“La prima cosa che il Governo si deve ricordare sono le urgenze e le priorità sulle pensioni, cioè la settima salvaguardia degli esodati e l’opzione donna”. Così Susanna Camusso, segretario generale Cgil, stamattina ai microfoni di Italia parla, la rubrica quotidiana di RadioArticolo1.

“C’è un problema di giustizia verso tanti lavoratori e lavoratrici – ha detto la dirigente sindacale –, che ancora subiscono le conseguenze della legge Monti-Fornero, fatta male e senza clausole di salvaguardia. Trovo di cattivo gusto che in una situazione così difficile, dopo una lunghissima crisi, il Governo si permetta di sottrarre risorse destinate agli esodati e alla flessibilità delle pensioni. Insomma, vorremmo che con la legge di Stabilità 2016 si mettesse mano alla riforma, cambiando una riforma che ha introdotto le più grandi ingiustizie sul lavoro. E anziché chiedere all’Inps il parere delle persone, noi suggeriamo a Renzi di chiedere il giudizio dei sindacati, che ogni giorno ricevono ai loro sportelli centinaia di persone, che raccontano di come vorrebbero funzionassero le pensioni. Non si può ridurre il sistema previdenziale a una somma di drammi personali. In particolare di donne, verso le quali la 'Fornero' compie una profonda iniquità, perché di base c’è l’idea che il loro lavoro è altro e bisogna rimandarle a casa il più presto possibile, per supplire ai tagli al welfare e a tutte le cose che non si fanno. Noi partiamo dal fatto che il lavoro e la contribuzione di una donna vale quanto il lavoro e la contribuzione di un uomo, e occorre cambiare la riforma partendo da tale principio, altrimenti si determina una nuova straordinaria ingiustizia sociale”.

Qualcuno ci spieghi – ha rilevato la leader della confederazione – perché si trovano le risorse per restituire ai possessori di abitazioni di lusso la tassazione sulla casa, e, al contrario, non si possono trovare i soldi per permettere al sistema delle pensioni di tornare ad essere flessibile avviando il turn over, e quindi consentire che qualche giovane possa entrare nei luoghi di lavoro al posto di qualche anziano ultrasessantenne, evitandogli così di stare al lavoro fino a 70 anni. È vero, l’Italia è un Paese particolarmente longevo, ma ciò non va usato come la media del pollo, perché l’aspettativa di vita non è per uguale tutti. L’edile sulle impalcature non fa lo stesso lavoro dell’assistente del Governo: sono due attività diverse, che determinano una differente condizione di vita delle persone, e quindi anche un momento non per tutti uguale per andare pensione. Dunque, il numero di anni in cui si lavora non può essere infinito. Pensiamo che un tetto di 41 anni sia più che sufficiente e non c’è bisogno di aspettare che s’incroci con i 70 anni di età”.

“Si continua a parlare di pensioni come di una spesa straordinaria, su cui bisogna intervenire – ha proseguito la sindacalista –. Noi ragioniamo in modo diverso. Si pagano dei contributi e si accumula un tesoretto per il proprio futuro: è un vantaggio per l’Italia se gli anziani sono autosufficienti, anche dal punto di vista del reddito. In tal modo, il Paese sta meglio, perché si può pensare all’invecchiamento attivo, anziché all’idea che si è emarginati dalla condizione sociale. Le pensioni non possono diventare ogni anno più piccole e sempre più sintomo di povertà. Per questo, occorre tornare a un sistema civile di rivalutazione delle pensioni, e non è un problema di difesa di chi è già a riposo, ma è un tema di giustizia sociale e di protezione anche per i giovani, perché se gli anziani diventano poveri, il debito va tutto sulle spalle di coloro che vengono dopo. Il tema della rivalutazione delle pensioni sta insieme a tutto ciò. Senza dimenticare che la povertà è cresciuta in questi anni di crisi: oggi si è poveri con una pensione sociale, ma anche con un lavoro pagato poco, magari in appalto, con poche ore lavorate e una retribuzione bassissima”.

“Il tema di come si costruisce la pensione non può essere semplicemente quello attuale – ha detto ancora Camusso –, ma occorre tener conto di chi è precario, di chi ha una storia discontinua di lavoro: costoro, se il modello non cambia, non avranno alcuna prospettiva che permetta di vivere dignitosamente. Torniamo a un sistema di previdenza sociale, che fa solidarietà al suo interno, che anziché pensare solo al singolo, crei una condizione che porti tutti ad avere un livello minimo socialmente accettabile e permetta l’autosufficienza. Anziché tagliare le tasse sulle case di lusso, quindi, perchè non si bloccano le pensioni d’oro? Rimettiamo ordine alla prospettiva pensionistica, ma facciamolo non perché così diminuisce la spesa, ma perché l’abbassamento del valore delle pensioni si tradurrà in un impoverimento delle future generazioni, e di conseguenza di tutto il Paese.”

“Se non cambia il sistema attuale – ha concluso l’esponente Cgil –, se non c’è più possibilità di ricorrere alla cassa integrazione o alla mobilità, come sembrano precludere i tagli del Governo, e di fronte a pensioni elargite in un tempo infinito, succederà che si faranno procedure di licenziamento collettivo: ma non è così che si affronta la riorganizzazione del sistema produttivo. Lo diciamo soprattutto al sistema delle imprese, che a suo tempo salutarono con entusiasmo la 'Monti-Fornero', anche se poi si lamentarono perché non riuscivano a svecchiare il personale. Oggi più che mai, è necessario un sistema di giustizia sociale, che riguardi l’intero Paese, permettendo alle persone di andare in pensione e ai giovani di essere assunti. Perciò, continueremo con la nostre mobilitazioni, fatte di assemblee, presìdi, manifestazioni su tutto il territorio, affinchè le pensioni siano inserite nella prossima legge di Stabilità. Ricordo che da qui al 2020 l’attuale riforma permette 80 miliardi di risparmio, tutti sulla pelle dei lavoratori, delle lavoratrici e delle loro pensioni. Noi chiediamo che una parte di quei soldi tornino indietro in modo flessibile, creando un modello più equo e civile per tutti, partendo dalla condizione vera delle persone”.