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“Diverse indagini mostrano che anche a Modena emergono elementi di difficoltà. Le disuguaglianze sono aumentate, soprattutto nei confronti delle donne e dei giovani, la povertà si sta allargando ed è cresciuta moltissimo la precarietà. Inoltre soffriamo delle ultime scelte del governo nazionale, dalla fine degli ammortizzatori sociali alla riforma Fornero delle pensioni”. Così Manuela Gozzi, segretaria generale della Cgil provinciale, presenta lo sciopero generale di oggi (giovedì 10 maggio), con l’astensione dal lavoro di otto ore dei settori pubblico e privato. Prevista una manifestazione in città, con corteo (partenza alle ore 9.30) dallo stabilimento della Maserati Auto (via Ciro Menotti) fino alla sede di Confindustria (viale Bellinzona), dove si tiene il comizio conclusivo di Gozzi.
“Abbiamo scelto di partire dalla sede della Maserati perché è il simbolo della città, dell’automotive, ma anche di gran parte delle ragioni dello sciopero” spiega la segretaria generale: “In quell’impresa la Fiom Cgil è discriminata, in quanto non ha la titolarità di sedersi ai tavoli di trattativa e non vede riconosciuto il diritto di rappresentanza. Ed è negata la regola basilare dei due livelli di contrattazione, visto che la Fca ha un contratto tutto suo”. L’azienda, inoltre, “si rifiuta di esplicitare perfino il piano industriale, ma ogni mese ricorre alla cassa integrazione. Non si conoscono i modelli di auto da produrre nei prossimi mesi per rilanciare l’impianto, che anzi vede restringersi gli spazi produttivi e calare gli occupati in produzione. Insomma, è un’azienda che non consente alcuna tranquillità e stabilità ai propri dipendenti”.
Altrettanto simbolico è il luogo di chiusura del corteo: la sede provinciale di Confindustria. “La manifestazione serve anche a richiamare le imprese a investire e a tutelare il nostro patrimonio industriale, territoriale e occupazionale” riprende Manuela Gozzi. “Siamo usciti con difficoltà dal terremoto del 2012, qualche mese fa abbia subìto una grave alluvione, vi è quindi la necessità di ripartire con investimenti pubblici e privati” spiega l’esponente sindacale: “Ma Confindustria si chiama fuori, è la ‘beata assente’ dai tavoli, non esercita quel ruolo di rappresentanza e responsabilità sociale necessario allo sviluppo della nostra provincia”.
Lo sciopero generale di Modena dà continuità alla mobilitazione Cgil del 2 dicembre scorso, quando, sotto il titolo comune “Per cambiare il sistema previdenziale, per sostenere sviluppo e occupazione, per garantire futuro ai giovani”, si svolsero cinque grandi manifestazioni (Roma, Bari, Cagliari, Palermo e Torino) con decine di migliaia di partecipanti. I temi sono gli stessi di cinque mesi fa, a dimostrazione che nulla è cambiato: dalla riforma delle pensioni agli ammortizzatori sociali, dal contrasto alla precarietà alla rivendicazione del lavoro per i giovani, dalla lotta alle illegalità e agli appalti irregolari fino al contrasto della crisi e delle chiusure di aziende e multinazionali.
“Il nostro Osservatorio regionale dell’Ires ha evidenziato un calo dei residenti modenesi nella fascia d’età dai 24 ai 64 anni. Questo vuol dire che anche da Modena i giovani vanno via” argomenta Gozzi: “I giovani restano qui il tempo di studiare, visto che la provincia può vantare una buona proposta formativa e scolare, soprattutto per quanto riguarda l’università, ma poi, conseguita la specializzazione e acquisite le dovute competenze, se ne vanno per cercare di realizzarsi altrove”. È sempre più urgente, quindi, “imprimere un cambiamento alle politiche industriali e al rilancio del mercato del lavoro”, mettendo assieme misure che leghino il severo riesame della riforma Fornero (in particolare sull’adeguamento dell’aspettativa di vita e sull’uscita flessibile) a piani del lavoro pensati per i giovani (compresa, sempre in tema previdenziale, la nascita di una pensione contributiva di garanzia).
Con la mobilitazione odierna la Cgil modenese intende anche rimarcare l’esigenza di rivedere gli ammortizzatori sociali (“a fronte – si legge nel documento di presentazione – di chiusure opportunistiche di multinazionali o di crisi aziendali, sono insufficienti a gestire le ricadute occupazionali, anche a causa degli ultimi tagli del governo”), di porre la massima attenzione al lavoro femminile, di rilanciare il welfare pubblico “come strumento di redistribuzione della ricchezza e per mitigare le differenze sociali”, di affermare un modello di sviluppo “basato sulla legalità e sul maggior controllo del sistema degli appalti, che spesso sono irregolari e fondati sullo sfruttamento del lavoro, come ha evidenziato la vertenza Castelfrigo”.
Obiettivo dello sciopero generale di otto ore, infine, è anche quello di mettere in fila tutti gli elementi necessari alla “costruzione di tavoli di contrattazione territoriale” per ragionare di crescita e sviluppo, anche in vista delle elezioni amministrative previste per l’anno prossimo. “La nostra ambizione – conclude la segretaria generale Cgil Manuela Gozzi – è ‘sfidare’ chi si candida a governare, sulla base di un progetto che sappia invertire l’attuale tendenza di crescita delle disuguaglianze e di aumento della precarietà”.