Un negoziato estenuante, che questa settimana vede due nuovi appuntamenti al ministero dello Sviluppo economico. La trattativa per l’acquisizione dell’Ilva da parte del gruppo Am Investco (cordata guidata dalla multinazionale franco-indiana Arcelor Mittal) riprende oggi (lunedì 12 febbraio), ma la sensazione è che si entrerà davvero nel vivo dopo la data delle elezioni politiche del 4 marzo prossimo. Intanto il percorso prosegue, con il vertice romano tra management aziendale, sindacati nazionale e di categoria, commissari straordinari e governo (presente il viceministro Teresa Bellanova), che sarà bissato da un nuovo summit in calendario per giovedì 15 febbraio.

“Il confronto deve garantire il mantenimento dei 14.200 lavoratori occupati, nonché i livelli retributivi e la salvaguardia dei diritti contrattuali. Altrettanto necessario è un confronto dettagliato per quanto riguarda le attività e i lavoratori dell'indotto”. Questa la posizione della Fiom, ribadita al Coordinamento nazionale Ilva dei metalmeccanici Cgil, che si è tenuto giovedì 8 febbraio a Roma. “Il confronto dovrà essere accompagnato fin da subito da un rapporto stretto con i lavoratori di ogni stabilimento attraverso la convocazione di assemblee, con l'obiettivo di aggiornarli sulla base dei contenuti e degli sviluppi della trattativa, valutando di volta in volta tutte le opportune iniziative sindacali”.

Dai dati del bilancio 2017 presentato lo scorso 31 gennaio, rileva il sindacato, Arcelor Mittal “si conferma non solo il primo gruppo siderurgico a livello mondiale, ma evidenzia una solida situazione finanziaria e un andamento tendenziale di forte riduzione del debito. Il gruppo, inoltre, si sta muovendo in una logica di forti investimenti nelle principali aree industriali internazionali, come gli Stati Uniti, la Cina e l'Europa, con una forte logica di programmazione e verifica degli investimenti e dei risultati”. Alla luce di queste valutazioni e degli incontri finora effettuati, per la Fiom “è opportuno calendarizzare nuove date per il confronto negoziale, senza vincoli di data rispetto alla conclusione del negoziato che, come sempre, sarà determinato dai contenuti, con la necessità di approfondire tutti gli aspetti legati al piano industriale, ai livelli occupazionali, agli aspetti retributivi e al risanamento ambientale”.

Gli ultimi incontri sull’Ilva risalgono ormai a due settimana fa, ossia dalla tre-giorni (da martedì 30 gennaio a giovedì 1° febbraio) di vertici romani che ha visto le parti concentrarsi sui singoli stabilimenti. “Un passo avanti e due indietro”, così il segretario della Fiom di Genova Bruno Manganaro ha giudicato i summit sui due impianti liguri. “Arcelor Mittal ci ha mostrato alcune slide su come funziona il loro modello di produzione, basato su centralizzazione, rapporto addetti-tonnellate e una rigida catena di comando” ha detto Manganaro, aggiungendo che la nuova proprietà intende “utilizzare le esternalizzazioni per le attività e le forniture che non considerano strategiche”. La multinazionale, ha continuato il segretario Fiom, non sarebbe stata del tutto chiara sul rapporto tra questa strategia di carattere generale e l'Accordo di programma di Genova, che prevede invece una relazione diretta tra aree e addetti: “Arcelor Mittal – ha concluso – ha ribadito di riconoscere l'esistenza dell'Accordo di programma, ma la nostra interpretazione è che ci sia un evidente conflitto tra quell'Accordo e la loro filosofia. È positivo che continui il confronto, ma non sarà certo automatico ottenere l'applicazione dell'Accordo”.

E passiamo a Taranto. “Non siamo entrati nello specifico, gli stessi vertici di Am Investco ammettono di non avere tutte le informazioni dettagliate”. Così Mirco Rota, coordinatore nazionale Fiom Cgil per la siderurgia, ha commentato il tavolo specifico sull’impianto pugliese: “Non possiamo chiudere un accordo come se facessimo una scommessa. Le scommesse si fanno a Montecarlo, non sulle vite dei lavoratori e dei tarantini”. Rota ha rimarcato che “non c'è fretta di chiudere”, ribadendo che la categoria dei metalmeccanici Cgil è “ferma sulla linea zero esuberi”. Nei due incontri del 30-31 gennaio la Arcelor Mittal “ci ha spiegato – riprende Rota – che il sistema degli approvvigionamenti di materie prime e dei servizi, la locazione degli ordini e delle commesse, le risorse finanziarie, è centralizzato a livello europeo per tutto il gruppo”. Questo preoccupa i sindacati, soprattutto “per quanto riguarda la catena dei fornitori locali, sulla quale abbiamo chiesto un chiarimento”. Rota ha rilevato, inoltre, il rischio “che si scateni una concorrenza tra stabilimenti all'interno del gruppo, dove l'unica differenza potrebbe essere fatta dagli investimenti”.

Nel corso della tre-giorni di incontri Arcelor Mittal ha illustrato il piano d’integrazione dell’llva all'interno del gruppo Europa, rivelando che il colosso siderurgico italiano sarà il quarto cluster del continente, con Taranto capofila (che dovrebbe avere un modello organizzativo simile a quello dell’impianto belga di Gand, considerato il più avanzato del gruppo). Passi in avanti vanno fatti anche sulle terziarizzazioni, che riguarderanno numerose attività (come la logistica, la manutenzione dei mezzi, le pulizie): il coordinatore nazionale Fiom Cgil ha sottolineato che resta ancora da capire “la logica con cui decidere le attività da svolgere all'interno del perimetro Ilva e quelle da terziarizzare. Parimenti resta da capire come affrontare alcuni nodi cruciali, a partire dal risanamento ambientale, fino ad arrivare all'occupazione”.

Sulla trattativa, però, aleggiano ancora due questioni irrisolte. La prima è la decisione dell’Antitrust europeo sulla possibile violazione delle leggi per la concorrenza, da cui dipende il buon esito della vendita dell’Ilva: il responso della Dg Competition dell’Unione è previsto entro il 4 aprile prossimo. “Siamo fiduciosi di riuscire a finalizzare l'acquisizione” ha detto Aditya Mittal, chief executive officer del gruppo e figlio del fondatore e amministratore delegato Lakshmi Mittal, precisando di “lavorare a stretto contatto e in modo costruttivo con la Commissione europea”. Il timore della Commissione è che l'operazione comporti un rischio di concentrazione di mercato, soprattutto per quanto riguarda la produzione di zincati, superando la soglia di concentrazione critica nel mercato del Sud Europa.

La seconda è il mancato accordo tra governo ed enti locali sul piano ambientale, contenuto nel Dpcm del 29 settembre 2017. Lunedì 29 gennaio scorso l’esecutivo ha respinto lo schema di accordo sull’Ilva formulato da Regione Puglia e Comune di Taranto. “Non può essere condiviso per motivi di merito e di diritto” hanno spiegato i ministri di Sviluppo economico, Ambiente, Salute e Coesione territoriale, dicendosi invece disponibili a firmare “un accordo di programma con i contenuti del protocollo d'intesa proposto dal governo lo scorso 3 gennaio, con alcune integrazioni sugli aspetti sanitari”. Entrando nel merito della bocciatura, il governo ha rilevato che l’accettazione dello schema proposto dagli enti locali “presupporrebbe la necessità di una completa rielaborazione del piano industriale, del piano ambientale e della stessa offerta del soggetto aggiudicatario”. Tutto ciò porterebbe, si legge nel comunicato ministeriale, al “conseguente azzeramento del lavoro fin qui fatto, al significativo allungamento dei tempi (anche per l'avvio delle misure di ambientalizzazione quali la copertura dei parchi minerari), all'annullamento degli esiti della gara svolta e al probabile avvio di contenziosi legali con l'acquirente”.