Lo stretto di Messina dovrebbe essere considerato un fattore di sviluppo e integrazione tra l’Europa e il Mediterraneo. Al contrario, il governo italiano sembra essersi completamente dimenticato di questa area strategica per il paese che interessa Sicilia e Calabria. A denunciare lo stato di abbandono delle città delle due sponde (Messina e Reggio Calabria) è la Cgil di Reggio e Locri che mercoledì 25 marzo ha preso parte alla manifestazione per l’Area dello Stretto, tenuta sulla sponda siciliana, e promossa dalle organizzazioni sindacali territoriali.
“Se facciamo partire il nostro ragionamento dal Piano Europeo di Junker – scrive il sindacato calabrese - viene subito agli occhi come lo Stretto non venga per niente citato, malgrado si presentino 71 Interventi sui quali il Governo Italiano chiede il finanziamento dell’Unione Europea. Per essere ancora di più espliciti, su una prima trance di 12 miliardi di euro non esiste niente per le città delle due sponde”.

“Stiamo parlando di 71 Progetti – insiste la Cgil di Reggio Calabria e Locri - 32 progetti riguardano il trasporto ferroviario, 15 il trasporto marittimo, 9 le strade e 3 il comparto aereo. Per l’Area dello Stretto, ripetiamo, niente”.
“Tutto questo – continua il sindacato - avviene in un Paese come il nostro che presenta, già in partenza, uno svantaggio negativo rispetto ai Paesi più avanzati di oltre il 15%, da imputarsi alla realtà meridionale. Ci chiediamo quindi in che Paese viviamo, se c’è una parte territorialmente definita in cui occorre spendere e far confluire sempre le risorse e c’è un’altra parte che continua a rimanere come appendice o peggio ancora come terra di conquista, in tutti i sensi”.

A fronte di questa situazione, la Cgil propone una prima iniziativa concreta: “Suggeriamo che punto di partenza sia quello di proporre l’Area dello Stretto quale patrimonio dell’UNESCO, da utilizzare come grimaldello per tentare di aprire le tante porte chiuse ermeticamente”.

L’altra opportunità – secondo la Cgil – è data dalla costituenda Città metropolitana, dove è possibile creare condizioni, anche fiscali, per attrarre investimenti e occasioni rispetto alle realtà culturali, storiche, ambientali”.