Oggi, martedì 28 giugno, è di nuovo sciopero nazionale per l'intera giornata di tutti i lavoratori del gruppo elettrico Tirreno Power (tre centrali termoelettriche: Vado Ligure, a Savona; Torrevaldaliga Sud, a Civitavecchia (Roma), Napoli Levante e 17 centraline idroelettriche distribuite nell'arco dell'Appennino ligure, per complessivi 380 lavoratori circa), investito da qualche anno da una pesante crisi industriale.

L’astensione dal lavoro “si è resa necessaria – incalzano i sindacati - soprattutto a causa della decisione di ritirare il progetto di riavvio dei gruppi sotto sequestro nella centrale di Vado Ligure, da parte del C.d.A. di Tirreno Power, per il quale non vi è un piano alternativo credibile per la reimpiegabilità del personale coinvolto dalla crisi”. “Questa decisione – continuano i sindacati – avrà ripercussioni negative sulla situazione degli esuberi in tutti i siti aziendali, in quanto la conferma dell’investimento avrebbe, invece, dato respiro alla situazione produttiva, almeno nel medio periodo, consentendo la possibilità di predisporre una proposta efficace e credibile per la reindustrializzazione del sito e un piano industriale adeguato per il futuro di tutti i lavoratori della società”.

“Ci attendiamo – proseguono i sindacati – che, nell'incontro previsto il 4 luglio al ministero dello Sviluppo economico, le istituzioni (governo ed enti locali), gli azionisti, l’azienda e tutto ciò che ruota attorno al settore elettrico, indichino, senza ambiguità, quali sono gli strumenti per governare la situazione e per mettere a punto una soluzione”.

“In autunno – ricordano i sindacati – scadranno i contratti di solidarietà che oggi coinvolgono tutti i lavoratori di Tirreno Power e se non verrà presentato un piano industriale degno di questo nome, saranno a rischio anche gli ammortizzatori sociali, e la strada dei licenziamenti diventerebbe obbligata”.

A subire le conseguenze della crisi sono centinaia di lavoratori, ma alla crisi di Tirreno Power rischiano di aggiungersene molte altre se non verranno predisposti strumenti straordinari per governare la cosiddetta “transizione energetica” sulla quale – ribadiscono i sindacati – “fino ad oggi, tutti (ma proprio tutti!) hanno soltanto espresso generica solidarietà e generici scenari idilliaci”.