessa scuola si pone”. “L’autonomia delle istituzioni scolastiche – si legge ancora nel documento - non può fondarsi su una concezione della professionalità e del ruolo dei docenti connotate da una sostanziale subalternità e da una organizzazione improntata a principi e pratiche gerarchiche. Si tratterebbe, e dovrebbe essere evidente, di una contraddizione insanabile”.

Piano dell'offerta formativa
Anche qui, per il sindacato di Corso d’Italia, “la definizione degli indirizzi non può essere definita da un solo soggetto della comunità professionale. Gli indirizzi del piano dell'offerta formativa devono essere decisi dall'organo che rappresenta tutte le componenti (docenti, studenti, famiglie) e non dal singolo dirigente”.

Organico dell'autonomia – assegnazione dei docenti
“La chiamata nominativa da parte del dirigente scolastico, la valenza triennale dell'incarico, la perdita di titolarità presso l'istituzione scolastica delineano un sistema precario di assegnazione del personale alle singole scuole, con una impostazione gerarchica e discrezionale”, scrive la Cgil, secondo la quale, “se è legittimo che vengano valorizzate le esperienze e competenze professionali dei docenti in relazione al contesto e alle necessità della scuola, non si comprende perché tali necessità non possano essere considerate all'interno dei meccanismi previsti per la mobilità territoriale e professionale”. “Altro – continua il sindacato - è costruire un meccanismo di chiamata diretta, sotto la spada di Damocle della perdita dell'incarico: una impostazione di questo tipo espone a valutazioni discrezionali che possono precipitare in atteggiamenti discriminatori o lesivi della libertà di insegnamento”.

Merito
“L'attribuzione al dirigente scolastico (seppur assistito dal nucleo di valutazione) del ruolo di autorità salariale rafforza l'idea gerarchica già presente nella parte relativa all'attribuzione degli incarichi al personale”, sostiene ancora la Cgil, secondo la quale “si invadono pesantemente le prerogative contrattuali e delle RSU di istituto e si avvia una operazione che contrasta con la stessa legge; infatti l'art.2 Dlgs 165/2001 prevede che l'attribuzione di trattamenti economici possa avvenire esclusivamente mediante contratti collettivi”. La Cgil chiede dunque che queste risorse “siano finalizzate prioritariamente a sostenere processi di inclusività e supporto alle istituzioni scolastiche collocate nelle aree a rischio”.

Scuola-lavoro
Il tema del rapporto tra scuola e lavoro è affrontato “in modo piuttosto timido e poco adeguato nel testo del DDL”, afferma la Cgil, che ricorda di aver messo in campo nei mesi scorsi una serie di proposte, che affrontano il tema dell'alternanza come “processo generale di avvicinamento al lavoro in un quadro che punta a valorizzare la scuola pubblica”. Ma il punto "inaccettabile" secondo il sindacato è la previsione di "un canale formativo, alternativo e separato da quello scolastico, scelto subito dopo la scuola secondaria di primo grado e realizzato in apprendistato già a partire da quindici anni”. “Si tratta – sostiene la Cgil - di percorsi con modelli formativi dequalificati che prevedono più di un terzo dell'orario per lavoro sottoretribuito, 500 ore di attività di formazione professionale e altrettante in aziende cui non viene verificata l'effettiva capacità formativa”. La Cgil “crede che sia necessario ricondurre a coerenza gli interventi sul sistema di istruzione e formazione e sull'alternanza, oltre ovviamente a manifestare la propria contrarietà rispetto a percorsi formativi che contravvengono in maniera palese a quell'obiettivo di innalzamento dei livelli di istruzione e delle competenze che riteniamo ineludibile in questa fase”.

Deleghe al Governo
L'articolo 23 del DDL Buona scuola prevede che il Governo sia delegato a ad adottare decreti legislativi attuativi su una pluralità di materie che vanno dal riordino delle disposizioni normative in tema di istruzione e formazione, alla formazione iniziale dei docenti, all'inclusione scolastica ecc. Secondo la Cgil, ciò “comporta il rischio che su alcuni temi particolarmente importanti dall'inclusione, alla ridefinizione degli indirizzi degli istituti professionali, agli esami di stato, per fare qualche esempio, il Parlamento non venga coinvolto compiutamente. Per queste ragioni è necessario esplicitare gli obiettivi e le scelte che sottendono alle deleghe contenute nel disegno di legge, dettagliandole”. “Inoltre – aggiunge il sindacato - dal diritto allo studio allo 0-6, le deleghe non risultano finanziate e vi si fa fronte solo con ‘diversa allocazione delle ordinarie risorse umane strumentali e finanziarie’". Per il sindacato questo punto rappresenta "un grave vulnus alla effettività degli obiettivi che si vogliono mettere in campo".

Contratto e contrattazione
Infine, le “invasioni di campo” del DDL su materie oggetto di contrattazione nazionale e/o decentrata. Si va “dalla mobilità del personale, al salario accessorio e anche al trattamento economico tout court (durante il periodo di formazione e apprendistato)”, osserva la Cgil “e si prevedere l'inderogabilità delle norme stesse e l'inefficacia delle norme contenute nei Contratti collettivi nazionali”. “Se a questo aggiungiamo il blocco del Contratto nazionale, di cui rivendichiamo l'apertura – prosegue il sindacato - si prefigura una vera e propria rilegificazione del rapporto di lavoro e l'interruzione del processo di contrattualizzazione avviato negli anni 90' che ha garantito flessibilità delle soluzioni, valorizzazione della contrattazione decentrata, una maggiore efficienza ed efficacia dell’azione delle pubbliche amministrazioni, autonomia e responsabilità; rottura di un modello organizzativo, gerarchico, centralizzato e quindi molto rigido”. Inoltre, conclude il documento Cgil, “il passo indietro rispetto alla contrattualizzazione del rapporto di lavoro introduce una inaccettabile differenza in termini di diritti e tutele del personale della scuola e produce una ulteriore divaricazione tra rapporto di lavoro pubblico e rapporto di lavoro privato. Chiediamo quindi che vengano riportate nell'alveo contrattuale le norme che incidono sul rapporto di lavoro e che contestualmente si avviino le procedure per l'apertura dei rinnovi dei contratti nazionali”.