A Gela restano i blocchi stradali. I sindacati territoriali sono insoddisfatti delle risposte ricevute al termine del vertice a Roma tra governo, Regione Sicilia e Comune. “Insufficienti e insoddisfacenti”, così sono state definite le misure adottate sul fronte della raffineria Eni. “La montagna ha partorito il topolino” commenta Ignazio Giudice, segretario generale della Cgil di Caltanissetta: “Vista l’irrilevante entità delle misure annunciate, ci chiediamo se le parti hanno minimamente guardato i documenti rivendicativi approvati dal Consiglio comunale di Gela e dalle parti sociali riunite lunedì 25 gennaio a Palermo. A noi sembra di no: per questo annunciamo la prosecuzione dei presidi alle vie di accesso alla città, riservandoci ulteriori azioni di lotta”. Giudice ha infine sottolineato che la situazione di Gela dovrebbe avere “pari dignità rispetto ad altre vertenze industriali: se il governo ha approvato un decreto per l’Ilva di Taranto, ci chiediamo perché non sia possibile un decreto per l’Eni di Gela”.

Il ministero del Lavoro ha assicurato la cassa integrazione per i lavoratori dell’indotto fino al prossimo aprile. Nulla invece per i 78 operai (ma la cifra sembra essere ben più alta) che erano stati già licenziati dalle imprese appaltatrici per mancanza di commesse di lavoro, ma di loro si farà carico la Regione Sicilia, che si è impegnata ad assicurare un sostegno per i prossimi tre mesi. In aprile dovrebbero iniziare i lavori della “raffineria verde” per la produzione di bio-carburanti, che prenderà il posto dei vecchi impianti di raffinazione del petrolio, come stabilito col protocollo d’intesa del 6 novembre 2014, con investimenti Eni in Sicilia per 2,2 miliardi di euro. Su questo versante, il 18 febbraio prossimo si terrà al ministero dell’Ambiente una Conferenza di servizi per il rilascio delle autorizzazioni ministeriali. Ancora da definire, invece, è l’accordo di programma per dotare il comprensorio di un piano industriale e per avviare i lavori di bonifica del territorio.