Scade domani, 7 novembre,  il termine per la presentazione degli emendamenti alla legge di stabilità in commissione Bilancio al Senato. Cgil, Cisl e Uil, molto critiche sulla manovra, si preparano alla mobilitazione di metà novembre. Poche risorse – e mal distribuite – per rilanciare il paese nel segno della giustizia e dell'equità: questi, in estrema sintesi, i rilievi che i sindacati muovono al governo. Su questi temi è intervenuta questa mattina su Radioarticolo1 Elena Lattuada, segretaria nazionale Cgil, nel corso di Italia Parla (qui il podcast). "Il primo punto su cui siamo in disaccordo con l'esecutivo riguarda il fatto che la restituzione, pure scarsa, di risorse ai cittadini interessa solo i lavoratori dipendenti e esclude i pensionati". Da sottolineare, poi, l'assoluta insufficienza delle risorse messe a disposizione per il recupero del cuneo fiscale che apre un'altra grande questione: "Ancora una volta – ha detto Lattuada – in questo paese si sceglie di non tassare i patrimoni, cosa che invece si fa in Europa. Insomma: c'è un nodo importante che riguarda la mancata riforma del sistema fiscale in direzione di una maggiore progressività".

In ogni caso, ha puntualizzato la sindacalista, "se il problema è la scarsità di risorse disponibili per l'anno prossimo, ciò comunque non impedisce al governo di affermare una scelta chiara di progressività della riduzione della tassazione sul lavoro dipendente per gli anni seguenti. Cosa che invece non è stata fatta". Per i sindacati occorre dunque una legge di stabilità che "dia un sollievo immediato alle famiglie dei lavoratori e dei pensionati, e che indichi una possibile strada per il futuro. Insomma: non pretendiamo tutto e subito". Tra gli altri punti della piattaforma di Cgil, Cisl e Uil c'è anche la questione del salario di produttività. "Anche in questo caso – ha detto Lattuada – vale quello che si diceva del fisco in generale: la detassazione di questa parte di salario deve essere resa strutturale nel tempo".

Tra le altre questioni all'ordine del giorno c'è anche quella del lavoro pubblico. "La prima cosa da rivendicare – spiega la sindacalista – è il diritto alla contrattazione: da cinque anni si nega a questi lavoratori il diritto a contrattare sia il salario accessorio sia il salario del Ccnl". L'altra grande questione è quella occupazionale: "Sono ormai centinaia di migliaia di lavoratori precari nella pubblica amministrazione, indispensabili per il funzionamento dei servizi, che devono essere stabilizzati". Poi c'è il tema della riforma della P.a, che "non si può fare – ha ribadito Lattuada – senza il coinvolgimento dei lavoratori".

Quanto alle pensioni, la Cgil dice sì a un prelievo straordinario sulle "pensioni d'oro", a patto che esso rimanga all'interno del sistema previdenziale e sia redistribuito all'intera platea dei pensionati. Anche la questione delle rivalutazioni degli assegni, e su quali criteri essa debba seguire, il ragionamento è simile: "Pure in questo caso – ha detto la segretaria confederale – occorre operare in direzione di una redistribuzione. La grande quantità di uomini e di donne che hanno pensioni al minimo significa che c'è una soglia di povertà che, a questo punto, ha bisogno di misure efficaci di sostegno".

Tra gli aspetti positivi della legge di stabilità c'è, secondo i sindacati, l'istituzione di una cabina di regia per le politiche industriali. "Tuttavia – ha puntualizzato Lattuada – bisogna aver ben chiaro cosa ci si vuole fare con questa cabina. Se è giusto porsi il problema di scegliere i settori produttivi su cui provare a fare investimenti per la ripresa, puntando su innovazione e ricerca, d'altro canto stiamo anche assistendo alla decisione di vendere il patrimonio pubblico, che ormai è ridotto a dimensioni che non hanno eguali in altri paesi europei. Anzi: Germania, Francia e l'Inghilterra delle grandi aziende fanno un volano per investimenti e innovazione. Noi invece continuiamo con questa idea di spezzettare i grandi colossi e metterli sul mercato per fare cassa. Non mi pare, questa, una scelta particolarmente in termini di politica industriale".