Con altri due scioperi e presidi, ieri e stamattina, è proseguita la mobilitazione alla Sint di Filago (Bg), azienda metalmeccanica specializzata nella produzione di allestimenti di comunicazione visiva nei settori automotive, petrolifero, bancario, assicurativo e telefonico. La protesta è organizzata ormai da settimane contro 35 esuberi e contro il rifiuto della direzione di fare ricorso alla cassa integrazione straordinaria. Qualche anno fa, i lavoratori dell’azienda erano oltre 100, oggi sono 66, ma una nuova procedura di mobilità, aperta il 21 aprile, chiede di ridurli ulteriormente.
 
“È terminata ormai la fase dei 45 giorni in cui si è tentato un confronto sindacale”, aveva spiegato a inizio settimana Paola Guerini, della segreteria Fiom di Bergamo. “Diverse volte ci siamo incontrati con l’azienda per trovare soluzioni alternative ai licenziamenti, come l’avvio di un contratto di solidarietà. Siamo di fronte a uno stallo, nessun passo in avanti è stato mosso, nessuna apertura da parte dell’azienda sul fronte degli ammortizzatori sociali. Per i prossimi giorni ci aspettiamo la convocazione in Arifl (agenzia regionale per l'istruzione, la formazione e il lavoro)”.
 
La Sint ha sempre utilizzato gli opportuni ammortizzatori sociali, permettendo di giungere a mobilità sempre volontarie: “Nelle ultime settimane, invece, abbiamo assistito a un brusco cambio di passo”, aveva detto la dirigente sindacale, in occasione dei primi scioperi. Il sindacato è molto preoccupato non solo per i 35 lavoratori in esubero, ma anche per chi resterà in un’azienda dimezzata: “Come può strutturarsi in futuro una realtà produttiva che taglia metà del proprio personale? Se si va verso l’esternalizzazione dei lavorazioni a contoterzisti della provincia, perché allora non provare a ragionare su una strategia di outplacement virtuoso, ricollocando il personale in esubero, magari proprio nelle aziende con cui Sint ha rapporti stretti di collaborazione? Perché con fretta, tagliare l’organico? E cosa ne sarà dei 31 lavoratori che, alla fine, rimarranno?” conclude la sindacalista.
 
Nel marzo 2016 l’azienda aveva presentato richiesta per l’ammissione a concordato preventivo in continuità aziendale. Il 13 dicembre scorso il Tribunale di Milano ha ammesso la società alla procedura. Nel frattempo, a metà dello scorso febbraio, si sono chiusi 24 mesi di contratto di solidarietà. In questi anni, in occasione dell’apertura di diverse procedure di mobilità, una quarantina di lavoratori, fino ad ora su base esclusivamente volontaria, ha lasciato l’azienda.