La conversione in legge del decreto n. 74 sugli interventi urgenti a favore delle aree colpite dal terremoto non convince la Cgil Emilia Romagna, perché “lascia irrisolte questioni fondamentali per il ritorno alla normalità e per la ripresa economico-sociale”. La confederazione regionale esprime questo giudizio in un comunicato che ne spiega le motivazioni.

Innanzitutto le risorse – 2,5 miliardi di euro in tre anni – sono “largamente inadeguate per rispondere ai danni che il sisma ha provocato”. “È come se non ci si rendesse conto – sostiene la nota sindacale – dell'entità del dramma”.

In secondo luogo, non va il tetto massimo di 40 milioni di euro posto al superamento del patto di stabilità per i comuni del cratere: una priorità “che il governo deve assumere per liberare risorse fondamentali, utili a sostenere l'azione degli enti locali”.

Anche la richiesta di ottenere, per i lavoratori residenti nelle aree colpite, la proroga dei termini per la sospensione dei versamenti contributivi e fiscali fino a maggio 2013 – mentre la legge fissa la scadenza a novembre ’12 – punta ad avere maggiori risorse disponibili per affrontare l'emergenza.

Le modifiche apportate al decreto originario in materia di sicurezza (commi 7 e 8 dell'art. 3), “allentano i vincoli per avere la certificazione per la ripresa produttiva: questo dimostra – denuncia la Cgil Emilia Romagna – che non è stata compresa la debolezza della condizione antisismica delle strutture immobiliari, in un territorio che prima del 20 maggio era considerato a basso rischio sismico. Se non si fanno appositi interventi, un'altra scossa come quelle del 20 e 29 maggio avrebbe un effetto devastante sulle e nelle fabbriche".

Ancora: le integrazioni al decreto relative alle persone immigrate (proroga di 12 mesi al permesso di soggiorno) “rispondono parzialmente ai problemi sollevati, tralasciando in particolare la necessità di una deroga alle norme per agevolare i rientri temporanei nei paesi d'origine”.

Infine sul fronte degli ammortizzatori sociali per l'evento sismico, “deve essere garantita una copertura finanziaria in grado di affrontare la straordinarietà del momento, che aggrava una crisi lunga ormai quattro anni.”

Per queste ragioni, “anche se pone le basi per un'ulteriore definizione di norme, procedure, risorse, utili al rilancio dell'Emilia Romagna, la legge uscita dalla Camera – conclude la Cgil – non ci convince. Oggi, con 10mila cittadini ancora sfollati (in maggior parte nelle tendopoli), circa 15mila lavoratori in cassa integrazione a causa degli effetti del sisma, 2.800 imprese ancora ferme, abbiamo bisogno di risposte in grado di traguardare la ricostruzione e la ripresa. Come Cgil regionale Emilia Romagna pretenderemo che tutto il possibile venga fatto per dare un futuro ai lavoratori e cittadini colpiti dal terremoto”.