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Da Nord a Sud, è imponente la mobilitazione delle guardie giurate italiane per lo sciopero nazionale di oggi (venerdì 4 maggio) per rivendicare il diritto al rinnovo del ccnl, scaduto da più di due anni, e per condizioni normative e salariali dignitose. “Le esigenze di sicurezza sono in aumento, il comparto è tutto sommato in salute”, spiega Marco Pascal, responsabile del settore per la Fillcams Cgil di Piacenza: “In aumento sono anche i servizi di pubblica utilità che svolge la vigilanza privata. Malgrado questo, però, la risposta della parte datoriale è una gara al ribasso sul costo del lavoro, poche certezze sulla continuità occupazionale e la richiesta di introduzione di forme di precariato insopportabili”.
Maria Rosaria Nappa, della Filcams Cgil di Salerno, evidenzia l’irricevibilità delle proposte di istituti e aziende. “Vi è anzitutto la richiesta di aumentare l’orario normale di lavoro a 45 ore settimanali per il servizio di piantonamento, che è uno dei più faticosi e che maggiormente espone le guardie a ogni genere di rischio”, argomenta l’esponente sindacale: “Ma addirittura, in un settore che praticamente vive solo di commesse in appalto, si chiede anche di non riconoscere le normali garanzie a favore della continuità occupazionale e il mantenimento dei diritti acquisiti nel passaggio da un’azienda a un’altra, riconducendo alla più completa precarietà lavoratori che compiono identiche mansioni pur cambiando continuamente ditta di appartenenza, spesso in appalti pubblici”. Nappa stigmatizza, infine, anche “il tentativo di ridurre indebitamente il costo del lavoro eliminando il pagamento dei primi tre giorni di malattia, oltre che l’indisponibilità a parlare di aumenti salariali, e altri ‘ritocchi’ delle attuali normative che riporterebbero il settore indietro di decenni”.
Rabbia e preoccupazione traspaiono anche dai sindacati veronesi. “La parte datoriale ha di recente rotto il tavolo delle trattative con delle proposte irricevibili, annullando un confronto che va avanti da due anni”, spiegano Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs Uil, che contestano la volontà delle aziende di “innalzare i giorni consecutivi di lavoro da sei a dieci”, ponendo in evidenza anche “l'ormai massiccio utilizzo degli straordinari, che arriva addirittura a 100 ore al mese”. Per i sindacati veronesi si è ormai venuta a creare una situazione che è “terreno fertile per la diffusione di contratti ‘pirata’, siglati da fantomatiche associazioni datoriali e sindacati autonomi, in cui le condizioni salariali e normative vengono sistematicamente ribassate”.
“I lavoratori sono oramai allo stremo delle loro forze, tra organizzazione del lavoro selvaggia, turni spesso di 12 ore al giorno, basso salario e forte assenza di tutele per la sicurezza. A questo aggiungiamo mezzi e dispositivi obsoleti e insicuri”, commenta Antonio Miccoli, segretario provinciale della Filcams di Bari. L’esponente sindacale, dunque, rivendica la necessità dello sciopero nazionale, proclamato per “rimuovere la cortina di silenzio e di disattenzione che caratterizza costantemente ciò che accade a una categoria quanto mai essenziale per garantire condizioni di sicurezza reale presso contesti e ambiti operativi contraddistinti da indici di rischio assai elevati”.
E concludiamo con Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs Uil di Genova. “Lo stallo del rinnovo contrattuale contribuisce alla mortificazione del ruolo, della responsabilità professionale e al continuo peggioramento delle condizioni di lavoro degli addetti al servizio: ore di lavoro straordinario che superano l’ordinario e mancanza di riposi idonei al recupero psicofisico”, spiegano i sindacati di categoria, ricordando che “in Liguria sono diverse le vertenze aperte soprattutto sui cambi di appalto e sull’espulsione di lavoratori, tra queste prevalgono Axitea, Sicuritalia e All System”. Filcams, Fisascat e Uiltucs genovesi, in conclusione, affermano che “quanto proposto dalle associazioni datoriali in merito al rinnovo contrattuale appare tanto inverosimile quanto 'bizzarro': i contenuti reiterano politiche economiche e lavorative orientate al risparmio obbligando tutti i lavoratori a una sorta di 'caporalato', in cui i lavoratori sono gli unici a perdere dignità e potere economico a discapito di interessi aziendali che vanno ben oltre le nostre comprensioni”.