Oltre 200 pullman in arrivo a Roma da tutt'Italia sabato 21 novembre, l'appuntamento per i metalmeccanici Cgil, e non solo, è nella capitale in piazza della Repubblica per sfilare poi verso piazza del Popolo. Una manifestazione nata per rivendicare il diritto al lavoro, al contratto, ma che dopo i fatti di Parigi si allarga alla difesa dei principi di pace e umanità. “Dopo i fatti di Parigi abbiamo valutato e abbiamo ritenuto che era assolutamente necessario confermare la manifestazione e naturalmente farla diventare una manifestazione che dicesse esplicitamente no al terrorismo e alla cultura della guerra”. Così il segretario generale della Fiom, Maurizio Landini, spiega i temi dell'iniziativa in un'intervista a Radioarticolo1 (che seguirà in diretta la manifestazione).

No alla paura, no al terrorismo, sì all'inclusione
“Se prevale la paura vuol dire che il terrorismo sta realizzando i suoi obiettivi – spiega Landini intervenendo nella trasmissione Italia Parla -. Dobbiamo lavorare per unire, anzitutto cominciando a raccontare cos'è realmente l'Isis, ossia una minoranza assoluta dei musulmani. Per combattere il terrorismo la guerra non è lo strumento adatto: se ci riflettiamo, in questi ultimi 15 anni sono state proprio le guerre sbagliate a favorire una crescita di questo movimento, di questa cultura, di questa azione”. Prosegue: “Serve un coordinamento degli stati, dei servizi segreti, dell'azione, perché in questa parte secondo me è molto più importante l'azione diplomatica, politica, concertata. Crediamo anche che ci sia bisogno di dare un segnale di unità sociale, e domani vogliamo essere in piazza con le bandiere della pace per dire con forza no al terrorismo ma anche per dire con chiarezza che lavoratrici e i lavoratori, per vivere, hanno bisogno di lavorare: il terrorismo e la guerra sono contro di loro, portano a una riduzione dei diritti oltre che a un peggioramento della vita delle persone”.

Il corteo di Roma sarà aperto da lavoratori italiani e migranti raccolti insieme dietro lo striscione Contro le guerre io non ho paura. Landini tiene a ricordare che la Fiom ha ormai molti delegati di origine non italiana che hanno “un livello di qualità, di cultura, di consapevolezza molto forte. Sono stati eletti da tutti i lavoratori, ragionano già a nome di tutti i lavoratori”. Tra i temi chiave della manifestazione, quindi, c'è il no alla legge Bossi-Fini sull'immigrazione, che deve “essere cancellata”. “Va tolta anche – prosegue il leader della Fiom - quella tassa occulta che oggi viene fatta pagare per il permesso di soggiorno. E bisogna cominciare a raccontare le cose che stanno succedendo: in questi anni sono più gli italiani giovani che se ne vanno a cercare lavoro in altri paesi che non gli stranieri che vengono in Italia. Bisogna cominciare a dire che questi lavoratori pagano tasse e contributi, versano molto di più di quello che ricevono. Addirittura, come si sa, molti dei contributi servono a pagare le pensioni di chi c'è già e loro potrebbero anche non ricevere mai i contributi che stanno versando, in mancanza di un accordo con il paese di origine”.

“L'equazione che si tenta di fare adesso – rincara Landini - che il migrante sarebbe un terrorista o che porta via lavoro, è una sciocchezza pura”. Ed è compito del sindacato, “unire queste persone, allargare il loro peso, la loro forza e la loro cultura”.

Il contratto universale e inclusivo
L'obiettivo preciso della manifestazione del 21 è rimettere al centro il contratto. Per la Fiom non si tratta solo di rinnovare gli accordi scaduti, ma di ribadire la centralità di un contratto nazionale di lavoro che sia universale e inclusivo. Due aggettivi che Landini spiega così: “Chiediamo che una serie di diritti (il salario minimo, gli orari, le ferie, la malattia, gli infortuni) diventino propri di tutte le forme di lavoro che stanno in un'impresa, così come la Cgil ha deciso che metterà a punto una proposta di Nuovo statuto dei diritti di tutti i lavoratori fino al lavoro autonomo”. Si tratta di una “scelta strategica decisiva per unire il mondo del lavoro e per impedire la competizione tra le persone. Il contratto deve diventare (oggi non lo è) quello strumento che garantisce e tutela tutte le forme di lavoro”. Ma non è facile, ricorda Landini, perché “le leggi che il governo ha fatto in questi anni vanno in una direzione opposta”. Sanità integrativa, diritto alla formazione, inquadramento, lotta al sistema viziato degli appalti e dei subappalti: sono tanti i punti chiave. Inoltre, ricorda Landini, “la contrattazione aziendale, il secondo livello, in realtà riguarda non più del 20, 30% delle imprese italiane, quindi se non si rinnovano i contratti affrontando anche il problema di una difesa e di un possibile aumento del potere d'acquisto, noi ci troviamo senza strumenti”.

Al tavolo di confronto con Federmeccanica – prosegue Landini - “noi ci presentiamo per dire con chiarezza che cerchiamo un accordo unitario che abbia il consenso di tutti. Per farlo stiamo chiedendo che l'accordo interconfederale del 10 di gennaio venga integralmente applicato e recepito. In questo modo chi firma un contratto deve dimostrare, per iscritti e per voti, di avere più del 50% più uno dei consensi. Ma soprattutto qualsiasi accordo sarà realizzato deve essere sottoposto al voto di tutti i lavoratori e in quel modo diventare valido”.

“La pratica degli accordi separati ha fatto arretrare le condizioni di tutti, non ci hanno guadagnato né le organizzazioni sindacali, né i lavoratori, dal nostro punto di vista chi ci ha guadagnato sono le imprese e quindi diventa importante, proprio per la gravità della crisi che c'è, muoversi in un altro modo”. Prosegue Landini: “Abbiamo avanzato anche la proposta di una contrattazione annua del salario, così come viene fatto in Germania, modello che non era mai stato sperimentato in Italia e se c'è una disponibilità ad affrontare questa questione è chiaro che per noi è un'occasione non solo per riconquistare o di ridefinire un contratto, ma anche per porci il problema di qual è il modello di funzionamento del contratto più utile per far ripartire gli investimenti, per redistribuire il salario lavoratori e per affrontare problemi di fondo come il diritto alla formazione, il diritto a una crescita professionale e anche ad affrontare in modo nuovo il problema di una diversa articolazione degli orari per favorire l'occupazione e nuovi posti di lavoro”.

Infine il nodo delle pensioni, che esula dal contratto ma è “un tema aperto”. “Bisogna ridurre l'età pensionabile – incalza Landini -, la riforma Monti e mai cambiato è una follia, se oggi ci sono tanti giovani disoccupati è anche perché è stata aumentata l'età pensionabile, c'è gente che è costretta a lavorare fino a 67, 68, 69 anni. I lavori poi non sono tutti uguali, ci sono lavori particolarmente pesanti, non mi riferisco solo ai metalmeccanici, penso anche a chi lavora in ospedale, penso chi fa scuola ai bambini, penso a chi guida treni, penso ai tanti lavori pesanti”. Per Landini andare in pensione dopo tot anni di lavori usuranti “non è un privilegio, è una giustizia perché l'aspettativa di vita non è uguale per tutti, dipende che lavoro fai e queste diseguaglianze secondo noi vanno affrontate e combattute, i soldi il governo li deve andare a prendere da quelli che li hanno: combattendo l'evasione fiscale, la corruzione e non semplicemente continuando a far pagare solo i lavoratori, i precari e i pensionati”.