Nuova ondata di proteste per i 20 mila dipendenti di Poste Italiane della Lombardia. Venerdì 10 giugno inizia infatti la mobilitazione, indetta dai sindacati (Slp Cisl, Slc Cgil, Confasl, Failp Cisal e Uglcom) fino al prossimo 8 luglio, per protestare contro l’annunciata privatizzazione dell’azienda, le modalità di riorganizzazione del recapito su giorni alterni (già attiva a Como, Lecco, Cremona e Sondrio, Bergamo e Pavia) e la cronica carenza di personale. Per tutto il periodo è stato dichiarato lo sciopero dello straordinario, ma le organizzazioni dei lavoratori non escludono affatto che si possa anche ricorrere anche allo sciopero generale (come già successo il 23 maggio scorso).

“Nonostante quello sciopero generale abbia visto una massiccia partecipazione dei lavoratori, con un’astensione dal lavoro dell’80 per cento, e una chiusura quasi totale di tutti gli uffici postali, Poste italiane continua nel percorso di riorganizzazione del recapito in altre provincie della Lombardia” commenta Marisa Adobati della Slc Cgil di Bergamo, ricordando che le nuove modalità di consegna della posta a giorni alterni produrranno in provincia 132 “eccedenze” fra i 550 lavoratori impegnati: “I motivi dello sciopero restano ancora tutti lì, ecco perché prevediamo un’estate di agitazioni estremamente calda”.

La Slc bergamasca sottolinea che sul territorio “i disservizi aumentano e ancora nulla è stato fatto in termini di ammodernamento degli strumenti di lavoro, come motomezzi o palmari, costringendo i dipendenti a carichi di lavoro doppi”. Adobati rimarca come lo stesso accada “nelle sportellerie degli uffici postali, dove la carenza di personale, ormai non più sostenibile, non consente la necessaria serenità sia al cliente sia ai lavoratori. Questo settore, oltretutto, ha risposto in maniera magnifica allo sciopero, sintomo di una sofferenza lavorativa non più tollerabile”.

Altro tema di contrasto è quella dell’annunciata privatizzazione, con la “scelta da parte del governo di fare cassa ancora una volta su una società di servizi orientata alla socialità, immettendo un’ulteriore quota azionaria sul mercato pari al  29,7 per cento e passando il 35 per cento alla Cassa depositi e prestiti”. In questo modo, illustra l’esponente della Slc Cgil di Bergamo, la governance di Poste Italiane “passa dallo Stato direttamente nelle mani dei privati, snaturando la mission aziendale a garanzia dei servizi universali, cioè di assicurare i servizi essenziali in tutte le realtà del paese”.

Il processo di privatizzazione, dunque, preoccupa molto i lavoratori “che rischiano di trovarsi una struttura societaria smembrata in più rivoli, con società in utili e altre in perdita, come logistica e recapito, tagliando quindi sui costi degli organici e sui posti di lavoro, non investendo in innovazione e vere riorganizzazioni”. In conclusione, Marisa Adobati si dice certa che “i dati dello sciopero del 23 maggio potranno essere replicati, perché nelle recenti assemblee abbiamo avuto modo di verificare il reale stato di tensione dei lavoratori, veramente stanchi di lavorare male e ‘sotto’ organico, avvertendo il reale rischio di perdere il proprio posto di lavoro”.