L'Istat ha recentemente diffuso i conti economici trimestrali e quelli su occupati e disoccupati in Italia. “E non mi pare si possa festeggiare alcunché. Perché la variazione del Pil è, come previsto, appena dello 0,2. Cioè, la crescita nel nostro Paese resta sempre molto bassa, l'ultima dei grandi paesi industrializzati del mondo e l'ultima in Europa”. A dirlo, ai microfoni di RadioArticolo1, è Riccardo Sanna coordinatore dell'area politiche per lo sviluppo della Cgil nazionale.

Il ritmo di crescita dell'economia italiana, in effetti, è circa la metà della media europea, “anche in termini tendenziali - spiega Sanna -, si registra un 1,2% che ci allontana tantissimo dall'Europa”. E pure dagli Stati Uniti, “che hanno segnato oltre il 4%”. Insomma, “restiamo lontanissimi dai livelli pre-crisi, soprattutto nei termini di domanda interna, cioè di consumi e di investimenti”.

Si potrebbe dire che “pur crescendo, rallentiamo”. Perché c'è “una sorta di parabola discendente molto grave”, e “il peggio deve ancora venire”. La ragione sta nelle tensioni commerciali e geopolitiche in corso: “Non c'è dubbio che il clima internazionale e le aspettative sul rallentamento delle politiche monetarie non convenzionali da parte della Bce e della Fed stanno creando delle aspettative negative sulla crescita futura, che fanno contrarre le esportazioni”.

Quello che il coordinatore dell'area politiche per lo sviluppo della Cgil nazionale legge nei dati sulla nostra economia è “un cambiamento strutturale”. Un mutamento che potrebbe essere anche un'opportunità, senonché “l'unico indicatore che finora era stato estremamente positivo era proprio quello relativo alle esportazioni”, che però oggi sono inferiori alle importazioni. Una buona notizia, in ogni caso, c'è: “Esiste una domanda nazionale inespressa, che le nostre imprese e il nostro Paese potrebbero cogliere”. Eppure “la spesa pubblica resta zero, e contribuisce alla crescita zero”, sebbene l'austerità e i tagli abbiano già dimostrato “la loro impotenza di fronte a questa situazione”.

“I consumi - ha continuato Sanna - crescono troppo poco in Italia, a causa delle enormi disuguaglianze che continuano ad aumentare, e che sono state la causa principale della crisi”. A crescere, anche se di poco, sono infatti i consumi di necessità, alimentando un po' l'inflazione di fondo che adesso si attesta attorno all'1,5. Non è molto, ma è più di quanto si è registrato nei mesi precedenti. Ed è dovuto sicuramente ai redditi da lavoro. È merito dei rinnovi contrattuali, quindi dell'aumento delle retribuzioni. Purtroppo, pero, la qualità dell'occupazione continua a peggiorare, e il lavoro è sempre più precario e più povero”.

Intanto la disoccupazione rimane a due cifre è c'è una perdita netta di posti di lavoro a tempo indeterminato. “Quantità e qualità del lavoro - ha concluso Sanna - devono stare insieme. È questo il punto fondamentale. In questi anni di bassa ripresa si è creata un po' di occupazione, è vero, ma i contratti precari sono esplosi a scapito di quelli a tempo indeterminato. Non si è quindi aumentato il valore del lavoro. I posti a tempo pieno indeterminato sono invece l'input per il sistema produttivo e per la crescita, e su questo fronte siamo ancora un milione al di sotto dei livelli pre-crisi. Per questo crollano le esportazioni e la domanda non riparte. Stiamo mancando l'opportunità di ricomporre la nostra crescita, perché continuiamo ad agire sul mercato del lavoro e non sul versante della struttura produttiva, l'unico elemento per generare qualità del lavoro”.