Non ci sono colpevoli per la morte di Luigi Borrelli. È arrivata la sentenza del processo per l’infortunio mortale a Padova del giovane operaio, avvenuto cinque anni fa, per la quale la Fillea Cgil si era costituita parte civile. La pubblica accusa aveva considerato responsabile il coordinatore per la sicurezza, mentre di diverso parere sono stati i giudici, che hanno concluso il procedimento giudiziario con un’assoluzione. “La nostra speranza è che la famiglia ottenga giustizia. Per questo valuteremo la possibilità di ricorrere in appello” dichiara Sebastiano Grosselle della segreteria Fillea Cgil Padova: “Riteniamo impossibile che quanto accaduto non abbia dei responsabili, percorreremo tutte le strade possibili affinché venga accertata la verità. Solo individuando le responsabilità per una tragedia, che non può restare senza colpevoli, possiamo evitare che quanto accaduto si ripeta in futuro”.

Luigi Borrelli, 31 anni, originario della Campania, sposato e padre di due figli, è morto folgorato il 27 maggio 2010 mentre lavorava alla manutenzione della linea elettrica aerea della rete ferroviaria Padova-Bologna, nei pressi della stazione di Padova Campo di Marte. L'uomo era impiegato presso una ditta appaltatrice di Rete ferroviaria italiana (Rfi), l’impresa edile Gfc di Roma, impegnata in interventi di potenziamento della stazione. Al momento dell’incidente l’operaio era su una scala a pioli poggiata a un pilone, a un'altezza di cinque metri. A causa del passaggio di un treno a velocità sostenuta è stato risucchiato dallo spostamento d'aria: è quindi caduto su un cavo dell'alta tensione rimanendo folgorato, per poi precipitare a terra.

Il processo è iniziato quattro anni fa, con la Fillea costituitasi parte civile. “Nel corso delle udienze – spiega una nota del sindacato edili Cgil di Padova – il pubblico ministero ha evidenziato pesanti irregolarità: il piano della sicurezza non consentiva l'utilizzo di scale, bensì di ceste metalliche; spettava a Rfi sorvegliare sull'arrivo dei treni e allertare i lavoratori attraverso personale proprio, appositamente dedicato alla scorta costante degli operai edili dell'appalto; andava staccata la tensione lungo la tratta dei lavori”. Nessuno di questi requisiti per la sicurezza, continua il comunicato, “è stato rispettato, e ciascuna violazione delle prescrizioni è stata decisiva per la drammaticità dell'incidente”.

Il pubblico ministero ha considerato responsabile il coordinatore per la sicurezza, secondo i verbali “presente nel cantiere solo tre volte in un anno. Si trattava infatti di uno tra i cantieri più complessi: un cantiere per giunta in movimento, con elevatissimi fattori di rischio, come è facile intuire”. Di diverso parere sono stati invece i giudici, che hanno assolto il responsabile per la sicurezza.

“Molti lavoratori, tra cui Borrelli, partivano la domenica sera dalla Campania e iniziavano il primo turno alle sette di mattina, proseguendo fino al pomeriggio inoltrato” riprende Grosselle: “L'incidente è emblematico: turni di lavoro massacranti, orari di riposo non rispettati, violazioni gravi della normativa. Sono queste le cause della stragrande maggioranza degli infortuni sul lavoro. È aberrante che questa logica di massimizzazione del profitto a discapito della sicurezza dei lavoratori, di per sé sempre intollerabile, sia una costante anche degli appalti pubblici”. In conclusione, il componente della segreteria Fillea Cgil padovana sottolinea “di aver chiesto ripetutamente incontri alla Rfi per affrontare il problema della sicurezza nei cantieri, senza mai ottenere risposte. Se si continua a puntare al massimo ribasso e si scaricano i costi sul lavoro, lutti terribili come quelli che hanno colpito la famiglia Borrelli proseguiranno numerosi”.