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Il 15 novembre ci sarà una giornata di mobilitazione contro i tagli al fondo patronati. Non si ferma, infatti, la protesta dei patronati contro i tagli delle risorse contenuti nella legge di Stabilità. Per iniziativa del Ce.Pa. (il coordinamento che raggruppa i principali patronati Acli, Inas, Inca e Ital), dal 29 ottobre è stata avviata la raccolta delle firme di adesione alla petizione “No ai tagli ai patronati”, a cui hanno già aderito decine di migliaia di cittadine e cittadini, per protestare contro una misura “che, se confermata, cancellerà il diritto di ogni persona ad avere l'assistenza previdenziale e socio-assistenziale gratuita garantita da questi istituti”. Lo comunicano gli stessi patronati in una nota congiunta.
“Inoltre – continua la nota - il numero di coloro che rischiano di perdere il lavoro si attesta attorno al 70% degli organici complessivi dei vari patronati, ovvero migliaia e migliaia di persone”. La protesta, che sta ricevendo anche attestati di solidarietà da parte di parlamentari e di istituzioni, quali Inps e Inail, continuerà “finché il Governo non si impegnerà a cancellare la norma che prevede una riduzione di 150 milioni di euro del fondo Patronati, pari a circa il 35 per cento delle risorse complessive ad esso destinate”.
Per questa ragione, la mobilitazione promossa da Acli, Inas, Inca e Ital proseguirà per tutto l'iter parlamentare di approvazione della legge di Stabilità. Il 15 novembre prossimo si svolgerà la giornata nazionale di protesta, con iniziative unitarie in tutte le province italiane e con manifestazioni regionali. Nelle principali piazze saranno allestiti stand e si terranno incontri pubblici, con l'intento di sensibilizzare l'opinione pubblica.
Acli, Inas, Inca e Ital ribadiscono con forza che la sottrazione delle risorse al fondo patronati, se approvata così com'è, si tradurrebbe in un'altra tassa occulta ai danni delle persone socialmente più deboli costrette, dietro pagamento, a rivolgersi al mercato selvaggio di sedicenti consulenti, che operano senza alcun controllo e senza regole. Infatti, mentre i lavoratori e le lavoratrici dipendenti continueranno a pagare integralmente i contributi previdenziali all'Inps, lo Stato incamererà la quota oggi destinata alla tutela gratuita per destinarla ad altri scopi non precisati. Il Governo, quindi, finirà per appropriarsi di soldi che sono dei lavoratori senza specificarne l'utilizzo. Una beffa a cui si aggiunge un danno economico serio che aggraverà le già precarie condizioni di coloro che pagano con la disoccupazione e la povertà le conseguenze di una crisi gravissima.