Una recente ricerca del Censis prevede che il 65% dei giovani dipendenti italiani tra i 25 e i 34 anni avrà una pensione sotto i mille euro,pur con avanzamenti di carriera simili a quelli delle generazioni che li hanno preceduti. Per i precari di oggi, quindi si prospetta un futuro da pensionati poveri. “L'attenzione su questo tema, però, l'abbiamo avuta già quando l'ex presidente dell'Inps, Mastropasqua, disse che se avessimo mostrato ai precari la loro previsione pensionistica avremmo avuto un sovvertimento sociale. Tutte le nostre denunce allora trovarono conforto anche in chi dirigeva il principale istituto pensionistico. Purtroppo poi l'attenzione è un po' altalenante. Quindi ben venga il rapporto del Censis, che evidenzia nuovamente quello che diciamo da tempo: questa riforma pensionistica, e in generale tutto il sistema che si è determinato, crea un danno palese e che può creare dei problemi”.
 Lo ha detto Andrea Brunetti, responsabile politiche giovanile della Cgil nazionale, ai microfoni di Italia Parla, su RadioArticolo1.

Ma in Italia ci sono quasi 900 mila giovani autonomi o con contratti di collaborazione, quasi 2 milioni e 300 mila neet, cioè che non studiano e non lavorano. In effetti,“ sebbene anche chi ha un lavoro dipendente oggi avrà dei problemi in futuro - afferma ancora il sindacalista - c'è tutto l'universo mondo che ha versamenti contributivi completamente diversi. mentre si è di fatto smantellata, in grandi fasce di lavoratori, l'ideà dell'utilità del versamento contributivo all'Inps. Per cui oggi ci troviamo di fronte a un innalzamento che addirittura viene vissuto dai lavoratori come una sottrazione di risorse. E poi c'è chi non lavora proprio. Garanzia giovani, ad esempio, come sta? E' una domanda che farei direttamente al ministro e alle regioni. Perché la situazione è incredibilmente differenziata tra regione e regione. Quello che possiamo dire è al momento abbiamo neanche 50 mila giovani che hanno avuto un'opportunità su 2 milioni e 300 mila (la platea che potrebbe iscriversi). Il programma era previsto su due anni, siamo a febbraio del secondo anno, e le 50 mila persone che hanno avuto un'opportunità si ritrovano spesso con un tirocinio, che non prevede alcun contributo. Quindi anche per loro non si può parlare di svolta nella vita, nella carriera lavorativa. Il pericolo che si conferma è quello di un ennesimo stagificio”.

“C'è una distanza siderale tra gli slogan governativi e la realtà vissuta da molti giovani - ha affermato ancora Brunetti -. Questi, poi, sono giorni decisivi per il Jobs act. Noi giovani della Cgil ci siamo sempre presentati agli appuntamenti importanti davanti ai palazzi della politica con i nostri ombrelli bucati. La nostra campagna si chiama “Xtutti”, perché è esattamente all'opposto di quello che fa il governo. Il nostro “per tutti” è reale, il “per tutti” renziano è un messaggio contraddittorio. La nostra campagna chiede equità, riduzione delle disuguaglianze, e quindi continueremo a portarla avanti. Anche rispetto ai prossimi decreti attuativi che si preannunciano assolutamente non all'altezza delle aspettative. Perché, lo abbiamo sempre detto, ridurre le tipologie contrattuali era la prima cosa da fare, non l'ultima rispetto al contratto a tutele crescenti. Se si vuole fare un'operazione vera bisogna ridurre davvero, invece pare che sia in gioco una possibile soppressione del contratto di collaborazione a progetto e poco più. Si tratta dell'ennesimo tentativo di dividere il mondo del lavoro e di farlo attraverso gli sloga. Quindi proveremo nuovamente a smascherarli”.