Art. 18

Diritto alla tutela delle invenzioni e delle opere dell’ingegno

  1. Tutti i lavoratori hanno diritto ad essere individuati come autori delle invenzioni e delle opere dell’ingegno realizzate nello svolgimento del lavoro.

  2. Le invenzioni e le opere dell’ingegno realizzate nello svolgimento del lavoro, in quanto non siano già specificamente ed adeguatamente remunerate come oggetto della prestazione dedotta nel contratto di lavoro, danno al lavoratore il diritto di ricevere un equo premio, commisurato all'importanza ed al valore dell’invenzione o dell’opera per il datore di lavoro o il committente. Qualora l’invenzione o l’opera dell’ingegno sia oggetto di ulteriore utilizzazione economica da parte del datore di lavoro o del committente, il lavoratore, ove non abbia già goduto di una specifica remunerazione, ha diritto altresì ad un equo compenso.

  3. I diritti previsti dai commi precedenti sono disciplinati dalle leggi in tema di invenzioni e diritto di autore e dalle altre leggi speciali, nel rispetto dei principi sopra indicati.

 

Garantire un'ampia tutela al lavoratore creatore o inventore, che attraverso il suo ingegno porta un vantaggio al suo datore di lavoro o committente, ma che oggi non si vede attribuire per questo alcun riconoscimento. È questo il senso dell'articolo 18 della Carta dei diritti universali del Lavoro, come spiega ai microfoni di Radioarticolo1, Andrea Allamprese, ricercatore di Diritto del lavoro nell'Università di Modena e Reggio Emilia. "L'articolo 18 - sottolinea il giurista, all'interno della rubrica quotidiana "Una firma per il Lavoro" - interessa tutti i lavoratori, autonomi o subordinati, ai quali riconosce prima di tutto il diritto morale ad essere riconosciuti autori dell’opera creata, come prevede il codice civile per le invenzioni e la legge sul diritto d’autore del 1941 per le opere d’ingegno".

 

Per quanto riguarda invece i diritti di tipo economico che spettano al lavoratore creatore/inventore, l'articolo 18 della Carta dei diritti prende in considerazione due ipotesi: la prima è quella in cui il lavoratore che crea l’opera nell’esecuzione delle sue mansioni, sia specificatamente retribuito per questo. "In questo caso - spiega Allamprese - non ci sono questioni particolari, il prestatore di lavoro, autonomo o subordinato, non può pretendere nulla più di ciò che è previsto nel contratto".

Diverso è invece il caso in cui non vi sia una previsione contrattuale. "Qui la Carta va a colmare una lacuna legislativa - sottolinea Allamprese - prevedendo che il lavoratore che crea l'opera in esecuzione delle sue mansioni, ma non è retribuito per questo, abbia diritto ad un equo premio anche laddove si tratti di un’opera dell’ingegno, che in base alla legislazione attuale non comporterebbe invece alcun diritto per il lavoratore".

Il giurista porta l’esempio del lavoratore che crea un software: "Il software - spiega - è protetto dalla legge sul diritto d’autore, in quanto è considerato come un’opera letteraria e non un’invenzione brevettabile, pur avendone tutte le caratteristiche. Questa situazione produce un vulnus di protezione nei confronti del lavoratore, quando questi sviluppa un software per il suo datore di lavoro, ma l’attività di programmazione non è oggetto delle sue mansioni, né è retribuita. In soccorso del lavoratore interviene allora l’articolo 18 della Carta dei diritti - conclude il ricercatore - garantendo al lavoratore un equo premio, commisurato al valore e all’importanza dell’opera per il datore di lavoro".