Viaggiare sui treni in Italia è molto spesso un'impresa: quella in cui si imbattono i milioni di viaggiatori ogni giorno è una vera e propria giungla di ritardi, soppressioni e disagi. Chi frequenta treni e stazioni lo sa bene, ma a confermarcelo, come ogni anno, è il rapporto Pendolaria, con cui Legambiente traccia un quadro sulla situazione e sugli scenari del trasporto pendolare. 

Quello che ne viene fuori è un Paese che viaggia a due velocità, passando da situazioni di vero e proprio dissesto a punte d'eccellenza. Se in Italia aumentano le persone che viaggiano in treno, le dinamiche e le realtà presenti al Nord e al Sud sono molto differenti. Da una parte bisogna così registrare il successo di treni sempre più moderni e veloci che si muovono tra Salerno, Torino e Venezia: l'offerta è sempre più ampia, articolata e con sempre più persone che ogni giorno viaggiano su Frecciarossa (+7,7% nel 2014 ed una previsione nel 2015 tra il 6 ed il 7% di ulteriore crescita) e Italo. Ma al contempo, dall'altra parte, si è assistito alla progressiva riduzione dei treni Intercity e dei collegamenti a lunga percorrenza (-22,7% dal 2010 al 2014) su tutte le altre direttrici nazionali dove, come tempi di percorrenza, si è rimasti fermi agli anni Ottanta.

Ogni giorni sono circa 3 milioni i pendolari sui treni, ma appunto con forti differenze tra le regioni. Aumentano in Lombardia e in Puglia, mentre la maglia nera spetta a Umbria e Sardegna. Queste, insieme a Calabria, Basilicata e Sicilia sono le regioni che più hanno tagliato per il trasporto ferroviario, diminuendo i chilometri di ferrovie, per complessivi 1200 chilometri in meno, e offrendo un servizio sempre più scadente a livello locale, fatto di ritardi, rincari, carrozze sporche e disservizi continui.

Le realtà più drammatiche sono anche quelle più frequentate dai pendolari. La palma di peggior linea ferroviaria spetta a Roma-Lido, inadeguata ai 100000 passeggeri quotidiani e tormentata da continui guasti e problemi tecnici. A seguire la Alifana e Circumvesuviana, dove ai problemi “ordinari” si aggiunge un'ancor più precaria condizione dei mezzi, privi di aria condizionata, con sediolini e carrozze antiquate e scarso servizio di pulizia. Al Nord la Chiasso-Rho, prolungata da Milano a Rho in occasione dell'Expo e che “vanta” tempi di percorrenza medioevali (oltre un'ora e mezzo per 60 chilometri) e frequenti ritardi (solo a settembre 100 ritardi, quasi 4 al giorno). 

Ancora, la Verona-Rovigo, frequentata da pendolari e da turisti, a cui si offrono mezzi lenti (55 km/h) e un unico binario dove manca in alcuni punti l'elettrificazione. Queste le peggiori, seguite da molte altre allo stesso livello, sparse un po' ovunque ma prevalentemente al Sud. Il trasporto locale e regionale viene tagliato e ridotto, mentre a crescere è l'Alta Velocità. 

Ma l’Italia che corre sul Frecciarossa in realtà sta tornando indietro, con treni e passeggeri di Serie A e B e con una vera e propria emergenza per i pendolari in alcune città. A mancare sono i finanziamenti regionali, destinati finora principalmente al trasporto su gomma. Inoltre la Divisione Cargo di Trenitalia ha subito l’azzeramento del trasferimento dallo Stato dei quasi 120 milioni di euro l’anno per il cosiddetto “servizio universale di trasporto merci e nella Divisione Passeggeri Regionale”, creando notevoli problemi soprattutto per quanto riguarda i collegamenti tra Nord e Sud. 

“Ci vogliono risorse per gli investimenti nelle infrastrutture, per il rinnovo dei mezzi pubblici e per il sostegno al trasporto collettivo con modalità di minore impatto ambientale, come il trasporto ferroviario”, sostiene il segretario generale della Filt Cgil Franco Nasso. “Il paese paga un conto salato per le diseconomie, i danni ambientali e alla salute dei cittadini a causa della mancanza, per lunghi anni, di una politica capace di riconoscere il valore economico, ambientale e sociale di un efficiente sistema dei trasporti. Bisogna intervenire nella sostanza del sistema per correggerlo e non limitarsi ai provvedimenti tampone di scarsa efficacia come sta avvenendo negli ultimi mesi”.

Bisogna però anche ricordare gli aspetti positivi che in alcuni casi rappresentano dei fiori all'occhiello, come i dispositivi di sicurezza, tra i più efficienti al mondo; in particolare è il sistema di frenatura ad essere addirittura esportato in paesi come il Giappone. Un altra nota di merito è il costo, che pur soggetto a continui aumenti, resta sempre più basso rispetto alla media europea. 

Per quanto riguarda i rinnovi contrattuali, il 2016 inizia con la prosecuzione della trattativa per il rinnovo della parte ferroviaria del contratto della mobilità e di quella del contratto Logistica, Trasporto Merci e Spedizioni, il più grande del settore. A preoccupare i lavoratori è però l'aumento delle aggressioni nei loro confronti: circa 335 nel 2014 e altrettante nel 2015, culminate nell'episodio di Milano del giugno scorso, quando un capotreno è stato gravemente ferito con un'accetta. Aggressioni a cui la Filt Cgil, insieme agli altri sindacati di settore, ha chiesto di porre rimedio con una maggiore presenza della Polfer, nei treni e nelle stazioni. Altra preoccupazione è l'ipotesi della privatizzazione, di cui non si parlerà almeno fino al 2017, ma che comincia a preoccupare lavoratori e sindacati. “La privatizzazione delle Fs – dichiara Nasso  – rimane un errore ed il rischio che si corre per la complessità dell’operazione è quello di rimettere in crisi l’intero sistema, in particolare per i progetti di scorporo della rete. Privatizzare non è la soluzione e speriamo di essere ascoltati”.