Niente penalizzazioni per l'orario dei professori, si torna alle 18 ore. Ma c'è il passo indietro sugli esodati, ancora alla ricerca di una possibile quadra sulle risorse di copertura. Ancora attesa per le modifiche a Irpef, Iva e detrazioni. È quanto accaduto in un'intensa domenica di lavoro sulla legge di stabilità. 

Sciolto il nodo della scuola, si diceva. In commissione, a presentare l'emendamento dei nuovi tagli "che non toccano il cuore dell'istruzione, cioè gli studenti e gli insegnanti" è venuto il ministro Francesco Profumo. Sono state trovate le risorse che consentiranno di non aumentare da 18 a 24 ore l'impegno settimanale dei professori. Gran parte arriverà da accantonamenti effettuati in passato da misure che avevano prodotto più risparmi del previsto, ma c'è anche la chiusura della sede del vecchio ministero dell'Università, in viale Kennedy a Roma, ora utilizzata solo al 45%. Vengono poi ridotti distacchi e permessi sindacali per docenti e personale scolastico, i fondi per il progetto "smart city" e quello per i Fondi First e Trin. Una riduzione di 47,5 milioni riguarderà anche il fondo per l'offerta formativa "senza pero' pregiudicare le iniziative", ha spiegato il ministro. Approvato anche un emendamento che taglia di 30 milioni i fondi per i patronati, ma solo per il 2013.

Nuovo intoppo, invece, per l'emendamento che doveva estendere la salvaguardia prevista per gli esodati. La Ragioneria dello Stato, alla quale spetta il compito di mettere il bollino alle proposte, ha evidenziato un ampliamento della platea dei soggetti che rende insufficiente la copertura prevista. Il nodo ha impegnato i relatori e il governo per gran parte della giornata domenicale. E in Parlamento a seguire la vicenda è arrivato di corsa il viceministro al Lavoro Michel Martone. La soluzione ancora non c'è anche se i relatori minimizzano il problema. "Il problema non c'è. Lei ha parlato con la ragioneria?" ha chiesto Brunetta ribattendo ad un giornalista che gli chiedeva chiarimenti. Proprio i relatori avevano depositato l'emendamento che includeva, nella platea dei lavoratori "esodati" anche quelli licenziati, entro il 31 dicembre 2011, a causa del fallimento o di un altra "procedura concorsuale" dell'impresa, magari dovuta alla crisi economica.

Le risorse non erano però mutate prevedendo un meccanismo di autocopertura, cioè di utilizzo delle risorse già stanziate. Si puntava però a risparmiare risorse facendo scontare dal computo degli esodati i periodi di "non lavoro" coperti finanziariamente grazie alle buonuscite. In pratica, se si è andati via dal lavoro contando su uno scivolo economico di due anni i benefici per gli esodati scatterebbero solo dopo questo periodo. A garanzia, di eventuali sforamenti, era comunque previsto che prevista la possibilita' di coprire il 'buco' con un inasprimento dell'indice di rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici di importo più elevato. Come dire, facendo pagare alle pensioni ricche. 

La Ragioneria ha però evidenziato l'insufficienza delle risorse. Sono così cominciate le trattative, andate avanti tutto il giorno, sull'ipotesi di estendere da subito la "stretta" sulle pensioni ricche, oppure per defalcare i "nuovi" esodati dalla platea prevista. "Ci vuole ancora tempo", si è fatto scappare il vice ministro Martone mentre l'opposizione e i sindacati hanno aumentato il tono delle critiche. Il leader Idv, Antonio di Pietro ha definito l'emendamento una "bufala gigantesca a fini elettorali" mentre il segretario della Lega Nord Roberto Maroni l'"ultima presa dei fondelli". Anche la Cgil ha chiesto al Parlamento di risolvere il problema senza ridurre la platea degli aventi diritto. Un tema che anche per la maggioranza, come ricorda il responsabile economico del Pd, Stefano Fassina, si tratta di una "questione cruciale".