Si terrà oggi a Torino, alle 9,30 presso la sede Cgil regionale (via Carlo Pedrotti 5, salone Pia Lai), il convegno “Rischio amianto. Bonificare e riqualificare, informare i cittadini, formare i lavoratori, sostenere le famiglie delle vittime”, promosso da Fillea e Cgil nazionali

Nonostante il divieto vigente in tutta Europa, l’amianto continua a mietere vittime nel nostro continente. Sebbene tutti i tipi della fibra killer siano pericolosi e le sue conseguenze pregiudizievoli siano documentate e regolamentate, e benché il suo utilizzo sia vietato, l’amianto è ancora presente in un gran numero di navi, treni, macchinari, gallerie, tubazioni delle reti idriche e, soprattutto, in tanti edifici, siano essi pubblici o privati.

Secondo i dati dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), nel mondo ci sono circa 125 milioni di lavoratori esposti all’amianto. Le cifre non tengono però conto di chi ha lavorato in precedenza e delle persone che vivono nei pressi degli impianti di produzione. Perché, ancora oggi, in tutto il pianeta si lavorano oltre due milioni di tonnellate di polvere di asbesto. Sul podio dei Paesi produttori e consumatori ci sono Russia, Cina, Brasile, India. Ma anche le economie più importanti del continente americano, come Stati Uniti e Canada, pur avendone limitato gli usi e avendolo proibito totalmente, continuano a promuoverne il commercio.

Sempre secondo l’Oms, i casi di malattie legate all'amianto registrati ogni anno nella sola Unione europea sono compresi tra i 20 e i 30 mila, e si stima che entro il 2030 più di 300 mila cittadini moriranno di mesotelioma, mentre si calcola che nel mondo vi siano ogni anno 112 mila decessi causati da malattie asbesto-correlate. Circa un terzo della popolazione europea vive in Paesi che non hanno ancora vietato l’amianto: 38 di 53 Stati del Vecchio continente hanno provveduto a vietarlo, ma nei restanti 15 si continua a utilizzarlo, produrlo, esportarlo.

Pur essendo la normativa italiana in tema di amianto tra le più avanzate in Europa e nel mondo, anticipando per alcuni versi le indicazioni della Direttiva 2009/148/Ce, ancora oggi, a distanza di 23 anni dall’emanazione della legge 27 marzo 1992, n. 257, che stabilisce la cessazione dell’impiego dell’amianto (divieto di estrazione, importazione, esportazione, commercializzazione, produzione), sono ancora presenti sul territorio nazionale 32 milioni di tonnellate di materiali compatti contenenti tale sostanza e molte tonnellate di amianto friabile in numerosi siti contaminati.

L'aggiornamento al novembre 2015 fa rilevare oltre 44 mila siti sparsi sul suolo nazionale. Ma tenendo presente che solo nelle Marche ci sono 14 mila siti censiti e in Piemonte 23 mila siti contaminati, di cui 5.300 già bonificati, è chiaro che si tratta di un dato largamente parziale. Solo nei siti da bonificare che rientrano nel Programma nazionale di bonifica del ministero dell’Ambiente si contano 75 mila ettari di territorio in cui è accertata la presenza di materiale in cemento amianto (tra questi, Balangero, Casale Monferrato, Broni, Bari e Biancavilla).

L'obiettivo che ci siamo posti nell’organizzare il convegno di oggi (10 novembre), “Rischio amianto. Bonificare e riqualificare, informare i cittadini, formare i lavoratori, sostenere le famiglie delle vittime”, è quello di avviare un percorso di informazione e sensibilizzazione dei lavoratori e dei cittadini per accrescere la consapevolezza sui pericoli dell’asbesto per la salute e l’ambiente. L’esposizione inconsapevole, infatti, è ancora più subdola, in quanto riguarda in particolar modo i familiari dei lavoratori che si occupano della rimozione e che si trovano a maneggiare in casa abiti e oggetti contaminati, così come gli utenti di edifici pubblici e gli abitanti di edifici privati che nascondono vecchie e spesso malmesse coperture o strutture di amianto.

Di qui la necessità, che la Fillea sostiene da anni, di garantire un livello alto di informazione e formazione dei lavoratori (nonché di Rls e Rlst), di promuovere corsi formativi gratuiti, sia per gli operatori stranieri, sia per i soggetti non direttamente interessati, ma comunque coinvolti nelle attività di bonifica (come trasportatori e addetti al riciclaggio), di istituire uno specifico percorso formativo che porti alla qualifica-specializzazione – per lavoratori o dirigenti di azienda – di addetti a manutenzione, smaltimento e bonifica dell’amianto. Non solo. A causa della diffusa presenza dell’asbesto negli edifici esistenti, è indispensabile fornire – anche attraverso il sistema degli enti bilaterali di settore – una formazione adeguata al fine di prevenire rischi di esposizione involontaria anche ai lavoratori di imprese non specializzate per la rimozione della sostanza, che si occupano di restauro, manutenzione e demolizione edile, che vi si potrebbero imbattere accidentalmente.

La conoscenza e la percezione del rischio può consentire una scelta responsabile dei lavoratori e la possibilità di avvalersi del diritto di proteggersi o di rifiutare un determinato lavoro. È quindi importante una governance del diritto alla formazione specifica e delle condizioni di salute e sicurezza, che offra importanti e non derogabili spazi alla contrattazione di primo e secondo livello, soprattutto nelle realtà lavorative più piccole e nei cantieri diffusi sul territorio, e a un aumento qualitativo e quantitativo dei controlli da parte dello Stato.

Un’ultima annotazione. Sono in pochi a sapere che l’amianto, da grave pericolo per la salute di lavoratori e cittadini, può diventare un’opportunità di creazione di buona occupazione. Secondo il ministero della Salute, oggi la bonifica dell’amianto friabile è un’attività in aumento. Gli addetti sono circa 16 mila, le società iscritte all’albo 2.259, ma la mancanza di finanziamenti e di siti di smaltimento rallenta l’iniziativa delle imprese specializzate. Una volta superati questi impedimenti, i posti di lavoro che si potrebbero creare, secondo il Sole-24 Ore, sono nell’ordine dei 400 mila nei prossimi due-tre anni.

Ermira Behri è componente della segreteria nazionale Fillea Cgil