"Una sessantina di lavoratori ultracinquantenni, occupati ormai da sei anni negli uffici giudiziari, con una successione di modalità precarie, arrivano ora al capolinea. Per continuare a lavorare dovranno accedere e vincere un concorso in cui sono richieste la conoscenza di una lingua straniera ed, in modo approfondito, alcune materie tra cui diritto pubblico e diritto amministrativo, competendo con ragazzi freschi di laurea". È quanto afferma in un comunicato la Fp Cgil Veneto.

"Si tratta di lavoratori anziani, licenziati nel pieno della crisi da aziende di vari settori, che nell’accettare - inizialmente come Lsu - un impiego negli uffici giudiziari si sono voluti mettere in gioco, e hanno continuato a coprire posizioni lavorative indispensabili al funzionamento degli uffici, con buoni risultati, anche senza conoscere approfonditamente una seconda lingua o altro. Il tutto percependo (oggi sono inquadrati come tirocinanti) 400 euro al mese, senza contributi né diritti di nessun tipo. Ma perché non normalizzare semplicemente tali situazioni, riconoscendo il lavoro svolto e, assieme ad esso, la dignità di queste persone, oltre a una prospettiva pensionistica?", si chiede il sindacato.

Sulla vicenda interviene la segretaria della Fp Cgil regionale, Assunta Motta, che ricorda l’appello rivolto alle autorità competenti su questa vicenda e rinnova la richiesta di una soluzione giusta e soddisfacente. Di seguito, il testo della sua dichiarazione: “Nella lettera aperta al ministro della Giustizia, Andrea Orlando, al presidente della Regione Veneto, al presidente della Corte d'Appello e al procuratore generale, che abbiamo inviato qualche settimana fa, chiedevamo rispetto degli impegni che il ministro stesso si era assunto con i precari del suo dicastero che, da oltre sei anni, operano negli uffici giudiziari senza essere concretamente riconosciuti come lavoratori veri e propri. In Veneto si tratta di  circa 60 lavoratori, spalmati nei tribunali provinciali. Era una lettera accorata che evidenziava la grave situazione in cui questi lavoratori si trovano ad operare".

"Purtroppo, il nostro appello non ha avuto risposta e ora siamo alla fine dell’ennesimo tirocinio, senza alcuna concreta prospettiva che possa garantire continuità economica e riconoscimento professionale. Come detto tante volte, sono persone che provengono da situazioni di crisi aziendale e, oggi più che mai, si sentono 'usati'. Hanno percepito solo 400 euro al mese, senza diritti né contributi previdenziali, e con la sola posizione assicurativa riconosciuta. Oggi vedono davanti a loro il baratro: la conclusione del tirocinio e all’orizzonte un concorso pubblico, bandito proprio in questi giorni dal ministero che, sia per i requisiti d’accesso previsti che per le prove da sostenere, dà pochissimi spazi di partecipazione. Eppure, per questi lunghi anni, sono stati utili a collaborare, lavorare, smaltire arretrati, e si sono resi disponibili a coprire le gravissime vacanze organiche di un ministero che, da numerosi anni, non assume nuovo personale", sostiene la dirigente sindacale.

"Ora, però, per essere riconosciuti e avere finalmente certezza di continuità devono partecipare e vincere una preselezione, che riguarda due materie difficili, come diritto pubblico e diritto amministrativo, e poi un colloquio e la conoscenza di una lingua straniera. C'è molta amarezza! E soprattutto la percezione che per questi tirocinanti il concorso bandito non è la soluzione ai loro problemi, anzi, servirà a tagliarne fuori la maggioranza. Pur già cinquantenni, con entusiasmo e speranza, sei anni fa si erano rimessi in gioco per provare ad avere una prospettiva professionale e di vita che fosse concreta, e li portasse serenamente a raggiungere i requisiti pensionistici. Non è stato così, anzi, quanto fatto presso gli uffici giudiziari non avrà alcun riconoscimento previdenziale né professionale, e nessun altro percorso di assunzione è all’orizzonte”, conclude la sindacalista.